Antonio Sepp - L'ebanista del Paraguay   Italiano    Enspañol    Francoise    Deutsch Deutsch    English English

Antonio Sepp, il leggendario missionario che 300 anni fa, nelle foreste sudamericane, fece conoscere gli strumenti musicali agli indiani Guaraní.

Amavano sicuramente la musica i Guaranì delle foreste amazzoniche e l’arte oratoria era   considerata da questi semplici abitanti delle Americhe un vero e proprio suono musicale,   quando esso veniva praticato da uomini di ottima intonazione. Gli Indios amavano la musica ed essa era sempre presente nel quotidiano della vita  indigena: dalle cerimonie politiche o di guerra, alle feste religiose. L'orecchio musicale degli indigeni si era affinato ed educato nei secoli attraverso l’attento ascolto del canto degli uccelli, del gorgoglio delle acque, delle folate dl vento, predisponendo questo popolo ai mille rumori mescolati ai silenzi delle lunghe notti.
I Guaranì amavano il messaggio sonoro in generale e quello musicale in particolare, e quando presero contatto con i suoni dei Missionari, rimasero letteralmente affascinati e rapiti dagli strumenti musicali degli europei. Pur appartenendo ad una stessa razza e avendo una lingua comune, le tribù indigene dei guaranì non avevano molti contatti tra loro, complice anche la natura imperiosa e pericolosa che ne delimitava lo spazio vitale. Nonostante questa “estraneità” essi venivano uniti proprio  dall’amore per la musica: tamburi, sonagli, flauti di vario tipo (di legno, bambù, zucche vuote,  ossa e gusci di armadillo o tartaruga) rappresentavano per loro una vera panacea alla dura vita  nella foresta e tanta fu la meraviglia nel sentire i suoni prodotti da quegli uomini bianchi venuti  dal mare, con gli abiti neri e una croce sul petto.


Il liuto e l'oboe, ammaliarono il loro cuore, nei primissimi contatti con i missionari, più di quegli strani discorsi, tentati faticosamente, su uno strano Dio, morto crocifisso.  Furono questi i primi contatti con i Missionari che facevano concerti sulle rive dei fiumi e poi spiegavano loro quello che avevano cantato. Preceduto da Louis Berger e da Jean Vaisseau, Antonio Sepp arrivò nelle Reducciones nel 1691 trovandovi già alcune scuole di polifonia spagnola e portò lo stile moderno dell’epoca, ovvero il Barocco Musicale.  
Antonio Sepp von Seppenburg da Salegg nacque a Caldaro (Bolzano) il 22 Novembre del 1655,  da Johann Baptist e da Eva Leis von Leimburg, figlio di un’Italia ancora lontana dalla nascita.  Suddito austriaco, Antonio Sepp (questo il nome con il quale la sua famiglia veniva chiamata   comunemente) fu scelto per la sua bella voce e cantò nel Coro dei Pueri Cantores della Corte   Imperiale di Vienna, dove in quegli anni trionfava la musica italiana. In quello che era allora un   centro musicale di prima categoria Sepp studiò musica arrivando alla padronanza assoluta di  vari strumenti, ma all'età di 19 anni decise di lasciare la promettente carriera per diventare  Gesuita. Ritiratosi in meditazione, continuò meticolosamente a studiare ed a specializzarsi nello  “stile moderno” dell’epoca: la composizione di brani esclusivamente strumentali ed   indipendenti dalle esigenze del coro.
Destinato nel 1689 alle Missioni dell'antico Paraguay egli si  mise in viaggio per Buenos Aires sulla nave “Almiranta”, ed allietò i passeggeri della nave suonando musica nelle principali festività liturgiche durante la traversata dell'Atlantico. Con sè portava un carico importante della Compagnia di Gesù, ovvero strumenti musicali, tra i quali anche un organo destinato a Buenos Aires.   Arrivato a destinazione, (Reducción de los Santos Reyes de Yapeyù che contava 3.000 indios musicisti tra i trenta villaggi che la formavano) il gesuita italiano lasciò letteralmente sbalorditi i suoi confratelli spagnoli quando si mise a costruire un organo con pedaliera, ( non si era mai visto suonare con i piedi fino ad allora). Per questo straordinario strumento, non avendo  stagno a sufficienza, egli utilizzò tra l’altro legno levigato per le canne maggiori e l’eccezionale   resa musicale dell’organo gli valsero l’incarico ufficiale di costruttore per le missioni dei  guaranì.
“Questi indios Paraguaiani sono, di natura, come creati per la musica, in modo che apprendono   la tecnica di suonare tutti i tipi di strumenti con sorprendente facilità e destrezza e questo in un   tempo brevissimo”. Con poche parole il gesuita descrisse in una lettera quanto talento naturale   vi era negli indigeni delle sue missioni, fornendo addirittura i nomi dei suoi migliori allievi   (Ignacio Paica e Gabriel Quirì divennero grandi costruttori ed esecutori di strumenti musicali).   Padre Antonio inventò tra l’altro anche l'arpa a corda doppia ( che si estese ben presto in tutto il territorio) costruendo l'antenato diretto dello strumento nazionale di queste terre: l'arpa   paraguaiana. Tra i brani composti da Sepp ci furono pezzi destinati a entrare nella storia della musica  americana: egli compose un rituale della Passione in lingua Guaranì e partiture per la festa di Natale, Pasqua e Pentecoste. Egli dedicò tutta la sua vita ai suoi amatissimi allievi e non   abbandonò mai più le terre del Paraguay, contribuendo a realizzare parte di quel grandioso   progetto missionario delle Reducción.
L’italiano creò in ogni Reducción una scuola di canto corale, di musica e danza, insegnando   quasi tutti i tipi di strumenti, tra quelli permessi per esecuzioni in Chiesa. Insegnò ai suoi Guaranì e selezionò centinaia di cantanti che vennero mandati in concerto nelle città argentine,  brasiliane e uruguaiane. Rimase più di quaranta anni nelle selvagge foreste del Sudamerica e lasciò il suo testimone all'altro grandissimo esponente della musica missionaria: Domenico  Zipoli.  
Il missionario tirolese morì il 13 gennaio 1733, nella missione di S. José.  Visse 77 anni,  oltre quaranta dei quali li aveva passati nelle foreste amazzoniche, tra i suoi amatissimi indigeni.   L'immensa impresa musicale missionaria della Compagnia di Gesù, nella quale la musica trovò   tanta importanza decisiva, resistette ancora  mezzo secolo e terminò con l'espulsione dei Gesuiti   da parte del re Carlo III di Spagna da tutti i suoi territori nel 1767. Incendi e saccheggi   rappresentarono il triste prologo di quella grande avventura sociale e politica, determinando la fine di questo paradiso perduto. Statue di pietra e di legno, perfetti strumenti musicali e ornamenti liturgici: tutto fu predato ed oggi si trova disperso in musei o case private che cercano di raccogliere queste preziose reliquie.  
Non tutto è andato però perduto. Oggi, nella zona di Chiquitos in Bolivia, gli indigeni eseguono   di nuovo cerimonie e canti del passato ripresentandoli con grande fedeltà. I paraguaiani,   soprattutto i contadini, conservano il gusto per la musica, particolarmente per la chitarra e per   l'arpa "missionaria", e conserva la religiosità popolare, che nacque e si sviluppò con la magia di   quei primi strumenti costruiti da padre Antonio Sepp, un italiano prestato al mito delle  Reduccionés.

(5 Gennaio 2003)

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Presentazione

Chi vuole leggere qualcosa che riguarda i gesuiti lo fa spesso con una certa prevenzione: o è favorevole ai gesuiti, per averne conosciuto qualcuno o per averne sentito parlare con ammirazione, o è ad essi contrario per quello che ha sentito dire su di loro o per quello che ha imparato dalla storia studiata a scuola. È poi diffusa l'idea che i gesuiti siano persone, certo colte e intelligenti, ma anche scaltre, doppie e ipocrite. Chi si appresta a leggere questa breve informazione sulla storia dei gesuiti possibilmente dovrebbe mettere da parte tali "prevenzioni" e leggere il testo con spirito "aperto" e sereno, perché si cercherà di dire con obiettività le cose - belle e meno belle - riguardanti i gesuiti di ieri e di oggi.

Anzitutto, chi sono i gesuiti? Sono "religiosi", cioè persone consacrate con voti all'amore e al servizio di Dio, della Chiesa e degli uomini. Soltanto che, oltre ai tre voti di povertà, castità e obbedienza comuni a tutti i religiosi, i gesuiti "professi" fanno un quarto voto di speciale obbedienza al Papa, il quale in forza di tale voto può mandarli in ogni parte del mondo e affidare loro qualsiasi "missione" egli ritenga necessaria o utile per il bene della Chiesa. In quanto religiosi, i gesuiti fanno parte di un particolare Ordine religioso, che si chiama la "Compagnia di Gesù" (in latino, Societas Iesu; in sigla "S.I." Quando la traduzione ufficiale latina del Vangelo utilizzava la lettera "J" per il nome di Gesù, Jesus, la sigla dei Gesuiti era "S.J.").

È importante notare che il termine "Compagnia" non ha un significato militare (come alcuni pensano, parlando dei gesuiti come dei "soldati del Papa"), ma significa soltanto un gruppo di persone che stanno insieme per il raggiungimento di uno scopo. Invece, nell'espressione "Compagnia di Gesù" il termine significativo è "di Gesù": esso vuol dire, infatti, che i gesuiti fanno di Gesù il centro e lo scopo della loro vita, vogliono essere "compagni di Gesù", cercando in ogni modo di imitarlo nella sua vita e nella sua morte; vogliono lavorare con Lui nella vita apostolica e vogliono servirlo nella sua Chiesa con la maggiore dedizione possibile, a costo di ogni sacrificio, fino a quello della vita. Questo è il nucleo essenziale della spiritualità dei gesuiti, che essi attingono anche dagli Esercizi Spirituali di sant'Ignazio di Loyola, loro fondatore, ed è la spiegazione ultima di quanto c'è di grande e di eroico nella loro storia.

Certamente in questa storia non tutto è grande ed eroico. Ci sono deficienze, miserie, infedeltà al Vangelo, come in ogni gruppo di uomini, segnati dai peccati dell'orgoglio, dell'ambizione, dalla ricerca dei propri interessi umani e mondani. Ma quello che stupisce chi ripercorre anche frettolosamente la storia della Compagnia di Gesù è che in essa è fiorita in modo eccezionale la santità cristiana: sono oltre 50 i gesuiti che la Chiesa ha proclamati "santi" e oltre 150 quelli proclamati "beati". La maggior parte di essi hanno sofferto il martirio per la fede. A questi santi e beati va aggiunta una moltitudine immensa di gesuiti che, in ogni parte del mondo, hanno sofferto il martirio o hanno vissuto santamente secondo il Vangelo.

La fondazione della Compagnia di Gesù

La Compagnia di Gesù ha oggi oltre 450 anni. Essa è nata, infatti, nel 1539, quando un gruppo di "maestri in arti", che avevano conseguito il baccellierato in filosofia e in teologia alla Sorbona di Parigi, si riunirono a Roma e decisero di costituire un Ordine religioso. A Parigi essi avevano fatto gli Esercizi Spirituali sotto la guida di Ignazio di Loyola, erano divenuti "amici nel Signore" e avevano fatto voto di recarsi in Terrasanta a "aiutare le anime". Non essendo riusciti a partire per la Terrasanta a causa della guerra tra veneziani e turchi, avevano deciso di andare a Roma e di offrirsi al Papa per essere inviati in missione dovunque Egli avesse voluto. La decisione di fondare un nuovo Ordine religioso fu presa il 24 giugno 1539. Ignazio di Loyola, riconosciuto come il capo del piccolo gruppo, a nome dei suoi amici presentò al Papa Paolo III un breve schema in cinque punti che delineava l'istituzione che si voleva fondare, chiamato in seguito Formula Instituti.

Il 27 settembre 1540 il Papa la approvò con la Bolla Regimini militantis Ecclesiae. Nasceva, così, un nuovo Ordine religioso, con alcune particolarità rispetto a quelli allora esistenti: si sarebbe chiamato (ciò che apparve a molti un atto di superbia e di presunzione!) "Compagnia di Gesù"; il suo superiore generale sarebbe stato eletto non per un certo tempo, ma a vita; i membri della Compagnia non sarebbero stati obbligati alla recita corale dell'Ufficio divino né a pubbliche penitenze; sarebbero stati, infine, legati al Papa da uno speciale voto di obbedienza. La Compagnia di Gesù non avrebbe dovuto occuparsi di un'opera particolare: per esempio, dei malati o dell'istruzione cristiana dei bambini, ma avrebbe avuto come scopo "precipuo" quello di "occuparsi del progresso delle anime nella vita e nella dottrina cristiana e della difesa e propagazione della fede", mediante la predicazione della Parola di Dio, gli Esercizi Spirituali, le opere di carità, l'insegnamento della verità cristiana ai fanciulli e ai rozzi, l'ascolto delle confessioni.

Era un programma assai vasto, che avrebbe potuto avere applicazioni molteplici e diverse, secondo questi criteri: compiere tutto in assoluta gratuità, senza ricevere stipendio alcuno per il lavoro apostolico svolto; non chiedere né ricevere dal Papa nessun aiuto materiale per il compimento della missione da lui ricevuta; nella scelta delle opere, la regola da seguire è il maggior servizio di Dio e il bene universale, preferendo lavorare là dove è maggiore il bisogno, dove altri non lavorano, dove il lavoro apostolico è più difficile e più pericoloso, dove c'è speranza di maggiore frutto spirituale e dove ci sono persone o categorie di persone che hanno molto influsso sugli altri, perché - è questa la grande massima di sant'Ignazio di Loyola - "il bene quanto più è universale, tanto più è divino" (Costituzioni della Compagnia di Gesù, Parte VII, n. 622).

Il programma dei gesuiti

Come la Compagnia di Gesù ha concretamente realizzato questo programma nella sua lunga e complessa storia? Per comprenderlo, bisogna rilevare che la Compagnia fin dalla sua nascita ha cercato di rispondere, pur nell'esiguità delle sue forze, ai bisogni "nuovi" della Chiesa nel secolo XVI. Quali erano questi "nuovi" bisogni? Nel 1492 Cristoforo Colombo arrivò in l'America. Nel 1498 Vasco de Gama, circumnavigando l'Africa, approdò in India. Nel 1500 Pedro Alvares Cabral toccò le coste del Brasile e ne prese possesso a nome del Re del Portogallo. Nel 1511 Hernan Cortes si impossessò di Cuba e in pochi anni conquistò il Messico. In tal modo nuovi popoli si aprivano all'evangelizzazione: nacquero così le prime missioni dei francescani, dei domenicani e degli agostiniani.

Nello stesso periodo aveva inizio la Riforma di Lutero (1517) in Germania, di Zwingli (1518) in Svizzera e di Calvino (1536) a Basilea e a Ginevra, e lo scisma di Enrico VIII in Inghilterra (1534). In tal modo, il Centro e il Nord dell'Europa correvano il pericolo di staccarsi dalla Chiesa cattolica e di dare origine a Chiese e Comunità protestanti, in rottura con la Chiesa di Roma. Infine, nei Paesi latini, da una parte c'erano corruzione e rilassamento del clero e grande ignoranza religiosa nel popolo cristiano; dall'altra, l'Umanesimo e il Rinascimento avevano creato un clima culturale d'ispirazione pagana, non favorevole alla fede.

Perciò, questi erano i bisogni più urgenti alla metà del Cinquecento, quando nacque la Compagnia: l'attività missionaria di evangelizzazione dei popoli dei Paesi recentemente scoperti; la lotta alla diffusione dell'eresia luterana e calvinista per impedire la protestantizzazione del Centro e del Nord dell'Europa; il miglioramento morale e culturale del clero e la diffusione di una cultura cristianamente ispirata, mediante la creazione di scuole per l'educazione cristiana dei giovani nei Paesi latini e nel resto dell'Europa.

Ignazio di Loyola scrive le CostituzioniQuesti bisogni della Chiesa costituiscono gli obiettivi essenziali della Compagnia non solo all'inizio della sua esistenza, ma per tutto l'arco della sua storia. Si deve però sottolineare che sant'Ignazio, eletto nel 1541 superiore generale e incaricato di redigere le Costituzioni del nuovo Ordine religioso, avvertì subito quanto fossero difficili i compiti che la Compagnia aveva davanti a sé; essi richiedevano persone formate, attraverso dure prove, alla preghiera, alla rinuncia a se stessi, alla povertà e all'obbedienza più rigorose; richiedevano, inoltre, persone di elevata cultura, in campo sia filosofico-teologico, sia letterario. Per tali motivi stabilì che i giovani gesuiti avessero una formazione spirituale e culturale lunga e rigorosa.

I gesuiti "missionari"

La Compagnia di Gesù è sempre stata ed è ancora oggi un Ordine religioso "missionario". Lo storico deve obiettivamente constatare che la Compagnia ha onorato questo suo carattere, perché la sua opera missionaria, pur con limiti e difetti, costituisce una straordinaria epopea, che ha visto i gesuiti impegnati nel lavoro missionario in tutte le parti del mondo, affrontando situazioni difficili e che noi oggi facciamo fatica a credere. Basti pensare alle missioni nell'Alaska, nel Canada francese del Seicento, alle missioni nel Perù, nel Brasile (che deve a un gesuita, il padre G. Anchieta, la fondazione della città di San Paolo), nell'Africa Centrale, nell'India, nelle Filippine, in Cina con Matteo Ricci e, soprattutto, nel Giappone: fu in questo Paese - particolarmente caro ai gesuiti, perché il primo missionario che vi aveva portato il Vangelo era stato nel 1549 san Francesco Saverio, uno primi compagni di Ignazio di Loyola - che nacque e si sviluppò una fiorente cristianità, la quale nel 1593 contava più di 100.000 cristiani; ma fu anche in questo Paese che i gesuiti subirono la più tremenda e prolungata persecuzione della loro storia, poiché vi furono uccisi dal 1598 al 1632 moltissimi gesuiti tra i più atroci tormenti. Eppure nel 1614 ben 70 giovani gesuiti che studiavano nel collegio di Coimbra (Portogallo) si offrirono al Padre Generale per essere inviati in Giappone.

A questo proposito si può ricordare che tra i giovani studenti gesuiti europei ci fu una gara per chiedere al Generale, residente a Roma, di essere inviati nelle "Indie" (termine, questo, che a quel tempo significava tutta l'Asia). Questi giovani furono chiamati Indípetae (cioè aspiranti ad essere inviati come missionari in India, in Cina, in Giappone e negli altri Paesi asiatici). È commovente leggere oggi le loro lettere, conservate a Roma, sapendo che l'andare nelle "Indie" comportava anzitutto un viaggio lunghissimo, che durava più o meno da sei mesi a un anno, durante il quale molti morivano per malattie o per naufragio, e poi che i sopravvissuti, giunti nei luoghi di destinazione, avrebbero trovato condizioni di vita e di lavoro apostolico assai dure e difficili, con la prospettiva sempre incombente del martirio. Che tutto ciò non fosse soltanto una lontana possibilità, ma una realtà drammatica lo prova quanto avvenne nel 1570 al padre Ignazio de Azevedo: giunto dal Brasile per reclutare giovani per l'evangelizzazione dell'immenso continente brasiliano, riuscì a salpare da Lisbona con 74 giovani gesuiti. Il convoglio di tre navi portoghesi sulle quali viaggiavano fu sorpreso e attaccato dai corsari ugonotti, i quali uccisero e buttarono in mare il padre de Azevedo e 39 giovani missionari.

I viaggi di S. Francesco SaverioL'epopea missionaria della Compagnia di Gesù fu iniziata il 7 aprile 1541 da san Francesco Saverio: partito da Lisbona con la qualifica di nunzio apostolico, dopo avere circumnavigato l'Africa, raggiunse Goa, in India nel 1542, dopo 13 mesi di navigazione, e per due anni lavorò infaticabilmente per la conversione degli indiani della Pescheria; nel 1544 si spinse nella penisola di Malacca, di là raggiunse le Molucche (l'attuale Indonesia) e poi nel 1549 approdò nel Giappone, dove rimase oltre due anni. Nel 1552 volle partire per la Cina per aprire al Vangelo l'"impero di mezzo", ma morì il 3 dicembre 1552 alle porte della Cina, nell'isola di Sancian. Con le sue lettere inviate dall'Oriente egli creò tra i giovani gesuiti dell'Europa un incredibile entusiasmo per le missioni in Asia. Per oltre due secoli un gran numero di gesuiti si sparse per tutti i Paesi del continente asiatico: ricordiamo soltanto i nomi di Alessandro Valignano, Roberto de' Nobili, Rodolfo Acquaviva, Matteo Ricci, Alessandro de Rhodes, Adamo Schall, Ferdinando Verbiest, Costanzo Beschi.

Se ora dall'Asia passiamo all'America, rileviamo che lo stesso ardore missionario spinse i gesuiti a evangelizzare quasi tutti i Paesi di quel continente, cominciando dal Brasile col padre Emmanuele Nobrega nel 1549, per giungere nella Florida (1566), passando per il Perù (1568), il Messico (1572), il Tucumàn (1586), il Paraguay (1588), il Cile (1592), l'Ecuador (1592).
Una delle Riduzioni (foto da: www.itapua.net)L'opera più nota dei gesuiti nell'America Latina fu la costituzione delle "Riduzioni" (Reducciones), le quali consistevano nel raccogliere gli indigeni, in particolare i guaraní (abitanti nelle foreste come nomadi) in villaggi nei quali i gesuiti insegnavano loro sia le verità della fede cristiana, sia le norme di una vita più civile, sia la coltivazione di piante più produttive. Erano perciò centri di civilizzazione e anche di difesa contro le razzie dei coloni spagnoli e portoghesi. Le Reducciones si svilupparono in tale maniera da suscitare l'invidia e la sordida cupidigia dei coloni e poi delle autorità politiche spagnole e portoghesi, tanto da essere una delle cause della soppressione della Compagnia di Gesù, avvenuta nel 1773, con l'accusa che i gesuiti avevano formato una specie di regno nel Paraguay, nemico dei regni della Spagna e del Portogallo, e dalle Reducciones avevano ricavato grandi ricchezze, sfruttando i fedeli sudditi dei Re cattolici. In realtà, i gesuiti erano colpevoli soltanto di aver portato la fede e la civiltà a tribù poverissime e sfruttate e di averle difese dalla crudeltà dei coloni europei, talvolta anche con l'uso delle armi.

Un'altra opera straordinaria fu realizzata in aiuto agli schiavi che dall'Africa venivano portati a Cartagena (Colombia): essi, che giungevano in America Latina in condizione spaventose, venivano accolti e curati da san Pietro Claver e da alcuni suoi compagni gesuiti. È anche vero che, come tutti, altre case di gesuiti avevano i loro schiavi. Nell'America del Nord, i gesuiti furono i primi missionari nel Canada, dove dovettero lavorare in condizioni di vita umanamente insopportabili e dove parecchi di loro furono uccisi a causa della fede: tra di essi splende la figura di san Jean de Brébeuf, mistico e grande missionario († 1546). Le missioni dei gesuiti in Africa furono meno fortunate; ma molti Paesi africani, come l'Angola, la Guinea, l'Egitto, il Congo, furono toccati dall'azione missionaria della Compagnia di Gesù. Va ricordato in particolare l'impegno speso per la missione in Abissinia dove, dopo i primi successi all'inizio del Seicento, si registrò un fallimento per gli errori di qualche missionario.

I gesuiti nel campo della cultura

Pietro CanisioUn campo privilegiato dell'azione dei gesuiti fin dagli inizi fu l'opposizione alla Riforma. La lotta fu combattuta, anzitutto sul piano teologico: nel 1545-46 i gesuiti Jay, Laínez e Salmerón, per volontà del Papa Paolo III, parteciparono al Concilio di Trento; poi fu la volta di Pietro Canisio (1547), il quale in seguito fu la figura più straordinaria nel far fronte alla diffusione in Germania e in Olanda (sua patria) delle dottrine luterane e calviniste, sia con la stesura di Catechismi per il popolo, sia con lo scrivere opere apologetiche in difesa della fede, sia con l'istituzione di collegi, per lo studio tanto della teologia quanto delle lettere, a Ingolstadt, Vienna, Praga, Monaco e in altre città, sia col fungere da nunzio apostolico ad Augusta. Ma il più noto controversista gesuita nelle dispute teologiche con i protestanti fu il card. Roberto Bellarmino, che dapprima insegnò a Lovanio e poi a Roma, dove divenne cardinale ed ebbe a che fare con Giordano Bruno e con Galileo Galilei, a cui evitò la condanna più grave, che gli fu inflitta dopo la morte del gesuita (1621). Nella guerra dei Trent'anni (1618-48) i gesuiti servirono come cappellani delle armate cattoliche al comando di von Tilly e di Piccolomini, già alunni dei gesuiti. Furono molti poi i gesuiti in ogni parte d'Europa che morirono di peste, per aver aiutato e confortato spiritualmente gli appestati.

Un settore nel quale fu molto intenso l'impegno della Compagnia di Gesù fu quello della cultura, a difesa e propagazione della fede cattolica. Anzitutto, nel campo della filosofia, della teologia dogmatica e morale, dell'esegesi biblica, della patristica. Va ricordata la lotta contro il giansenismo e il favore mostrato dai gesuiti a una pastorale moderata, non rigorista, incline alla comunione frequente, alla devozione al S. Cuore: qua e là qualche moralista gesuita (attaccato da Pascal) eccede verso un certa indulgenza, ma in sostanza la maggior parte dei moralisti gesuiti mantiene l'equilibrio e costituisce un solido fronte contro il rigorismo giansenista.

Tra i grandi teologi gesuiti ricordiamo F. Suárez, L. de Molina, D. Petau, oltre a P. Canisio e R. Bellarmino, questi due ultimi proclamati dottori della Chiesa, L. Leys (Lessio), J. de Lugo. Nel campo delle scienze si distinsero C. Clavius, amico di Galilei, e A. Kircher. Nel campo delle lettere, Daniello Bartoli in Italia e F. Spee von Langenfeld, uno dei migliori poeti nella Germania barocca, noto anche per aver denunciato e condannato la caccia alle streghe nella sua opera Cautio criminalis.

Ma l'opera più nota dei gesuiti fu la creazione di collegi per l'educazione cristiana dei giovani in tutte le città, piccole e grandi, dell'Europa. Fu lo stesso sant'Ignazio ad aprire la strada a quest'opera apostolica, che non era prevista nel primitivo disegno della Compagnia, fondando nel 1548 un collegio a Messina e nel 1551 la prima scuola gratuita a Roma: scuola che divenne il famoso Collegio Romano. In tal modo, la massima parte della gioventù europea fu educata nei collegi dei gesuiti: ne furono alunni, in Francia, Cartesio e Voltaire e, in Italia, G. B. Vico. Il metodo d'insegnamento si ispirava a quello in uso alla Sorbona di Parigi, ma a poco a poco fu elaborata una Ratio studiorum, cioè un metodo d'insegnamento tipicamente gesuitico. Per la formazione spirituale degli alunni in ogni collegio c'era una Congregazione Mariana: in tal modo, questa istituzione, nata nel Collegio Romano nel 1563 per opera di una giovane gesuita belga, G. Leunis, si diffuse in tutta l'Europa e nell'America Latina. Nei collegi dei gesuiti si diede grande impulso allo studio del latino e del greco; fu così che lo studio delle lingue classiche caratterizzò l'istruzione scolastica europea. Grande impulso fu dato anche alla recitazione, al teatro e alle rappresentazioni teatrali pubbliche (un esempio: I Gesuiti e il Teatro a Messina).

Infine, la Compagnia prese a cuore la formazione del clero nei seminari da essa diretti, dando importanza alla formazione sia intellettuale filosofica e teologica, sia spirituale con la predicazione degli Esercizi Spirituali e la direzione spirituale. Si distinse, poi, in maniera straordinaria per la predicazione al popolo delle città e delle campagne, sia con le costruzioni di grandi chiese in stile gesuitico, cioè adatte alla predicazione, sia con l'organizzazione delle missioni popolari, un ministero, questo, nel quale si segnalarono san Francesco de Geronimo a Napoli († 1716), il beato Antonio Baldinucci († 1717) e, nell'Italia Centrale, Paolo Segneri († 1694), grande quaresimalista, san Francesco Régis († 1640) e il beato Giuliano Maunoir († 1683) in Francia, sant'Andrea Bobola in Polonia, ucciso dai cosacchi nel 1654 tra atroci torture. A questa attività di evangelizzazione delle persone povere, umili e senza istruzione delle campagne e delle città, bisogna aggiungere l'opera caritativa a favore dei carcerati, degli ammalati, soprattutto nei casi, assai numerosi, di peste: è impressionante il numero dei giovani gesuiti morti nell'assistenza agli appestati: ne è esempio - ma è soltanto uno tra i tanti - san Luigi Gonzaga, morto a Roma nel 1591 a 23 anni nell'assistere gli appestati.

La soppressione e la rinascita dei gesuiti

Sia per i grandi successi nell'attività apostolica, sia per i nuovi metodi di apostolato usati dai missionari gesuiti (in India, con R. de Nobili, e in Cina con M. Ricci), sia per l'opposizione all'Illuminismo e al Giansenismo, sia per la difesa di teorie in campo morale che sembravano troppo lassiste (questo fatto indusse B. Pascal a scrivere le Lettres Provinciales, un'opera brillante e caustica, ma profondamente ingiusta, che non fa onore all'Autore, nonostante l'enorme successo che ebbe a danno della Compagnia), sia per l'antipatia suscitata in taluni ambienti a causa della cosiddetta "superbia gesuitica", sia soprattutto per l'opposizione contro i gesuiti da parte delle corti cattoliche del Portogallo, della Spagna, della Francia, di Napoli e di Parma (che malvolentieri sopportavano l'azione dei gesuiti a favore delle popolazioni delle colonie americane, in quanto limitavano le possibilità di sfruttamento da parte di colonizzatori avidi, crudeli e senza scrupoli morali), la Compagnia di Gesù dalla metà del Settecento incorse in un periodo burrascoso che in pochi anni la condusse dapprima alla cacciata dai territori di Portogallo, Spagna, Francia, Napoli e dalle colonie del Sud e Centro America, e poi alla totale soppressione. Ciò non poté avvenire durante il pontificato di Clemente XIII, che fu un ardente difensore dei gesuiti; ma avvenne sotto il suo successore, Clemente XIV, sul quale le corti borboniche esercitarono una pressione talmente violenta da costringerlo a sopprimere la Compagnia di Gesù "per la pace della Chiesa". Così il 21 luglio 1773 egli firmò il decreto di soppressione della Compagnia di Gesù Dominus ac Redemptor.

Il Breve papale non esprimeva nessuna condanna dei gesuiti; da parte di essi per lo più non ci fu nessuna reazione e nessuna opposizione. Il generale della Compagnia, padre Lorenzo Ricci, accusato di non svelare i "tesori" dei gesuiti - che in realtà non esistevano - fu rinchiuso nel carcere di Castel Sant'Angelo. Ma egli non si lamentò mai; soltanto in punto di morte (1775), nel momento di ricevere il Viatico, fece una dichiarazione, in cui, dinanzi all'Eucaristia, affermava che la Compagnia non aveva dato nessun pretesto alla sua soppressione e che egli - personalmente - non aveva dato "motivo alcuno seppure leggerissimo" alla propria carcerazione. Con la scomparsa della Compagnia di Gesù, l'evangelizzazione in Asia, in Africa e nell'America subì un duro colpo, dal quale non si sarebbe ripresa se non faticosamente e in parte modesta.

Ma, distrutta nelle nazioni cattoliche, la Compagnia sopravvisse nella Prussia di Federico II e nella Russia Bianca di Caterina II; apparve di nuovo nel Regno di Napoli, finché dopo la Rivoluzione Francese (in cui furono uccisi molti ex gesuiti "refrattari") e la tempesta napoleonica, Pio VII, il 7 agosto 1814 ridiede vita alla Compagnia con la bolla Sollicitudo omnium Ecclesiarum. La ripresa fu lenta e difficile, ma presto si aggiunsero ai gesuiti della Compagnia soppressa, restati fedeli alla propria vocazione, forze nuove, che furono formate secondo lo spirito e le regole del passato. Si ricominciò a fondare collegi in molte nazioni, si riprese l'attività missionaria negli Stati Uniti - dove già nel 1815 fu fondata l'Università di Georgetown e nel 1829 quella di Saint-Luis nel Missouri -, in tutti gli Stati dell'America Latina, in Cina, in Africa, nel Madagascar. Fu ripresa l'attività dei bollandisti per lo studio critico delle vite dei santi. Così, già nel 1844 i gesuiti nel mondo erano 4.136 con 44 collegi e 37 missioni.

I tempi però erano molto cambiati rispetto a quelli dell'antica Compagnia. Erano i tempi del liberalismo rivoluzionario, erede dell'Illuminismo e della Rivoluzione Francese, e perciò fortemente avverso ai Governi nati dalla Restaurazione del 1815 e alla Chiesa, in particolare al Papa e allo Stato pontificio. Erano anche i tempi del kantismo, dell'idealismo tedesco immanentista, del positivismo di A. Comte, del socialismo di Saint-Simon e di Fourier, e poi di Engels e di Marx.
I gesuiti si resero ben conto di quanto stava avvenendo in campo sia politico sia filosofico, senza tuttavia riuscire a vedere quello che di positivo e di giusto portavano con sé le nuove idee: un discernimento, questo, che era molto difficile in persone che pensavano con le categorie del passato, e che forse era del tutto impossibile. Avvenne, così, che i gesuiti si schierarono contro il liberalismo e il socialismo in politica e contro le nuove correnti di pensiero in campo filosofico. In particolare, i gesuiti schierarono le proprie forze in difesa del Papa. Fu così che Pio IX nel 1849 volle che essi dessero la vita a una rivista che, in campo filosofico, combattesse le nuove correnti di pensiero, avverse al cristianesimo, e, in campo politico, combattesse il liberalismo massonico e il socialismo: nacquero così a Napoli La Civiltà Cattolica (6 aprile 1850), nel 1856, a Parigi la rivista Études e poi negli anni seguenti riviste simili in altri Paesi.

Questa attività dei gesuiti suscitò l'avversione dei Governi liberali, che in Francia, in Italia, nella Spagna li espulsero a varie riprese, impadronendosi dei loro beni e destinando i loro collegi e le loro case a scuole, università, carceri, tribunali e ospedali. Tuttavia queste continue espulsioni non impedirono ai gesuiti di crescere numericamente, di espandersi in ogni parte del mondo e di mantenere opere importanti, come l'Università Gregoriana a Roma, i cui professori diedero un notevole contributo al Concilio Vaticano I e in cui compirono la loro formazione intellettuale e spirituale giovani di ogni parte del mondo, che divennero in seguito vescovi diocesani o professori nei seminari e negli istituti universitari. In particolare i gesuiti combatterono con serio impegno il modernismo sotto il pontificato di Pio X.

Un grande sviluppo ha in questi anni la Compagnia di Gesù negli Stati Uniti, dove sono create molte Università Cattoliche, fiorenti ancora oggi, nel Canada, nel Messico, nel Giappone (dove sorge l'Università Sophia), nel Libano (dove è creata a Beyrut l'Università Saint-Joseph), in India, in Cina, dove è fondata l'Università Aurora. Così negli Istituti diretti dai gesuiti, nel 1938, studiavano oltre 200.000 giovani e insegnavano 4.265 professori della Compagnia. Un grande impegno fu posto nel promuovere l'insegnamento della filosofia e della teologia neoscolastica, secondo le direttive date da Leone XIII nell'enciclica Aeterni Patris (4 agosto 1879). Tale impegno, condotto insieme con i domenicani e con le Università Cattoliche di Lovanio, di Friburgo (Svizzera), di Innsbruck e con altri Centri culturali cattolici, fece rifiorire nella Chiesa cattolica il pensiero di san Tommaso d'Aquino, con grande giovamento della cultura cattolica. Anche La Civiltà Cattolica s'impegnò in questo campo, divenendo uno dei più importanti strumenti di diffusione della filosofia neoscolastica.
Tuttavia fu l'Università Gregoriana il centro di maggiore elaborazione filosofica e teologica. Ad essa si affiancarono, all'inizio del secolo XX, l'Istituto Biblico, per la promozione degli studi biblici, e poi l'Istituto Orientale per lo studio dei problemi del mondo orientale, cattolico e ortodosso.

Dopo la prima guerra mondiale (1914-1918) sorsero i regimi totalitari (comunismo, fascismo e nazismo). La Compagnia di Gesù li combatté fortemente per la loro ideologia atea e anticristiana; ma subì le conseguenze di questa lotta, poiché alcuni gesuiti da molte parti d'Europa finirono nei campi di concentramento tedeschi e nei gulag sovietici. Tutte le loro opere nei Paesi conquistati dall'Unione Sovietica furono distrutte. Soltanto in questi anni si stanno riprendendo faticosamente.

Nonostante queste enormi difficoltà, sia in Europa sia nei Paesi che da pochi anni avevano conquistato l'indipendenza in Africa, in Asia e nell'America Latina, i gesuiti proprio nel 1965 raggiunsero la quota più alta della loro storia: 36.038 soggetti. In questi anni, la Chiesa celebrava il Secondo Concilio Vaticano: Giovanni XXIII scelse molti di loro come "periti" conciliari. E infatti il loro apporto ai lavori e alle decisioni del Concilio fu notevole: in primo luogo il padre Bea che fu grande protagonista nella stesura della Dei Verbum (Documento che tratta della Sacra Scrittura) e nella Nostra Aetate (Documento relativo alle Religioni non cristiane); quindi vanno ricordati anche i padri de Lubac, Daniélou, Courtney Murray, K. Rahner, Dezza, Tucci, Schmitt, de La Potterie e altri lavorarono alla stesura dei documenti più importanti del Concilio, quali la Dei Verbum, la Lumen gentium, la Dignitatis humanae e la Gaudium et spes.

Continuità ed evoluzione.
Considerazioni su un arco di storia


Nel Cinque-Settecento i gesuiti hanno avuto certo delle difficoltà, culminate nel 1773. Ma a parte sporadiche espulsioni e contrasti, nell'insieme la Compagnia ha avuto per lungo tempo buoni rapporti con gli stati dell'epoca. Non si trattava di mero opportunismo (i collegi erano largamente mantenuti dai principi), ma anche di accettazione del sistema politico dell'epoca. Gesuiti confessori di corte, educatori di molte famiglie, oratori ascoltati. Insieme, si avverte la tendenza tipicamente antigiansenistica, probabilistica, di venire incontro all' uomo reale con tutti i suoi limiti e le sue debolezze. Pascal ironizza sui gesuiti ("Il n'est rien tel que les Jesuites..", IV Lett. Prov., inizio) ma la comprensione e la linea misericordiosa caratterizzante i gesuiti (confessione e comunione frequente) hanno fatto molto del bene.

Viene la soppressione. La sopravvivenza della Compagnia in Russia (nel paese per eccellenza "antirivoluzionario" di allora) la Rivoluzione Francese, il ristabilimento della Compagnia, con il suo molteplice significato, pastorale e, in parte, inevitabilmente, politico. Dopo il primo generale polacco, salgono come assistenti e generali uomini formati in Russia, Rozaven e, Roothaan. La Compagnia della Restaurazione, in Italia soprattutto, è legata ai sovrani assoluti, forse più di prima. Le direttive del Roothaan sui programmi scolastici sono molto conservatrici: opposizione al romanticismo nelle idee e nello stile, nessuna lettura dei poeti italiani romantici. Uomini come Mai e Ventura si sentono soffocati e lasciano le Compagnia. I risultati di questa posizione sono evidenti: alla ferma condanna del liberalismo (e, in Italia, del Risorgimento), all'ultramontanesimo proprio anche della Compagnia di Gesù, alla sua chiusura piuttosto forte verso il mondo moderno, corrisponde una forte ostilità della società del tempo verso i gesuiti. Francescani, domenicani, salesiani ecc. potranno essere coinvolti e travolti qua e là delle dure leggi eversive, ma l'ostilità contro i gesuiti è più marcata. L'antipatia nei loro confronti (al Pascal e al Sarpi succedono ora De Sanctis, Gioberti, Quinet, Michelet ecc.) è forse più viva. I gesuiti rappresentano un po' il capro espiatorio, divengono il simbolo di un'epoca superata e condannata. Si susseguono attacchi, espulsioni, dispersioni: Italia, Spagna, Francia, Germania. E intanto si continua in quella pastorale benevola, probabilista, con la devozione al S. Cuore e l'Apostolato della preghiera. Il migliore laicismo (Ruffini, Jemolo) guarda al giansenismo con simpatia, ai gesuiti con diffidenza.

Forse in questo fenomeno complesso si avverte una continuità (pastorale, probabilismo, cristocentrismo) e una rottura (opposizione troppo accentuata, senza le dovute distinzioni al mondo moderno, in Italia con la Civiltà Cattolica: più aspra che in Francia con gli Études, per questo sospetti a Pio IX). Naturalmente più che la Compagnia di Gesù esistono i gesuiti con le loro tendenze. Il modernismo, a parte Tyrrell, non ha eco nella Compagnia di Gesù, ma i gesuiti sono divisi nei modi di combatterlo e si scontrano intransigenti (Chiaudano, Mattiussi, Sandri) e moderati (Rosa, De Grandmaison) e il P. Generale Wernz che tenta di mediare cade in disgrazia... Ma l'illiberalismo porta anche a una certa apertura sociale (Liberatore, Desbuquois) e l'antimodernismo a una consapevolezza della necessità di un rinnovamento degli studi. La Compagnia di Gesù che aveva difeso i riti, cioè l'uomo nella sua espressività, difende lo stesso uomo contro il totalitarismo (Meyer, Delp, Muckermann, Pribilha, Rosa) e contro il liberalismo eversivo dell'America Latina (Pro).

In tutti i casi sarebbe assai complesso fare un bilancio di questi movimenti storici. Per ora possiamo solo immergerci di nuovo nel ripercorrere la storia e constatare le nuove sfide e esigenze apostoliche che si presentano.

I gesuiti oggi

Questa è la Compagnia di ieri. E quella di oggi? Tra le due Compagnie rimane una continuità profonda, per quanto riguarda sia la vita spirituale sia le opere. Tuttavia, sotto i due ultimi generali della Compagnia - Pedro Arrupe e Peter-Hans Kolvenbach - sono state celebrate quattro Congregazioni Generali (queste sono le più alte istanze legislative dell'Ordine), le quali hanno cercato di adattare la Compagnia (i suoi membri e le sue opere) ai nuovi bisogni della Chiesa e del mondo. In particolare la Congregazione Generale XXXII (1974) ha pubblicato un decreto nel quale si afferma che "la missione della Compagnia oggi è il servizio della fede, di cui la promozione della giustizia costituisce un'esigenza assoluta in quanto fa parte di quella riconciliazione tra gli uomini, richiesta dalla loro riconciliazione con Dio" (Decreto 4, 1). In tal modo, la missione della Compagnia oggi è "la diaconia della fede e la promozione della giustizia".

D'altra parte, la Congregazione Generale XXXIV (1995) ha stabilito che le "priorità" in cui la Compagnia deve oggi maggiormente impegnarsi sono essenzialmente tre: la proclamazione della fede e la promozione della giustizia; l'evangelizzazione delle culture con lo sforzo di inculturazione della fede; il dialogo con le altre religioni. In base all'intima connessione tra l'annunzio della fede e la promozione della giustizia, il p. Arrupe, nel 1980, creò come "opera propria" della Compagnia il Jesuit Refugee Service (Servizio dei gesuiti per i rifugiati, che sono oggi nel mondo circa 50 milioni): questo lavoro per i rifugiati impegna oggi molti gesuiti in tutto il mondo. A tal fine a Roma è nato il Centro Astalli.

In questi ultimi anni c'è stato, come del resto in tutti gli Ordini e gli Istituti religiosi un calo di soggetti, cosicché oggi, dai circa 36.000 degli anni '60, si contano circa 21.000 gesuiti, di cui 3.600 negli Stati Uniti, 3.800 in India, 2.100 nell'America Latina e nell'Europa Occidentale 6.400. In Italia sono circa 800. Questo calo di soggetti, particolarmente in Europa, costituisce un grave problema per la Compagnia di Gesù, poiché le forze diminuiscono proprio quando le necessità apostoliche crescono e le opere hanno bisogno di rinnovarsi e di crescere per andare incontro ai nuovi e urgenti problemi sia del mondo giovanile, sia del mondo della cultura cristiana, sia, infine, del mondo dell'emarginazione, dato l'intrinseco legame che la Compagnia di oggi pone tra l'annunzio della fede e la promozione della giustizia.

In tale contesto si stanno maturando scelte di qualificazione della presenza dei gesuiti in modo da non disperdere troppo le forze. In Italia, per esempio, si intendono privilegiare i campi dell'apostolato intellettuale, di quello giovanile e di quello sociale, mantenendo come impegno trasversale a tutta la nostra attività quello degli Esercizi Spirituali.


[Texto en español - las imágenes son anteriores]

Antonio Sepp – El ebanista de Paraguay

Antonio Sepp, el legendario misionero que, hace 300 años, en la selva sudamericana, introdujo los instrumentos musicales a los indios Guaraní: era hijo de Johann Baptist Sepp von Seppenburg y Eva Leis von Laimburg. Seguramente amaban la música los Guaraní de las selvas amazónicas y el arte oratorio era considerado por estos simples habitantes de América un verdadero y propio sonido musical, cuando venía practicado por hombres de muy buena entonación. Los indios amaban la música y eso estaba siempre presente en la vida cotidiana indígena: desde las ceremonias políticas y de guerra, a las fiestas religiosas. El oído musical de los indígenas se había afinado y educado en los siglos a través de la atenta escucha del canto de los pájaros, el borboteo de las aguas, de la ráfaga del viento, predisponiendo este pueblo a los miles ruidos mezclados con los silencios de las largas notas. Los Guaraní amaban el mensaje sonoro en general y el musical en particular, y cuando tomaron contacto con los sonidos de los misioneros, quedaron literalmente fascinados y extasiados de los instrumentos musicales de los europeos. Aun perteneciendo a una misma raza y teniendo un idioma común, la tribu indígena de los Guaraní, no tenían mucho contacto entre ellos, cómplice también la naturaleza imperiosa y peligrosa que delimitaba el espacio vital. No obstante esta "extrañeza" estaban unidos de verdad por el amor a la música: tambores, sonajas, flautas de varios tipos (de madera, bambú, calabazas vacías, huesos y cáscara de armadillo y tortuga) representaban para ellos una verdadera panacea a la dura vida en la selva y grande fue la maravilla de sentir los sonidos producidos de aquellos hombres blancos llegados del mar, con los vestidos negros y una cruz en el pecho. La mandolina, el oboe, conquistaron su corazón, en los primerísimos contactos con los misioneros, más que aquellos extraños discursos, tentados costosamente, sobre un extraño Dios, muerto crucificado. Estos fueron los primeros contactos con los misioneros que hacían conciertos en las orillas de los ríos y después les explicaba lo que habían cantado. Precedido de Louis Berger y de Jean Vaisseau, Antonio Sepp llegó en las Reducciones de 1691 encontrando ya algunas escuelas de polifonía española y llevó el estilo moderno de la época, o sea, el Barroco musical. Antonio Sepp von Seppenburg da Salegg nació en Caldaro-Kaltern (Bolzano-Bozen) el 22 de Noviembre de 1655, de Johann Baptist Sepp e de Eva Leis Von Leimburg (= Laimburg), hijo de una Italia todavía lejos del nacimiento. Súbdito austriaco, Antonio Sepp (este es el nombre con el cual su familia venía llamada comúnmente) fue elegido por su bonita voz y cantó en el coro de los Pueri Cantores en la corte imperial de Viena, donde en aquellos años triunfaba la música italiana. En lo que ahora es un centro musical de primera categoría, Antonio estudió música llegando al dominio de varios instrumentos, pero a la edad de 19 años decidió dejar la prometente carrera para hacerse jesuita. Retirándose a la meditación, siguió meticulosamente estudiando y especializándose en el "estilo moderno" de la época: la composición de fragmentos exclusivamente instrumentales e independientes de las exigencias del coro. Destinado en 1689 a las misiones del antiguo Paraguay se introdujo en un viaje por Buenos Aires en el barco "Almiranta", y animó a los pasajeros del barco tocando su música en las principales fiestas litúrgicas durante la travesía del Atlántico. Se llevaba consigo una carga importante de la Compañía de Jesús, o sea instrumentos musicales, entre los cuales también un órgano destinado a Buenos Aires. Llegado al destino, (Reducción de los Santos Reyes de Yapeyú que contaba con 3000 indios músicos entre las treinta aldeas que la formaban) el jesuita italiano dejó literalmente pasmados a sus hermanos españoles cuando se puso a construir un órgano con pedales, (no se había visto nunca hasta entonces tocar un instrumento con los pies). Para este extraordinario instrumento, no teniendo suficiente estaño, utilizó madera pulida para las cañas mayores y la excepcional rendición musical del órgano le valieron el encargo oficial de constructor para las misiones de los Guaraní. "Estos indios paraguayos son por naturaleza, como hechos para la música, de modo que aprendieron a tocar todos los tipos de instrumento con una sorprendente facilidad y destreza, y esto en poquísimo tiempo". Con pocas palabras el jesuita describió en una carta cuánto talento innato había en los indígenas de sus misiones, dando además los nombres de sus mejores alumnos (Ignacio Palaica y Gabriel Quirí se hicieron grandes constructores y ejecutores de instrumentos musicales). Padre Antonio inventó entre otras cosas también el arpa a doble cuerda (que se extendió muy pronto en todo el territorio) construyendo el antepasado directo del instrumento nacional de estas tierras: el arpa paraguayana. Entre los fragmentos compuestos por Sepp, había piezas destinadas a entrar en la historia de la música americana: compuso un ritual de la pasión en lengua Guaraní y partituras para la fiesta de Navidad, Pascua y Pentecostés. Dedicó toda su vida a sus amados alumnos y no abandonó nunca las tierras de Paraguay, contribuyendo a realizar parte de aquel grandioso proyecto misionero de las Reducciones. El ciudadano tirolés, creó en cada Reducción una escuela de canto coral, de música y danza, enseñando casi todos los tipos de instrumento, entre los permitidos para la ejecución en iglesia. Enseñó a sus guaranís y seleccionó cientos de cantos que mandaba a conciertos en ciudades argentinas, brasileñas y uruguayas. Se quedó más de cuarenta años en la selva salvaje de Sudamérica y dejó su testimonio a otro grandísimo exponente de la música misionera: Doménico Zipoli. El misionero tirolés murió el 13 de enero de 1733, en la misión de San José. Había vivido 77 años, más de cuarenta de aquellos años los había pasado en la selva amazónica, entre sus amadísimos indígenas. La inmensa empresa musical misionera de la compañía de Jesús, en la cual la música encontró tanta importancia decisiva, resistente todavía medio siglo y terminó con la expulsión de los jesuitas de parte del rey Carlos III de España de todos sus territorios en el 1767. Incendios y saqueos representaron la triste prórroga de esa grande aventura social y política, determinando el fin de este paraíso perdido. Estatuas de piedra y de madera, perfectos instrumentos musicales y ornamentas litúrgicas: todo fue robado y hoy se encuentra disperso en museos o casas privadas que intentan coleccionar estas preciosas reliquias. No todo ido, pero perdido. Hoy, en la zona de Chiquitos en Bolivia, los indígenas practican de nuevo ceremonias y cantos del pasado con gran fidelidad. Los paraguayos, sobretodo los campesinos, conservan el gusto por la música, particularmente por la guitarra y por el arpa "misionera", y conserva la religiosidad popular, que nació y se desarrolló con la magia de aquellos primeros instrumentos construidos por Antonio Sepp, un tirolés prestado al mito de las Reducciones.


[Texte en français - les images sont au-dessus]

Antonio Sepp – L’ébéniste du Paraguay

Antonio Sepp, le légendaire missionnaire qui, il y a 300 ans, dans les forêts sud-américaines, introduisit les instruments musicaux auprès des indiens Guarini, était le fils de Johann Baptist Sepp von Seppenburg et d’Eva Leis von Laimburg.
Il est certain que les Guarini des forêts amazoniennes aimaient la musique, et l’art oratoire était considéré par ses simples gens des Amériques, un réel et authentique son musical quand celui-ci était pratiqué d’hommes d’excellente intonation.
Les Indiens d’Amérique du Sud aimaient la musique et celle-ci faisait partie du quotidien des indigènes ; des cérémonies politiques ou de guerre aux fêtes religieuses. L’oreille musicale des indigènes s’était affinée et développée à travers les siècles grâce à une écoute attentive du chant des oiseaux, du gargouillis des eaux, des rafales de vent, préparant ce peuple aux milles bruits mêlés aux silences des longues nuits. Les Guarini aimaient le message sonore en général et le musical en particulier et lorsqu’ils furent mis en présence des sons des Missionnaires, ils furent réellement fascinés et charmés des instruments musicaux européens. Bien qu’appartenant à la même race et ayant une langue commune, les tribus indigènes des Guarini n’avaient que peu de contact les uns avec les autres, complice également cette nature dangereuse et impériale qui délimitait l’espace vital de chacune d’elles. Malgré cette « étrangeté » ils étaient néanmoins unis par cet amour de la musique ; tambours, grelots, flûtes de différents types (de bois, de bambou, de peau de citrouille, d’os et coquille de tatou ou de tortue) représentaient pour eux une réelle panacée à leur rude vie dans les forêts et très grande fut la joie de ces hommes à l’écoute de ces sons produits d’hommes blancs venus de la mer, vêtus d’habits noirs avec une croix sur le torse. Le luth et le hautbois, enchantèrent leur cœur, dès les premiers contacts avec les missionnaires, bien plus que ces étranges discours, tentés péniblement, sur un Dieu étrange, mort crucifié. Les premiers contacts avec les missionnaires étaient de cet ordre, ces derniers firent des concerts de part et d’autre du fleuve et leur expliquaient ensuite ce qu’ils venaient de chanter. Précédé de Louis Berger et de Jean Vaisseau, Antonio Sepp arriva dans les Reducciones en 1691 ; il y trouva déjà quelques écoles polyphoniques espagnoles mais il y porta le style moderne de l’époque, le Baroque Musical.
Antonio Sepp von Seppenburg de Salegg naquit à Caldaro-Kaltern (Bolzano-Bozen) le 22 novembre 1655, de Johann Baptist Sepp et de Eva Leis von Leimburg ( = Laimburg ), fils d’une Italie encore loin de sa naissance. Sujet autrichien, Antonio Sepp (ce nom est celui avec lequel sa famille se faisait communément appelé) était choisi pour sa belle voix ; il chanta dans le chœur des Pueri Cantores de la cour impériale de Vienne, où dans ces années triomphait la musique italienne. Dans ce qui était alors un centre musical de première catégorie, Antonio étudia la musique arrivant à la maîtrise absolue d’instruments variés, mais à l’âge de 19ans, il décida d’abandonner sa promettante carrière pour devenir jésuite. Retiré en méditation, il continua méticuleusement à étudier et se spécialisa pour le style moderne de l’époque ; la composition de morceaux exclusivement instrumentaux et indépendants des exigences du chœur. Désigné en 1689 pour partir en mission au Paraguay, il se mit en route pour Buenos Aires sur le bateau « Almiranta », il y entraîna les passagers à jouer de la musique pour les principales fêtes liturgiques durant la traversée de l’Atlantique. Il portait, avec lui, une charge importante de la Compagnie de Jésus, des instruments musicaux, parmi lesquels un orgue destiné à Buenos Aires. Arrivé à destination, (Reduccion de los Santos Reyes de Yapeyù qui comptait 3000 Indiens musiciens parmi les trente villages qui la formait) le jésuite italien, laissa littéralement stupéfaits ses confrères espagnols quand il se mit à construire un orgue à pédale ( il ne s’était jamais vu jouer jusqu’alors avec les pieds). Pour cet extraordinaire instrument, n’ayant pas suffisamment d’étain, il utilisa entre autre du bois poli pour les cannes supérieurs et l’exceptionnel rendu musical de l’orgue lui valut la charge de constructeur officiel pour les missions des Guarini. « Ces Indiens paraguayens sont, de nature, comme nés pour la musique, de façon à ce qu’ils apprennent à jouer de tous les types d’instruments avec une surprenante facilité et dextérité et ceci en peu de temps ». En peu de parole le jésuite décrivit, dans une lettre, le talent naturel de ces indigènes, fournissant également les noms de ses meilleurs élèves (Ignacio Paica et Gabriel Quirì devinrent de grands constructeurs et exécuteurs d’instruments musicaux).
Père Antonio inventa entre autre la harpe à corde double (qui s’étendit bientôt sur tout le territoire) construisant l’ancêtre direct de l’instrument national de ces terres ; la harpe paraguayenne. Parmi les morceaux composés par Sepp, il y avait des extraits destinés à entrer dans l’histoire de la musique américaine ; il composa un rituel de la Passion en langue Guarani et des partitions pour les fêtes de Noël, Pâques et Pentecôte. Il dédia toute sa vie à ces chers élèves et il n’abandonna jamais plus les terres du Paraguay, contribuant a réaliser une partie du projet missionnaire grandiose des Riduzioni.
Le citoyen tyrolien créa, dans chaque Reducciones une école de chant pour chorale, de musique et de danse, enseignant presque tous les types d’instrument, parmi eux ceux des églises. Il enseigna à ses disciples et sélectionna une centaine de chants qui furent mis en concert dans les villes argentines, brésiliennes et uruguayennes. Il resta plus de quarante ans dans les forêts sauvages de l’Amérique du Sud et passa le relais à l’autre grand représentant de la musique missionnaire : Domenico Zipoli. Le missionnaire tyrolien mourut le 13 janvier 1733, dans la mission de S. Josè. Il vécut 77 ans, dont quarante passées dans les forêts amazoniennes, parmi ses chers indigènes. L’immense entreprise musicale missionnaire de la Compagnie de Jésus, dans laquelle la musique trouva une importance si décisive, résista encore un demi-siècle et se termina avec l’expulsion des jésuites, sur ordre du roi Charles III d’Espagne, de tout son territoire en 1767. Incendies et saccages représentèrent le triste prologue de cette grande aventure sociale et politique, marquant la fin de ce paradis perdu. Statues de pierre et de bois, instruments musicaux parfaits et ornements liturgiques : tout fut saisi et se trouve aujourd’hui dispersé dans des musées ou maisons privées qui cherchaient à recueillir ces précieuses reliques. Tout cependant n’a pas été perdu. Aujourd’hui, dans la zone de Chiquitos en Bolivie, les indigènes organisèrent à nouveau des cérémonies et des chants du passé les représentant avec très grande fidélité. Les paraguayens, surtout les paysans, conservaient le goût pour la musique, plus particulièrement pour la guitare et pour la harpe « missionnaire », et conservait la religiosité populaire, qui naquit et se développa avec magie des premiers instruments construits d’Antonio Sepp, un tyrolien prêté au mythe des Reducciones.


[Text auf Deutsch - die Bilder sind oben]
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Antonio Sepp – Der Kunsttischler von Paraguay

Antonio Sepp, der legendäre Missionar der, vor 300 Jahren im südamerikanischen Wald stellte den Guarani Indern die musikalischen Instrumente vor. Er war Sohn von Johann Baptisten Sepp von Seppenburg und Eva Leis von Laimburg. Der Guarani' des Amazonas gefiehlen bestimmt die Musik , und diese Kunst wurde von diesen einfachen Bewohnern von Amerika als wahrer und eigener musikalischer Klang betrachtet, als Männer mit sehr schöner Stimme kamen. Die Indios liebten die Musik, und sie war immer im einheimischen täglichen Leben anwesend: in den politischen Zeremonien und im Krieg, bei den religiösen Festen. Das musikalische Gehör der Einheimischen war bestimmt entwickelt und wurde in den Jahrhunderten durch den aufmerksamen Zuhören von Vögeln, vom Sprudeln von den Wassern, von der Explosion des Windes ausgebildet. Die Guarani liebten klangvolle Botschaften und Musik insbesondere; als sie Kontakt mit den Klängen der Missionare nahmen, wurden sie wörtlich fasziniert und von den musikalischen Instrumenten von den Europäern gespannt. Obwohl sie an einer einzige Sippe gehörten, und eine gemeinsame Sprache hatten, hielten die Guarani sehr wenig Kontakt untereinander, wahrschelinlich wegen der anmaßenden und gefährlichen Natur, die ihren Raum definierte. Trotzdem verbundete wurde sie die Liebe zur Musik : Trommeln, Rasseln, Flöten mehrerer Arten (hölzern, Bambus, leere Kürbise, Knochen und Gürteltierund Schildkröte-Muschel); das war für ihnen ein reines Allheilmittel zum harten Leben im Wald; deshalb groß war das Wunder vor den Klängen aus den komischen Instrumenten von den weißen Männer, mit den schwarzen Kleidern und einem Kreuz auf der Brust. Die Mandoline, die Oboe stürzten ihnen ins Herz schon bei den ersten Kontakten mit den Missionaren, mehr als jene seltsamen Reden über einem seltsamen gekreuzigten und toten Gott. Diese waren die ersten Kontakte mit den Missionaren, die Konzerte am Ufer von den Flüssen ausführten, und danach erklärten, was sie gesungen hatten. Nach Louis Berger und von Jean Vaisseau kam 1691 Antonio Sepp in die Reducciones an, und fand schon einige spanische Schulen von Mehrstimmigkeit, und lehrte ihnen den modernen Stil von der Zeit, d.h. der musikalische Barock. Antonio Sepp von Salegg wurde in Kaltern (Bozen) 22.11.1965 von Johann Baptist Sepp und Eva Leis von Leimburg (= Laimburg), in der Zeit wo Italien nicht im heutigen Sinne zu erleben war. Österreichischer Bürger wurde Antonio Sepp (dieser ist der Name mit dem seiner Familie üblich gerufen wurde) von seiner schönen Stimme gewählt, und sang im Chor vom Pueri Cantores im kaiserlichen Hof von Wien, wo in jenen Jahren die italienische Musik triumphierte. Im Zentrum der musikalischen Kunst lebte Antonio, der Musik und mehrere Instrumente studierten; als 19 Jähriger entschied er sich die prometente Karriere zu verlassen, und wurde Jesuit. Er kam lange zur Meditation, studierte sorgfältig und spezialisierete sich auf den modernen Stil der Zeit: die Zusammenstellung von ausschließlich von den Forderungen des Chores unabhängigen Stücken war seine meiste Beschäftigung. 1689 fuhr er nach Buenos Aires auf dem Schiff " Almiranta " zu den Missionen im alten Paraguay, und ermutigte die Fahrgäste vom Schiff während der Reise auf Atlantik mit seiner Musik von den wichtigsten liturgischen Festen. Er hatte viele Instrumente dabei, die der Jesuiten gehörten, darunter eine Orgel zu Buenos Aires. Als er zum Ziel kam (Reduccion de los Santos Reyes de Yapeyù, der 3000 indische Musiker unter den dreißig Dörfern zählte), waren seine spanische Jesuiten wörtlich erstaunt, als er anfing, eine Orgel mit Pedalen zu bauen (man sah niemanden vorher ein Instrument mit den Füßen zu spielen). Für dieses außerordentliche Instrument, denn er hatte nicht genug Zinn dabei, benutzte er verfeinertes Holz für die größten Orgelpfeifen. Er bekam die offizielle Verantwortung von Hersteller für die Missionen von Guarani' dank der außergewöhnlichen musikalischen Wiedergabe der Orgel. " Diese paraguayischen Inder sind von der Natur für Musik geschaffen, so daß sie, wie alles Instrument zu spielen ist, in sehr wenig Zeit mit einer überraschenden Leichtigkeit und einer Geschicklichkeit lernten". Mit wenigen Wörtern beschrieb der Jesuit in einem Brief, wie viele angeborene Talent in den Einheimischen seiner Missionen gab und schrieb auch die Namen seiner besten Studenten (Ignacio Palaica und Gabriel Quirí wurden große Hersteller und Spieler musikalischer Instrumente). Pfarrer Antonio erfand die Harfe mit Doppelgänger unter anderen Sachen (das sehr schnell im ganzen Gebiet berühmt wurde), was das direkte Vorfahren vom nationalen Instrument dieser Länder: der Harfe-paraguayana ist. Unter den zusammengesetzten Musikfragmenten gab Sepp viele Stücke heraus, die der Geschichte der amerikanischen Musik gehörten: ein Ritual der Leidenschaft in Guarani Sprache und Spielergebnissen für Weihnachten, Ostern und Pfingsten. Er weihte sein ganzes Leben zu ihren geehrten Studenten und verließ nie die Länder von Paraguay; er fuhrte einen grossen Teil von diesem grandiosen Missionar-Projekt der Reducciones aus. Der Tyrolese Bürger schuf eine Schule für Lied und Korale, Musik und Tanz in jeder Reducciones und unterrichtete in fast allen Instrumenten, unter jenen, der die Ausführung in der Kirche berücksichtigt werden. Er unterrichtete ihren Guarani' und suchte Hunderte von Liedern aus, die in Konzerten in Argentinean, brasilianischen Städten und Uruguayanern gesungen und abgespielt wurden. Er blieb mehr als vierzig Jahre im wilden Wald von Südamerika und überließ den Platz einem anderen großen Vertreter der missionarischen Musik: Doménico Zipoli. Der Tyrolese Missionar starb 13.01.1733, in San José 's Mission. Er wurde 77, mehr als vierzig Jahre lebte er im amazon-Wald, unter seinen geehrten Einheimischen. Die riesige missionäre-rmusikalischer Gesellschaft von den Jesuiten, wo die Musik so eine wichtige Rolle spielte, beendete im Jahre 1767 mit der Ausweisung von Jesuiten im Namen vom König Carlos III von Spanien aus allen seinen Ländern. Feuer und Ausplünderungen bestimmten das traurige Ende dieses großen gesellschaftlichen und politischen Abenteuers. Steinigen und hölzerne Statuen, perfekte musikalische Instrumente und liturgische Verziehrungen: alles wurde gestohlen, und heute ist das ganze in Museen oder privaten Häusern verstreut, als Versuch diese schönen Überbleibsel zu sammeln. Nicht alles wurde verloren. Im Gebiet von Chiquitos in Bolivien üben die Einheimischen Zeremonien und Lieder der Vergangenheit mit großer Treue wieder. Die Paraguayer, insbesondere die Bauern, erhalten das Vergnügen für die Musik, insbesondere für die Gitarre und die missionarische Harfe; das erhält das populäre Frömmlertum, das ertragen wurde und sich dank der Magie jener der ersten Instrumenten entwickelte, die von Antonio Sepp, ein geborene Tyrolese im Mythos der Reducciones, geschaffen wurden.


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Antonio Sepp - The Carpenter of Paraguay

Antonio Sepp, the legendary missionary of 300 years ago, introduced musical in-struments to the Guaraní Indians in the South American forests. He was the son of Johann Baptist Sepp von Seppenburg and Eva Leis von Laimburg.

THE GUARANÍ of the Amazon certainly loved music, and the oratorical arts were considered by these simple inhabitants of the Americas a true and proper musical sound when it was practiced by men of the greatest intonation. The indians loved music and it was always pre-sent in the everyday life of the indigenous people: from political or war ceremonies to religious celebrations. The musical ear of the natives was sharpened and educated over the centuries through attentive listening to birdsong, the gurgle of water, and the gusts of the wind, opening the people up to the thousands of mixed sounds and silences of long nights. The Guarani loved the message of sound in general and musical sounds in particular, and when they had contact with the sounds of the missionaries, they remained fascinated and enchanted with the musical instruments of the Europeans. Though they belonged to the same race and shared a common language, the indigenous tribes of the Guaraní had little contact among them-selves-and for this nature itself was also complicit, as its imperious and dangerous character delimited the space of Guaraní life. Despite this lack of interaction these tribes were united by their love for music: tambourines, bells, and various types of flutes (wooden, bamboo, hollow pumpkins, bones, and armadillo and turtle shells) represented for them a true panacea for the hard life of the forest, and great was their wonder at hearing the sounds produced by those white men come from the sea, with their black clothing and a cross on their chest. In the very first contact of the Guaraní with the missionaries, the lute and the oboe delighted their hearts more than the foreigners' strange and laborious discourses on a strange God, dead on the crucifix. These were the first contacts with the missionaries, who held concerts on the banks of the rivers and then explained to the natives the significance of what they had sung. Pre-ceded by Louis Berger and Jean Vaisseau, Antonio Sepp arrived in 1691 in the Reductions (Spanish settlements intended to assimilate the natives into European culture), finding there already some schools of Spanish polyphony and brought the modern style of the era, which was musical baroque.
Antonio Sepp von Seppenburg from Salegg was born in Caldaro-Kaltern (Bolzano-Bozen) on November 22, 1655, to Johann Baptist Sepp and Eva Leis von Leimburg (or Laimburg). He was the son of an Italy still far from its own birth. An Austrian subject, Antonio Sepp (the name by which the family was commonly called) was selected for his beautiful voice to sing in the Choir of the Pueri Cantores of the Imperial Court of Vienna, where in those years Italian music triumphed. While there, at the time a musical center of the highest quality, Antonio stud-ied music to the point of achieving absolute mastery of various instruments. But at the age of 19 he decided to leave this promising career to become a Jesuit. Withdrawing to meditation, he continued meticulously to study and to specialize in the "modern style" of the epoch: the composition of pieces that were exclusively instrumental and thus independent of the need for a choir. Destined in 1689 for the missions of ancient Paraguay, Antonio set sail for Buenos Aires on the ship "Almiranta," and he pleased passengers by playing music for the principal religious festivals that took place during the crossing of the Atlantic. He brought with him some important cargo from the Order of the Jesuits, that is, musical instruments, among which was an organ destined for Buenos Aires. Once arrived at his destination (the Reducción de los Santos Reyes de Yapeyù, which counted 3,000 native musicians among the thirty villages that formed it) the Italian Jesuit he left his Spanish religious brothers stunned when he set himself to the construction of a pedal organ (playing with one's feet had never been seen before). For this extraordinary instrument, not having sufficient tin, Antonio used, among other things, pol-ished wood for the main pipes, and the exceptional musical rendering of the organ earned him the official assignment of builder for the missions of the Guaraní. "These Paraguayan natives are, by nature, created for music, such that they apprehend the technique of playing all types of instruments with surprising ease and skill, and this in a very short time"-in few words the Jesuit described in a letter the amount of natural talent there was in the indigenous peoples of his missions, providing even the names of his best pupils (Ignacio Paica and Gabriel Guirí would become great constructors and artists of musical instruments). Father Antonio also in-vented the double-stringed harp (which spread quickly throughout the territory), constructing thereby the direct predecessor of the national instrument of these lands: the Paraguayan harp. Among the pieces composed by Sepp were some destined to enter into the history of Ameri-can music: he composed a ritual of the Passion in the language of the Guaraní and scores for the festivals of Christmas, Easter and the Pentecost. He dedicated all of his life to his adored pupils and never abandoned the land of Paraguay, contributing to the realization of part of the grandiose missionary project of the Reductions. The Tyrol citizen created in every Reduction a school of choral song, music and dance, and taught nearly every type of instrument, among those permitted to be played in church. He taught the Guaraní and selected hundreds of sing-ers that were sent to perform concerts in Argentinian, Brazilian, and Uruguayan cities. He re-mained more than forty years in the savage forests of South America before passing the torch to the other great exponent of missionary music: Domenico Zipoli. The Tyrolese missionary died on January 13, 1733, in the mission of San José. He lived 77 years, over forty of which he passed in the forests of the Amazon among the indigenous peoples he loved. The im-mense missionary undertaking of the Jesuits, in which music found decisive importance, held on another half-century until 1767, when King Charles III of Spain drove the Jesuits from his territories. Arson fires and sackings represented the sad prologue to this great social and po-litical adventure, causing the end of this lost paradise. Statues of stone and of wood, perfect musical instruments and liturgical ornaments: all were plundered and today one finds these objects dispersed in museums or private houses that seek to collect these precious reliquar-ies. Not all was lost, however. Today, in the zone of Chiquitos in Boliva, the indigenous once more carry out ceremonies and songs of the past, representing them with great faithfulness. The Paraguayans, above all the farmers, maintain their taste for music, particularly for the gui-tar and "missionary harp," and maintain also their popular religion, which was born and devel-oped with the magic of those first instruments constructed by Antonio Sepp, a Tyrolese mis-sionary given over to the myth of the Reductions.

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