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(Marcello Guidotti)
Si sente spesso parlare di numeri la cui estrazione ritarda da 100 settimane sulla ruota di Napoli, per esempio. Siccome questi numeri non possono essere diversi dagli altri (caratteristiche scaramantiche a parte), devono uscire e quindi conviene puntare su questi piuttosto che su altri...
Una volta presa un po' di dimestichezza con il calcolo delle probabilità, oppure affidandosi a sedicenti esperti del Lotto, si tende ad accettare che si possa trovare un gioco la cui posta è a noi favorevole; quindi andare a San Remo e sbancare il Casinò; oppure giocare al Lotto su un numero secco e via...
In realtà le cose non stanno proprio in questo modo; anzi, è più probabile che il Casinò o il Lotto saccheggino le tasche del giocatore.
Con un piccolo frammento di teoria, cerchiamo di capire perché.
Si definisce frequenza f del verificarsi di un certo evento E che si è verificato v volte su n osservazioni, il rapporto:
a frequenza è dunque un numero certo, che - stante la nostra definizione - non presenta alcun dubbio ma varia in generale con il variare del numero n di prove e varia anche qualora si ripeta daccapo lo stesso numero di prove. Si dimostra che fra la frequenza f dell'evento E e la sua probabilità p di verificarsi, esiste la relazione:
dove la n seguita da una freccetta che punta ad un 8 rovesciato, è un modo compatto per dire che l'evento in esame è controllato per un numero infinito di prove. Oppure, che si devono effettuare osservazioni finché non l'evento si verifica come previsto dal calcolo della sua probabilità.
Detto diversamente, la formula vista esprime in modo formale il seguente enunciato: la frequenza, f, di un evento E tende a coincidere con la probabilità calcolata, p, se l'evento viene controllato un numero n di volte tendente all'infinito. Ovviamente non è possibile effettuare infinite osservazioni; tuttavia, possiamo ammettere che valga la legge dei grandi numeri: con un elevato numero di prove è virtualmente certo che la frequenza coincida con la probabilità. Chiaramente il concetto di elevato numero di prove è piuttosto vago; tuttavia, se per esempio lanciando due dadi scommettiamo sull'uscita di un doppio sei, per il quale p(E) = 1/36, possiamo riporre una certa fiducia che dopo un paio di centinaio di lanci la "sfortuna" smetta di perseguitarci!
Moltissimi giocatori del lotto, puntano sui "numeri che ritardano". sostenendo che il tal numero, non uscito, per esempio, da 130 settimane ha maggiori probabilità di uscire rispetto ad un numero uscito all'ultima estrazione. Ma... è lecito chiedersi se realmente questa osservazione ha qualche fondamento.
Per inquadrare il problema, vediamo di calcolare la probabilità che lanciando quattro dadi esca un 6.
Per rispondere al problema, occorre premettere che lanciare due dadi insieme, che comunque non toccano il tavolo nello stesso istante, non è diverso dal lanciarli l'uno dopo l'altro.
Il problema chiede di calcolare la probabilità che si presenti un solo 6. Se volessimo quattro 6, la probabilità sarebbe il prodotto delle singole probabilità: 1/6 x 1/6 x 1/6 x 1/6. Ma questo non è il caso proposto, e dunque occorre ragionare diversamente.
La probabilità che non esca un 6 lanciando un dado è ovviamente 5/6, e dunque, la probabilità che quattro dadi lanciati contemporaneamente o l'uno dopo l'altro non diano almeno un 6 è data da: 5/6 x 5/6 x 5/6 x 5/6 = 0,48. Dunque, la probabilità che esca almeno un 6 è data da 1 - 0,48 = 0,52
Questo risultato sembra molto curioso: dopotutto, abbiamo detto che ogni dado lanciato non ha memoria di sé, e dunque non "ricorda" il numero mostrato in precedenza. Già, ma possiamo cercare di comprendere la credibilità di questo risultato considerando un esempio ipotetico ed al contempo realistico...
Eseguiamo il nostro esperimento lanciando quattro dadi su quattro tavoli diversi. La probabilità che esca un 6 su uno dei tavoli è 1/6. Ora, supponiamo che non sia presente un 6 su alcuno dei quattro tavoli. Ripetiamo il lancio una seconda volta e poi ancóra finché esca almeno un 6. Supponiamo che ciò avvenga al terzo lancio (in realtà, essendo quattro i tavoli, abbiamo lanciato i dadi 12 volte). Ora, lanciamo gli altri tre dadi finché non esce un 6. Supponiamo che ciò avvenga al quarto lancio (siamo complessivamente a 15 lanci). Continuiamo lanciando i due dadi rimasti e supponiamo che al sesto lancio esca un 6 (siamo complessivamente a 19 lanci). Su tre tavoli, abbiamo dunque tre dadi ciascuno con un 6 in bella mostra. Con questi tre dadi, il 6 è uscito entro il 6 lancio, ed è lecito aspettarci che l'ultimo 6 dovrà cadere entro i prossimi cinque lanci, o poco più. Per convincerci, riassumiamo le uscite dei primi tre 6:
terzo lancio, quarto lancio, sesto lancio
però i tavoli sono quattro e su ognuno di essi abbiamo lanciato un dado: in totale abbiamo effettuato 19 lanci (dobbiamo contare anche i sei lanci per il 6 non uscito)! Dunque, poiché per ogni dado lanciato si ha la probabilità che esca il 6 ogni sei lanci, con quattro dadi, avremo sei 6 in ventiquattro lanci complessivi.
Supponiamo che il quarto 6 si presenti effettivamente al 24 mo lancio.
Se ora riflettiamo sull'esperimento effettuato nel suo insieme, vediamo che la probabilità di uscita di un singolo 6 su 24 lanci complessivamente effettuati è realmente 1/6, ma la sua frequenza di uscita si è distribuita, come era lecito aspettarci, in modo casuale:
Dunque, ha effettivamente senso puntare su un numero che ritarda. Ma... è corretto applicare questo ragionamento per frequenze calcolate su osservazioni relative ad estrazioni svoltesi in giorni diversi? Perché allora non è possibile considerare il "ritardo" di un numero sulla ruota di Bari e sommarlo per esempio a quella di Napoli? Se poi sommiamo tutti i ritardi per un dato numero, allora la sua uscita diventa molto probabile... tuttavia, su quale ruota?
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Moltissimi giocatori affidano le proprie puntate ai sogni, ed effettivamente qualche volta la loro fiducia viene premiata. Allora, per vincere dobbiamo augurarci di sognare un ambo, oppure è consigliabile anche dar fiducia ai sogni altrui?
Il compianto astronomo Carl Sagan, a proposito di premonizioni, sosteneva che milioni di persone sognano e, sarebbe singolare che tra tutti questi sogni non ve ne fosse qualcuno che in qualche modo si concretizza.
Beh, proviamo ad applicare questa idea alla "smorfia"...
Supponiamo che ci sia 1 probabilità su 10.000 che un numero sognato venga estratto al lotto. Ovviamente è un caso molto improbabile in quanto la probabilità che il sogno non sia premonitore è 9.999/10.000; se ora supponiamo che una persona faccia un sogno "premonitore" a settimana, per circa 50 settimane, la probabilità che nessuno di questi sogni sia premonitore è (9.999/10.000)50 = 0,995. E dunque, possiamo concludere che il 99,5% dei sogni rimane tale. Ma... c'è un 5 per mille di sogni che diventano raltà! Pensate ai milioni di persone che sognano ogni notte e vedrete che l'idea di Carl Sagan ha una notevole rispondenza con la realtà.
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