Presentazione
Chi vuole leggere qualcosa che riguarda i gesuiti lo fa spesso
con una certa prevenzione: o è favorevole ai gesuiti, per
averne conosciuto qualcuno o per averne sentito parlare con
ammirazione, o è ad essi contrario per quello che ha sentito
dire su di loro o per quello che ha imparato dalla storia
studiata a scuola. È poi diffusa l'idea che i gesuiti siano
persone, certo colte e intelligenti, ma anche scaltre, doppie
e ipocrite. Chi si appresta a leggere questa breve informazione
sulla storia dei gesuiti possibilmente dovrebbe mettere da
parte tali "prevenzioni" e leggere il testo con spirito "aperto"
e sereno, perché si cercherà di dire con obiettività le cose
- belle e meno belle - riguardanti i gesuiti di ieri e di
oggi.
Anzitutto, chi sono i gesuiti? Sono "religiosi", cioè persone
consacrate con voti all'amore e al servizio di Dio, della
Chiesa e degli uomini. Soltanto che, oltre ai tre voti di
povertà, castità e obbedienza comuni a tutti i religiosi,
i gesuiti "professi" fanno un quarto voto di speciale obbedienza
al Papa, il quale in forza di tale voto può mandarli in ogni
parte del mondo e affidare loro qualsiasi "missione" egli
ritenga necessaria o utile per il bene della Chiesa. In quanto
religiosi, i gesuiti fanno parte di un particolare Ordine
religioso, che si chiama la "Compagnia di Gesù" (in latino,
Societas Iesu; in sigla "S.I." Quando la traduzione
ufficiale latina del Vangelo utilizzava la lettera "J" per
il nome di Gesù, Jesus, la sigla dei Gesuiti era "S.J.").
È importante notare che il termine "Compagnia" non ha un significato
militare (come alcuni pensano, parlando dei gesuiti come dei
"soldati del Papa"), ma significa soltanto un gruppo di persone
che stanno insieme per il raggiungimento di uno scopo. Invece,
nell'espressione "Compagnia di Gesù" il termine significativo
è "di Gesù": esso vuol dire, infatti, che i gesuiti fanno
di Gesù il centro e lo scopo della loro vita, vogliono essere
"compagni di Gesù", cercando in ogni modo di imitarlo nella
sua vita e nella sua morte; vogliono lavorare con Lui nella
vita apostolica e vogliono servirlo nella sua Chiesa con la
maggiore dedizione possibile, a costo di ogni sacrificio,
fino a quello della vita. Questo è il nucleo essenziale della
spiritualità dei gesuiti, che essi attingono anche dagli Esercizi Spirituali di sant'Ignazio di Loyola, loro fondatore, ed è la spiegazione
ultima di quanto c'è di grande e di eroico nella loro storia.
Certamente in questa storia non tutto è grande ed eroico.
Ci sono deficienze, miserie, infedeltà al Vangelo, come in
ogni gruppo di uomini, segnati dai peccati dell'orgoglio,
dell'ambizione, dalla ricerca dei propri interessi umani e
mondani. Ma quello che stupisce chi ripercorre anche frettolosamente
la storia della Compagnia di Gesù è che in essa è fiorita
in modo eccezionale la santità cristiana: sono oltre 50 i
gesuiti che la Chiesa ha proclamati "santi"
e oltre 150 quelli proclamati "beati".
La maggior parte di essi hanno sofferto il martirio per la
fede. A questi santi e beati va aggiunta una moltitudine immensa
di gesuiti che, in ogni parte del mondo, hanno sofferto il
martirio o hanno vissuto santamente secondo il Vangelo.
La fondazione della Compagnia di Gesù
La Compagnia di Gesù ha oggi oltre 450 anni. Essa è nata,
infatti, nel 1539, quando un gruppo di "maestri in arti",
che avevano conseguito il baccellierato in filosofia e in
teologia alla Sorbona di Parigi, si riunirono a Roma e decisero
di costituire un Ordine religioso. A Parigi essi avevano fatto
gli Esercizi Spirituali sotto la guida di Ignazio di Loyola,
erano divenuti "amici nel Signore" e avevano fatto voto di
recarsi in Terrasanta a "aiutare le anime". Non essendo riusciti
a partire per la Terrasanta a causa della guerra tra veneziani
e turchi, avevano deciso di andare a Roma e di offrirsi al
Papa per essere inviati in missione dovunque Egli avesse voluto.
La decisione di fondare un nuovo Ordine religioso fu presa
il 24 giugno 1539. Ignazio di Loyola, riconosciuto come il capo
del piccolo gruppo, a nome dei suoi amici presentò al Papa
Paolo III un breve schema in cinque punti che delineava l'istituzione
che si voleva fondare, chiamato in seguito Formula
Instituti.
Il 27 settembre 1540 il Papa la approvò con la Bolla Regimini
militantis Ecclesiae. Nasceva, così, un nuovo Ordine religioso,
con alcune particolarità rispetto a quelli allora esistenti:
si sarebbe chiamato (ciò che apparve a molti un atto di superbia
e di presunzione!) "Compagnia di Gesù"; il suo superiore generale
sarebbe stato eletto non per un certo tempo, ma a vita; i
membri della Compagnia non sarebbero stati obbligati alla
recita corale dell'Ufficio divino né a pubbliche penitenze;
sarebbero stati, infine, legati al Papa da uno speciale voto
di obbedienza. La Compagnia di Gesù non avrebbe dovuto occuparsi
di un'opera particolare: per esempio, dei malati o dell'istruzione
cristiana dei bambini, ma avrebbe avuto come scopo "precipuo"
quello di "occuparsi del progresso delle anime nella vita
e nella dottrina cristiana e della difesa e propagazione della
fede", mediante la predicazione della Parola di Dio, gli Esercizi
Spirituali, le opere di carità, l'insegnamento della verità
cristiana ai fanciulli e ai rozzi, l'ascolto delle confessioni.
Era un programma assai vasto, che avrebbe potuto avere applicazioni
molteplici e diverse, secondo questi criteri: compiere tutto
in assoluta gratuità, senza ricevere stipendio alcuno per
il lavoro apostolico svolto; non chiedere né ricevere dal
Papa nessun aiuto materiale per il compimento della missione
da lui ricevuta; nella scelta delle opere, la regola da seguire
è il maggior servizio di Dio e il bene universale, preferendo
lavorare là dove è maggiore il bisogno, dove altri non lavorano,
dove il lavoro apostolico è più difficile e più pericoloso,
dove c'è speranza di maggiore frutto spirituale e dove ci
sono persone o categorie di persone che hanno molto influsso
sugli altri, perché - è questa la grande massima di sant'Ignazio
di Loyola - "il bene quanto più è universale, tanto più è
divino" (Costituzioni della Compagnia di Gesù, Parte VII,
n. 622).
Il programma dei gesuiti
Come la Compagnia di Gesù ha concretamente realizzato questo
programma nella sua lunga e complessa storia? Per comprenderlo,
bisogna rilevare che la Compagnia fin dalla sua nascita ha
cercato di rispondere, pur nell'esiguità delle sue forze,
ai bisogni "nuovi" della Chiesa nel secolo XVI. Quali erano
questi "nuovi" bisogni? Nel 1492 Cristoforo Colombo arrivò
in l'America. Nel 1498 Vasco de Gama, circumnavigando l'Africa,
approdò in India. Nel 1500 Pedro Alvares Cabral toccò le coste
del Brasile e ne prese possesso a nome del Re del Portogallo.
Nel 1511 Hernan Cortes si impossessò di Cuba e in pochi anni
conquistò il Messico. In tal modo nuovi popoli si aprivano
all'evangelizzazione: nacquero così le prime missioni dei
francescani, dei domenicani e degli agostiniani.
Nello stesso periodo aveva inizio la Riforma di Lutero (1517)
in Germania, di Zwingli (1518) in Svizzera e di Calvino (1536)
a Basilea e a Ginevra, e lo scisma di Enrico VIII in Inghilterra
(1534). In tal modo, il Centro e il Nord dell'Europa correvano
il pericolo di staccarsi dalla Chiesa cattolica e di dare
origine a Chiese e Comunità protestanti, in rottura con la
Chiesa di Roma. Infine, nei Paesi latini, da una parte c'erano
corruzione e rilassamento del clero e grande ignoranza religiosa
nel popolo cristiano; dall'altra, l'Umanesimo e il Rinascimento
avevano creato un clima culturale d'ispirazione pagana, non
favorevole alla fede.
Perciò, questi erano i bisogni più urgenti alla metà del Cinquecento,
quando nacque la Compagnia: l'attività missionaria di evangelizzazione
dei popoli dei Paesi recentemente scoperti; la lotta alla
diffusione dell'eresia luterana e calvinista per impedire
la protestantizzazione del Centro e del Nord dell'Europa;
il miglioramento morale e culturale del clero e la diffusione
di una cultura cristianamente ispirata, mediante la creazione
di scuole per l'educazione cristiana dei giovani nei Paesi
latini e nel resto dell'Europa.
Questi bisogni della Chiesa costituiscono
gli obiettivi essenziali della Compagnia non solo all'inizio
della sua esistenza, ma per tutto l'arco della sua storia.
Si deve però sottolineare che sant'Ignazio, eletto nel 1541
superiore generale e incaricato di redigere le Costituzioni
del nuovo Ordine religioso, avvertì subito quanto fossero
difficili i compiti che la Compagnia aveva davanti a sé; essi
richiedevano persone formate, attraverso dure prove, alla
preghiera, alla rinuncia a se stessi, alla povertà e all'obbedienza
più rigorose; richiedevano, inoltre, persone di elevata cultura,
in campo sia filosofico-teologico, sia letterario. Per tali
motivi stabilì che i giovani gesuiti avessero una formazione
spirituale e culturale lunga e rigorosa.
I gesuiti "missionari"
La Compagnia di Gesù è sempre stata ed è ancora oggi un Ordine
religioso "missionario". Lo storico deve obiettivamente constatare
che la Compagnia ha onorato questo suo carattere, perché la
sua opera missionaria, pur con limiti e difetti, costituisce
una straordinaria epopea, che ha visto i gesuiti impegnati
nel lavoro missionario in tutte le parti del mondo, affrontando
situazioni difficili e che noi oggi facciamo fatica a credere.
Basti pensare alle missioni nell'Alaska, nel Canada francese
del Seicento, alle missioni nel Perù, nel Brasile (che deve
a un gesuita, il padre G. Anchieta, la fondazione della città
di San Paolo), nell'Africa Centrale, nell'India, nelle Filippine,
in Cina con Matteo Ricci e, soprattutto, nel Giappone: fu
in questo Paese - particolarmente caro ai gesuiti, perché
il primo missionario che vi aveva portato il Vangelo era stato
nel 1549 san Francesco Saverio, uno primi compagni di Ignazio di Loyola - che nacque e si sviluppò
una fiorente cristianità, la quale nel 1593 contava più di
100.000 cristiani; ma fu anche in questo Paese che i gesuiti
subirono la più tremenda e prolungata persecuzione della loro
storia, poiché vi furono uccisi dal 1598 al 1632 moltissimi
gesuiti tra i più atroci tormenti. Eppure nel 1614 ben 70
giovani gesuiti che studiavano nel collegio di Coimbra (Portogallo)
si offrirono al Padre Generale per essere inviati in Giappone.
A questo proposito si può ricordare che tra i giovani studenti
gesuiti europei ci fu una gara per chiedere al Generale, residente
a Roma, di essere inviati nelle "Indie" (termine, questo,
che a quel tempo significava tutta l'Asia). Questi giovani
furono chiamati Indípetae (cioè aspiranti ad essere inviati
come missionari in India, in Cina, in Giappone e negli altri
Paesi asiatici). È commovente leggere oggi le loro lettere,
conservate a Roma, sapendo che l'andare nelle "Indie" comportava
anzitutto un viaggio lunghissimo, che durava più o meno da
sei mesi a un anno, durante il quale molti morivano per malattie
o per naufragio, e poi che i sopravvissuti, giunti nei luoghi
di destinazione, avrebbero trovato condizioni di vita e di
lavoro apostolico assai dure e difficili, con la prospettiva
sempre incombente del martirio. Che tutto ciò non fosse soltanto
una lontana possibilità, ma una realtà drammatica lo prova
quanto avvenne nel 1570 al padre Ignazio de Azevedo: giunto
dal Brasile per reclutare giovani per l'evangelizzazione dell'immenso
continente brasiliano, riuscì a salpare da Lisbona con 74
giovani gesuiti. Il convoglio di tre navi portoghesi sulle
quali viaggiavano fu sorpreso e attaccato dai corsari ugonotti,
i quali uccisero e buttarono in mare il padre de Azevedo e
39 giovani missionari.
L'epopea
missionaria della Compagnia di Gesù fu iniziata il 7 aprile
1541 da san Francesco Saverio: partito da Lisbona con la
qualifica di nunzio apostolico, dopo avere circumnavigato
l'Africa, raggiunse Goa, in India nel 1542, dopo 13 mesi di
navigazione, e per due anni lavorò infaticabilmente per la
conversione degli indiani della Pescheria; nel 1544 si spinse
nella penisola di Malacca, di là raggiunse le Molucche (l'attuale
Indonesia) e poi nel 1549 approdò nel Giappone, dove rimase
oltre due anni. Nel 1552 volle partire per la Cina per aprire
al Vangelo l'"impero di mezzo", ma morì il 3 dicembre 1552
alle porte della Cina, nell'isola di Sancian. Con le sue lettere
inviate dall'Oriente egli creò tra i giovani gesuiti dell'Europa
un incredibile entusiasmo per le missioni in Asia. Per oltre
due secoli un gran numero di gesuiti si sparse per tutti i
Paesi del continente asiatico: ricordiamo soltanto i nomi
di Alessandro Valignano, Roberto de' Nobili, Rodolfo Acquaviva, Matteo Ricci, Alessandro de Rhodes, Adamo Schall,
Ferdinando Verbiest, Costanzo Beschi.
Se ora dall'Asia passiamo all'America, rileviamo che lo stesso
ardore missionario spinse i gesuiti a evangelizzare quasi
tutti i Paesi di quel continente, cominciando dal Brasile
col padre Emmanuele Nobrega nel 1549, per giungere nella Florida
(1566), passando per il Perù (1568), il Messico (1572), il
Tucumàn (1586), il Paraguay (1588), il Cile (1592), l'Ecuador
(1592).
L'opera più nota dei gesuiti nell'America Latina fu
la costituzione delle "Riduzioni" (Reducciones), le quali consistevano
nel raccogliere gli indigeni, in particolare i guaraní (abitanti
nelle foreste come nomadi) in villaggi nei quali i gesuiti
insegnavano loro sia le verità della fede cristiana, sia le
norme di una vita più civile, sia la coltivazione di piante
più produttive. Erano perciò centri di civilizzazione e anche
di difesa contro le razzie dei coloni spagnoli e portoghesi.
Le Reducciones si svilupparono in tale maniera da suscitare
l'invidia e la sordida cupidigia dei coloni e poi delle autorità
politiche spagnole e portoghesi, tanto da essere una delle
cause della soppressione della Compagnia di Gesù, avvenuta
nel 1773, con l'accusa che i gesuiti avevano formato una specie
di regno nel Paraguay, nemico dei regni della Spagna e del
Portogallo, e dalle Reducciones avevano ricavato grandi
ricchezze, sfruttando i fedeli sudditi dei Re cattolici. In
realtà, i gesuiti erano colpevoli soltanto di aver portato
la fede e la civiltà a tribù poverissime e sfruttate e di
averle difese dalla crudeltà dei coloni europei, talvolta
anche con l'uso delle armi.
Un'altra opera straordinaria fu realizzata in aiuto agli schiavi
che dall'Africa venivano portati a Cartagena (Colombia): essi,
che giungevano in America Latina in condizione spaventose,
venivano accolti e curati da san Pietro Claver e da alcuni suoi compagni gesuiti.
È anche vero che, come tutti, altre case di gesuiti avevano
i loro schiavi. Nell'America del Nord, i gesuiti furono i
primi missionari nel Canada, dove dovettero lavorare in condizioni
di vita umanamente insopportabili e dove parecchi di loro
furono uccisi a causa della fede: tra di essi splende la figura
di san Jean de Brébeuf, mistico e grande missionario
(† 1546). Le missioni dei gesuiti in Africa furono meno fortunate;
ma molti Paesi africani, come l'Angola, la Guinea, l'Egitto,
il Congo, furono toccati dall'azione missionaria della Compagnia
di Gesù. Va ricordato in particolare l'impegno speso per la
missione in Abissinia dove, dopo i primi successi all'inizio
del Seicento, si registrò un fallimento per gli errori di
qualche missionario.
I gesuiti nel campo della cultura
Un campo privilegiato dell'azione dei gesuiti fin
dagli inizi fu l'opposizione alla Riforma. La lotta fu combattuta,
anzitutto sul piano teologico: nel 1545-46 i gesuiti Jay,
Laínez e Salmerón, per volontà del Papa Paolo III, parteciparono
al Concilio di Trento; poi fu la volta di Pietro Canisio (1547), il quale in seguito fu
la figura più straordinaria nel far fronte alla diffusione
in Germania e in Olanda (sua patria) delle dottrine luterane
e calviniste, sia con la stesura di Catechismi per il popolo,
sia con lo scrivere opere apologetiche in difesa della fede,
sia con l'istituzione di collegi, per lo studio tanto della
teologia quanto delle lettere, a Ingolstadt, Vienna, Praga,
Monaco e in altre città, sia col fungere da nunzio apostolico
ad Augusta. Ma il più noto controversista gesuita nelle dispute
teologiche con i protestanti fu il card. Roberto Bellarmino, che dapprima insegnò a Lovanio
e poi a Roma, dove divenne cardinale ed ebbe a che fare con
Giordano Bruno e con Galileo Galilei, a cui evitò la condanna
più grave, che gli fu inflitta dopo la morte del gesuita (1621).
Nella guerra dei Trent'anni (1618-48) i gesuiti servirono
come cappellani delle armate cattoliche al comando di von
Tilly e di Piccolomini, già alunni dei gesuiti. Furono molti
poi i gesuiti in ogni parte d'Europa che morirono di peste,
per aver aiutato e confortato spiritualmente gli appestati.
Un settore nel quale fu molto intenso l'impegno della Compagnia
di Gesù fu quello della cultura, a difesa e propagazione della
fede cattolica. Anzitutto, nel campo della filosofia, della
teologia dogmatica e morale, dell'esegesi biblica, della patristica.
Va ricordata la lotta contro il giansenismo e il favore mostrato
dai gesuiti a una pastorale moderata, non rigorista, incline
alla comunione frequente, alla devozione al S. Cuore: qua
e là qualche moralista gesuita (attaccato da Pascal) eccede
verso un certa indulgenza, ma in sostanza la maggior parte
dei moralisti gesuiti mantiene l'equilibrio e costituisce
un solido fronte contro il rigorismo giansenista.
Tra i grandi teologi gesuiti ricordiamo F. Suárez, L. de Molina,
D. Petau, oltre a P. Canisio e R. Bellarmino, questi due ultimi proclamati dottori
della Chiesa, L. Leys (Lessio),
J. de Lugo. Nel campo delle scienze si distinsero C. Clavius,
amico di Galilei, e A. Kircher. Nel campo delle lettere, Daniello
Bartoli in Italia e F. Spee von Langenfeld, uno dei migliori
poeti nella Germania barocca, noto anche per aver denunciato
e condannato la caccia alle streghe nella sua opera Cautio
criminalis.
Ma l'opera più nota dei gesuiti fu la creazione di collegi
per l'educazione cristiana dei giovani in tutte le città,
piccole e grandi, dell'Europa. Fu lo stesso sant'Ignazio ad
aprire la strada a quest'opera apostolica, che non era prevista
nel primitivo disegno della Compagnia, fondando nel 1548 un
collegio a Messina e nel 1551 la prima scuola gratuita a Roma:
scuola che divenne il famoso Collegio Romano. In tal modo, la massima parte
della gioventù europea fu educata nei collegi dei gesuiti:
ne furono alunni, in Francia, Cartesio e Voltaire e, in Italia,
G. B. Vico. Il metodo d'insegnamento si ispirava a quello
in uso alla Sorbona di Parigi, ma a poco a poco fu elaborata
una Ratio studiorum, cioè un metodo d'insegnamento
tipicamente gesuitico. Per la formazione spirituale degli
alunni in ogni collegio c'era una Congregazione Mariana: in tal modo, questa istituzione,
nata nel Collegio Romano nel 1563 per opera di una giovane
gesuita belga, G. Leunis, si diffuse in tutta l'Europa e nell'America
Latina. Nei collegi dei gesuiti si diede grande impulso allo
studio del latino e del greco; fu così che lo studio delle
lingue classiche caratterizzò l'istruzione scolastica europea.
Grande impulso fu dato anche alla recitazione, al teatro e
alle rappresentazioni teatrali pubbliche (un esempio: I Gesuiti e il Teatro a Messina).
Infine, la Compagnia prese a cuore la formazione del clero
nei seminari da essa diretti, dando importanza alla formazione
sia intellettuale filosofica e teologica, sia spirituale con
la predicazione degli Esercizi Spirituali e la direzione spirituale.
Si distinse, poi, in maniera straordinaria per la predicazione
al popolo delle città e delle campagne, sia con le costruzioni
di grandi chiese in stile gesuitico, cioè adatte alla predicazione,
sia con l'organizzazione delle missioni popolari, un ministero,
questo, nel quale si segnalarono san Francesco de Geronimo a Napoli († 1716), il beato
Antonio Baldinucci († 1717) e, nell'Italia Centrale,
Paolo Segneri († 1694), grande quaresimalista, san Francesco Régis († 1640) e il beato Giuliano Maunoir († 1683) in Francia, sant'Andrea Bobola in Polonia, ucciso dai cosacchi
nel 1654 tra atroci torture. A questa attività di evangelizzazione
delle persone povere, umili e senza istruzione delle campagne
e delle città, bisogna aggiungere l'opera caritativa a favore
dei carcerati, degli ammalati, soprattutto nei casi, assai
numerosi, di peste: è impressionante il numero dei giovani
gesuiti morti nell'assistenza agli appestati: ne è esempio
- ma è soltanto uno tra i tanti - san Luigi Gonzaga, morto a Roma nel 1591 a 23 anni
nell'assistere gli appestati.
La soppressione e la rinascita dei gesuiti
Sia per i grandi successi nell'attività apostolica, sia per
i nuovi metodi di apostolato usati dai missionari gesuiti
(in India, con R. de Nobili, e in Cina con M. Ricci), sia per l'opposizione all'Illuminismo
e al Giansenismo, sia per la difesa di teorie in campo morale
che sembravano troppo lassiste (questo fatto indusse B. Pascal
a scrivere le Lettres Provinciales, un'opera brillante
e caustica, ma profondamente ingiusta, che non fa onore all'Autore,
nonostante l'enorme successo che ebbe a danno della Compagnia),
sia per l'antipatia suscitata in taluni ambienti a causa della
cosiddetta "superbia gesuitica", sia soprattutto per l'opposizione
contro i gesuiti da parte delle corti cattoliche del Portogallo,
della Spagna, della Francia, di Napoli e di Parma (che malvolentieri
sopportavano l'azione dei gesuiti a favore delle popolazioni
delle colonie americane, in quanto limitavano le possibilità
di sfruttamento da parte di colonizzatori avidi, crudeli e
senza scrupoli morali), la Compagnia di Gesù dalla metà del
Settecento incorse in un periodo burrascoso che in pochi anni
la condusse dapprima alla cacciata dai territori di Portogallo,
Spagna, Francia, Napoli e dalle colonie del Sud e Centro America,
e poi alla totale soppressione. Ciò non poté avvenire durante
il pontificato di Clemente XIII, che fu un ardente difensore
dei gesuiti; ma avvenne sotto il suo successore, Clemente
XIV, sul quale le corti borboniche esercitarono una pressione
talmente violenta da costringerlo a sopprimere la Compagnia
di Gesù "per la pace della Chiesa". Così il 21 luglio 1773
egli firmò il decreto di soppressione della Compagnia di Gesù
Dominus ac Redemptor.
Il Breve papale non esprimeva nessuna condanna dei gesuiti;
da parte di essi per lo più non ci fu nessuna reazione e nessuna
opposizione. Il generale della Compagnia, padre Lorenzo Ricci,
accusato di non svelare i "tesori" dei gesuiti - che in realtà
non esistevano - fu rinchiuso nel carcere di Castel Sant'Angelo.
Ma egli non si lamentò mai; soltanto in punto di morte (1775),
nel momento di ricevere il Viatico, fece una dichiarazione,
in cui, dinanzi all'Eucaristia, affermava che la Compagnia
non aveva dato nessun pretesto alla sua soppressione e che
egli - personalmente - non aveva dato "motivo alcuno seppure
leggerissimo" alla propria carcerazione. Con la scomparsa
della Compagnia di Gesù, l'evangelizzazione in Asia, in Africa
e nell'America subì un duro colpo, dal quale non si sarebbe
ripresa se non faticosamente e in parte modesta.
Ma, distrutta nelle nazioni cattoliche, la Compagnia sopravvisse
nella Prussia di Federico II e nella Russia Bianca di Caterina
II; apparve di nuovo nel Regno di Napoli, finché dopo la Rivoluzione
Francese (in cui furono uccisi molti ex gesuiti "refrattari")
e la tempesta napoleonica, Pio VII, il 7 agosto 1814 ridiede
vita alla Compagnia con la bolla Sollicitudo omnium Ecclesiarum.
La ripresa fu lenta e difficile, ma presto si aggiunsero ai
gesuiti della Compagnia soppressa, restati fedeli alla propria
vocazione, forze nuove, che furono formate secondo lo spirito
e le regole del passato. Si ricominciò a fondare collegi in
molte nazioni, si riprese l'attività missionaria negli Stati
Uniti - dove già nel 1815 fu fondata l'Università di Georgetown
e nel 1829 quella di Saint-Luis nel Missouri -, in tutti gli Stati
dell'America Latina, in Cina, in Africa, nel Madagascar. Fu
ripresa l'attività dei bollandisti per lo studio critico delle
vite dei santi. Così, già nel 1844 i gesuiti nel mondo erano
4.136 con 44 collegi e 37 missioni.
I tempi però erano molto cambiati rispetto a quelli dell'antica
Compagnia. Erano i tempi del liberalismo rivoluzionario, erede
dell'Illuminismo e della Rivoluzione Francese, e perciò fortemente
avverso ai Governi nati dalla Restaurazione del 1815 e alla
Chiesa, in particolare al Papa e allo Stato pontificio. Erano
anche i tempi del kantismo, dell'idealismo tedesco immanentista,
del positivismo di A. Comte, del socialismo di Saint-Simon
e di Fourier, e poi di Engels e di Marx.
I gesuiti si resero ben conto di quanto stava avvenendo in
campo sia politico sia filosofico, senza tuttavia riuscire
a vedere quello che di positivo e di giusto portavano con
sé le nuove idee: un discernimento, questo, che era molto
difficile in persone che pensavano con le categorie del passato,
e che forse era del tutto impossibile. Avvenne, così, che
i gesuiti si schierarono contro il liberalismo e il socialismo
in politica e contro le nuove correnti di pensiero in campo
filosofico. In particolare, i gesuiti schierarono le proprie
forze in difesa del Papa. Fu così che Pio IX nel 1849 volle
che essi dessero la vita a una rivista che, in campo filosofico,
combattesse le nuove correnti di pensiero, avverse al cristianesimo,
e, in campo politico, combattesse il liberalismo massonico
e il socialismo: nacquero così a Napoli La
Civiltà Cattolica (6 aprile 1850), nel 1856, a Parigi
la rivista Études
e poi negli anni seguenti riviste simili in altri Paesi.
Questa attività dei gesuiti suscitò l'avversione dei Governi
liberali, che in Francia, in Italia, nella Spagna li espulsero
a varie riprese, impadronendosi dei loro beni e destinando
i loro collegi e le loro case a scuole, università, carceri,
tribunali e ospedali. Tuttavia queste continue espulsioni
non impedirono ai gesuiti di crescere numericamente, di espandersi
in ogni parte del mondo e di mantenere opere importanti, come
l'Università
Gregoriana a Roma, i cui professori diedero un notevole
contributo al Concilio Vaticano I e in cui compirono la loro
formazione intellettuale e spirituale giovani di ogni parte
del mondo, che divennero in seguito vescovi diocesani o professori
nei seminari e negli istituti universitari. In particolare
i gesuiti combatterono con serio impegno il modernismo sotto
il pontificato di Pio X.
Un grande sviluppo ha in questi anni la Compagnia di Gesù
negli Stati Uniti, dove sono create molte Università Cattoliche,
fiorenti ancora oggi, nel Canada, nel Messico, nel Giappone
(dove sorge l'Università
Sophia), nel Libano (dove è creata a Beyrut l'Università Saint-Joseph),
in India, in Cina, dove è fondata l'Università Aurora. Così
negli Istituti diretti dai gesuiti, nel 1938, studiavano oltre
200.000 giovani e insegnavano 4.265 professori della Compagnia.
Un grande impegno fu posto nel promuovere l'insegnamento della
filosofia e della teologia neoscolastica, secondo le direttive
date da Leone XIII nell'enciclica Aeterni Patris (4
agosto 1879). Tale impegno, condotto insieme con i domenicani
e con le Università Cattoliche di Lovanio, di Friburgo (Svizzera), di Innsbruck e con
altri Centri culturali cattolici, fece rifiorire nella Chiesa
cattolica il pensiero di san Tommaso d'Aquino, con grande
giovamento della cultura cattolica. Anche La Civiltà
Cattolica s'impegnò in questo campo, divenendo uno dei
più importanti strumenti di diffusione della filosofia neoscolastica.
Tuttavia fu l'Università Gregoriana
il centro di maggiore elaborazione filosofica e teologica.
Ad essa si affiancarono, all'inizio del secolo XX, l'Istituto
Biblico, per la promozione degli studi biblici, e poi
l'Istituto Orientale
per lo studio dei problemi del mondo orientale, cattolico
e ortodosso.
Dopo la prima guerra mondiale (1914-1918) sorsero i regimi
totalitari (comunismo, fascismo e nazismo). La Compagnia di
Gesù li combatté fortemente per la loro ideologia atea e anticristiana;
ma subì le conseguenze di questa lotta, poiché alcuni gesuiti
da molte parti d'Europa finirono nei campi di concentramento
tedeschi e nei gulag sovietici. Tutte le loro opere
nei Paesi conquistati dall'Unione Sovietica furono distrutte.
Soltanto in questi anni si stanno riprendendo faticosamente.
Nonostante queste enormi difficoltà, sia in Europa sia nei
Paesi che da pochi anni avevano conquistato l'indipendenza
in Africa, in Asia e nell'America Latina, i gesuiti proprio
nel 1965 raggiunsero la quota più alta della loro storia:
36.038 soggetti. In questi anni, la Chiesa celebrava il Secondo
Concilio Vaticano: Giovanni XXIII scelse molti di loro come
"periti" conciliari. E infatti il loro apporto ai lavori e
alle decisioni del Concilio fu notevole: in primo luogo il
padre Bea che fu grande protagonista nella stesura della Dei
Verbum (Documento che tratta della Sacra Scrittura) e
nella Nostra Aetate (Documento relativo alle Religioni
non cristiane); quindi vanno ricordati anche i padri de Lubac,
Daniélou, Courtney Murray, K. Rahner, Dezza, Tucci, Schmitt,
de La Potterie e altri lavorarono alla stesura dei documenti
più importanti del Concilio, quali la Dei Verbum, la
Lumen gentium, la Dignitatis humanae e la Gaudium
et spes.
Continuità ed evoluzione.
Considerazioni su un arco di storia
Nel Cinque-Settecento i gesuiti hanno avuto certo delle difficoltà,
culminate nel 1773. Ma a parte sporadiche espulsioni e contrasti,
nell'insieme la Compagnia ha avuto per lungo tempo buoni rapporti
con gli stati dell'epoca. Non si trattava di mero opportunismo
(i collegi erano largamente mantenuti dai principi), ma anche
di accettazione del sistema politico dell'epoca. Gesuiti confessori
di corte, educatori di molte famiglie, oratori ascoltati.
Insieme, si avverte la tendenza tipicamente antigiansenistica,
probabilistica, di venire incontro all' uomo reale con tutti
i suoi limiti e le sue debolezze. Pascal ironizza sui gesuiti
("Il n'est rien tel que les Jesuites..", IV Lett. Prov.,
inizio) ma la comprensione e la linea misericordiosa caratterizzante
i gesuiti (confessione e comunione frequente) hanno fatto
molto del bene.
Viene la soppressione. La sopravvivenza della Compagnia in
Russia (nel paese per eccellenza "antirivoluzionario" di allora)
la Rivoluzione Francese, il ristabilimento della Compagnia,
con il suo molteplice significato, pastorale e, in parte,
inevitabilmente, politico. Dopo il primo generale polacco,
salgono come assistenti e generali uomini formati in Russia,
Rozaven e, Roothaan. La Compagnia della Restaurazione, in
Italia soprattutto, è legata ai sovrani assoluti, forse più
di prima. Le direttive del Roothaan sui programmi scolastici
sono molto conservatrici: opposizione al romanticismo nelle
idee e nello stile, nessuna lettura dei poeti italiani romantici.
Uomini come Mai e Ventura si sentono soffocati e lasciano
le Compagnia. I risultati di questa posizione sono evidenti:
alla ferma condanna del liberalismo (e, in Italia, del Risorgimento),
all'ultramontanesimo proprio anche della Compagnia di Gesù,
alla sua chiusura piuttosto forte verso il mondo moderno,
corrisponde una forte ostilità della società del tempo verso
i gesuiti. Francescani, domenicani, salesiani ecc. potranno
essere coinvolti e travolti qua e là delle dure leggi eversive,
ma l'ostilità contro i gesuiti è più marcata. L'antipatia
nei loro confronti (al Pascal e al Sarpi succedono ora De
Sanctis, Gioberti, Quinet, Michelet ecc.) è forse più viva.
I gesuiti rappresentano un po' il capro espiatorio, divengono
il simbolo di un'epoca superata e condannata. Si susseguono
attacchi, espulsioni, dispersioni: Italia, Spagna, Francia,
Germania. E intanto si continua in quella pastorale benevola,
probabilista, con la devozione al S. Cuore e l'Apostolato della preghiera.
Il migliore laicismo (Ruffini, Jemolo) guarda al giansenismo
con simpatia, ai gesuiti con diffidenza.
Forse in questo fenomeno complesso si avverte una continuità
(pastorale, probabilismo, cristocentrismo) e una rottura (opposizione
troppo accentuata, senza le dovute distinzioni al mondo moderno,
in Italia con la Civiltà
Cattolica: più aspra che in Francia con gli Études,
per questo sospetti a Pio IX). Naturalmente più che la Compagnia
di Gesù esistono i gesuiti con le loro tendenze. Il modernismo,
a parte Tyrrell, non ha eco nella Compagnia di Gesù, ma i
gesuiti sono divisi nei modi di combatterlo e si scontrano
intransigenti (Chiaudano, Mattiussi, Sandri) e moderati (Rosa,
De Grandmaison) e il P. Generale Wernz che tenta di mediare
cade in disgrazia... Ma l'illiberalismo porta anche a una
certa apertura sociale (Liberatore, Desbuquois) e l'antimodernismo
a una consapevolezza della necessità di un rinnovamento degli
studi. La Compagnia di Gesù che aveva difeso i riti, cioè
l'uomo nella sua espressività, difende lo stesso uomo contro
il totalitarismo (Meyer, Delp, Muckermann, Pribilha, Rosa)
e contro il liberalismo eversivo dell'America Latina (Pro).
In tutti i casi sarebbe assai complesso fare un bilancio di
questi movimenti storici. Per ora possiamo solo immergerci
di nuovo nel ripercorrere la storia e constatare le nuove
sfide e esigenze apostoliche che si presentano.
I gesuiti oggi
Questa è la Compagnia di ieri. E quella di oggi? Tra le due
Compagnie rimane una continuità profonda, per quanto riguarda
sia la vita spirituale sia le opere. Tuttavia, sotto i due
ultimi generali della Compagnia - Pedro Arrupe e Peter-Hans Kolvenbach - sono state
celebrate quattro Congregazioni Generali (queste sono le più
alte istanze legislative dell'Ordine), le quali hanno cercato
di adattare la Compagnia (i suoi membri e le sue opere) ai
nuovi bisogni della Chiesa e del mondo. In particolare la
Congregazione Generale XXXII (1974) ha pubblicato un decreto
nel quale si afferma che "la missione della Compagnia oggi
è il servizio della fede, di cui la promozione della giustizia
costituisce un'esigenza assoluta in quanto fa parte di quella
riconciliazione tra gli uomini, richiesta dalla loro riconciliazione
con Dio" (Decreto 4, 1). In tal modo, la missione della Compagnia
oggi è "la diaconia della fede e la promozione della giustizia".
D'altra parte, la Congregazione
Generale XXXIV (1995) ha stabilito che le "priorità" in
cui la Compagnia deve oggi maggiormente impegnarsi sono essenzialmente
tre: la proclamazione della fede e la promozione della giustizia;
l'evangelizzazione delle culture con lo sforzo di inculturazione
della fede; il dialogo con le altre religioni. In base all'intima
connessione tra l'annunzio della fede e la promozione della
giustizia, il p. Arrupe, nel 1980, creò come "opera propria"
della Compagnia il Jesuit Refugee Service (Servizio dei gesuiti
per i rifugiati, che sono oggi nel mondo circa 50 milioni):
questo lavoro per i rifugiati impegna oggi molti gesuiti in
tutto il mondo. A tal fine a Roma è nato il Centro Astalli.
In questi ultimi anni c'è stato, come del resto in tutti gli
Ordini e gli Istituti religiosi un calo di soggetti, cosicché
oggi, dai circa 36.000 degli anni '60, si contano circa 21.000
gesuiti, di cui 3.600 negli Stati Uniti, 3.800 in India, 2.100
nell'America Latina e nell'Europa Occidentale 6.400. In Italia
sono circa 800. Questo calo di soggetti, particolarmente in
Europa, costituisce un grave problema per la Compagnia di
Gesù, poiché le forze diminuiscono proprio quando le necessità
apostoliche crescono e le opere hanno bisogno di rinnovarsi
e di crescere per andare incontro ai nuovi e urgenti problemi
sia del mondo giovanile, sia del mondo della cultura cristiana,
sia, infine, del mondo dell'emarginazione, dato l'intrinseco
legame che la Compagnia di oggi pone tra l'annunzio della
fede e la promozione della giustizia.
In tale contesto si stanno maturando scelte di qualificazione
della presenza dei gesuiti in modo da non disperdere troppo
le forze. In Italia, per esempio, si intendono privilegiare
i campi dell'apostolato intellettuale, di quello giovanile
e di quello sociale, mantenendo come impegno trasversale a
tutta la nostra attività quello degli Esercizi Spirituali.
[Texto
en español - las imágenes son anteriores]
Antonio
Sepp – El ebanista de Paraguay
Antonio Sepp, el legendario misionero que, hace 300 años,
en la selva sudamericana, introdujo los instrumentos musicales
a los indios Guaraní: era hijo de Johann Baptist Sepp von
Seppenburg y Eva Leis von Laimburg. Seguramente amaban la
música los Guaraní de las selvas amazónicas y el arte oratorio
era considerado por estos simples habitantes de América un
verdadero y propio sonido musical, cuando venía practicado
por hombres de muy buena entonación. Los indios amaban la
música y eso estaba siempre presente en la vida cotidiana
indígena: desde las ceremonias políticas y de guerra, a las
fiestas religiosas. El oído musical de los indígenas se había
afinado y educado en los siglos a través de la atenta escucha
del canto de los pájaros, el borboteo de las aguas, de la
ráfaga del viento, predisponiendo este pueblo a los miles
ruidos mezclados con los silencios de las largas notas. Los
Guaraní amaban el mensaje sonoro en general y el musical en
particular, y cuando tomaron contacto con los sonidos de los
misioneros, quedaron literalmente fascinados y extasiados
de los instrumentos musicales de los europeos. Aun perteneciendo
a una misma raza y teniendo un idioma común, la tribu indígena
de los Guaraní, no tenían mucho contacto entre ellos, cómplice
también la naturaleza imperiosa y peligrosa que delimitaba
el espacio vital. No obstante esta "extrañeza" estaban unidos
de verdad por el amor a la música: tambores, sonajas, flautas
de varios tipos (de madera, bambú, calabazas vacías, huesos
y cáscara de armadillo y tortuga) representaban para ellos
una verdadera panacea a la dura vida en la selva y grande
fue la maravilla de sentir los sonidos producidos de aquellos
hombres blancos llegados del mar, con los vestidos negros
y una cruz en el pecho. La mandolina, el oboe, conquistaron
su corazón, en los primerísimos contactos con los misioneros,
más que aquellos extraños discursos, tentados costosamente,
sobre un extraño Dios, muerto crucificado. Estos fueron los
primeros contactos con los misioneros que hacían conciertos
en las orillas de los ríos y después les explicaba lo que
habían cantado. Precedido de Louis Berger y de Jean Vaisseau,
Antonio Sepp llegó en las Reducciones de 1691 encontrando
ya algunas escuelas de polifonía española y llevó el estilo
moderno de la época, o sea, el Barroco musical. Antonio Sepp
von Seppenburg da Salegg nació en Caldaro-Kaltern (Bolzano-Bozen)
el 22 de Noviembre de 1655, de Johann Baptist Sepp e de Eva
Leis Von Leimburg (= Laimburg), hijo de una Italia todavía
lejos del nacimiento. Súbdito austriaco, Antonio Sepp (este
es el nombre con el cual su familia venía llamada comúnmente)
fue elegido por su bonita voz y cantó en el coro de los Pueri
Cantores en la corte imperial de Viena, donde en aquellos
años triunfaba la música italiana. En lo que ahora es un centro
musical de primera categoría, Antonio estudió música llegando
al dominio de varios instrumentos, pero a la edad de 19 años
decidió dejar la prometente carrera para hacerse jesuita.
Retirándose a la meditación, siguió meticulosamente estudiando
y especializándose en el "estilo moderno" de la época: la
composición de fragmentos exclusivamente instrumentales e
independientes de las exigencias del coro. Destinado en 1689
a las misiones del antiguo Paraguay se introdujo en un viaje
por Buenos Aires en el barco "Almiranta", y animó a los pasajeros
del barco tocando su música en las principales fiestas litúrgicas
durante la travesía del Atlántico. Se llevaba consigo una
carga importante de la Compañía de Jesús, o sea instrumentos
musicales, entre los cuales también un órgano destinado a
Buenos Aires. Llegado al destino, (Reducción de los Santos
Reyes de Yapeyú que contaba con 3000 indios músicos entre
las treinta aldeas que la formaban) el jesuita italiano dejó
literalmente pasmados a sus hermanos españoles cuando se puso
a construir un órgano con pedales, (no se había visto nunca
hasta entonces tocar un instrumento con los pies). Para este
extraordinario instrumento, no teniendo suficiente estaño,
utilizó madera pulida para las cañas mayores y la excepcional
rendición musical del órgano le valieron el encargo oficial
de constructor para las misiones de los Guaraní. "Estos indios
paraguayos son por naturaleza, como hechos para la música,
de modo que aprendieron a tocar todos los tipos de instrumento
con una sorprendente facilidad y destreza, y esto en poquísimo
tiempo". Con pocas palabras el jesuita describió en una carta
cuánto talento innato había en los indígenas de sus misiones,
dando además los nombres de sus mejores alumnos (Ignacio Palaica
y Gabriel Quirí se hicieron grandes constructores y ejecutores
de instrumentos musicales). Padre Antonio inventó entre otras
cosas también el arpa a doble cuerda (que se extendió muy
pronto en todo el territorio) construyendo el antepasado directo
del instrumento nacional de estas tierras: el arpa paraguayana.
Entre los fragmentos compuestos por Sepp, había piezas destinadas
a entrar en la historia de la música americana: compuso un
ritual de la pasión en lengua Guaraní y partituras para la
fiesta de Navidad, Pascua y Pentecostés. Dedicó toda su vida
a sus amados alumnos y no abandonó nunca las tierras de Paraguay,
contribuyendo a realizar parte de aquel grandioso proyecto
misionero de las Reducciones. El ciudadano tirolés, creó en
cada Reducción una escuela de canto coral, de música y danza,
enseñando casi todos los tipos de instrumento, entre los permitidos
para la ejecución en iglesia. Enseñó a sus guaranís y seleccionó
cientos de cantos que mandaba a conciertos en ciudades argentinas,
brasileñas y uruguayas. Se quedó más de cuarenta años en la
selva salvaje de Sudamérica y dejó su testimonio a otro grandísimo
exponente de la música misionera: Doménico Zipoli. El misionero
tirolés murió el 13 de enero de 1733, en la misión de San
José. Había vivido 77 años, más de cuarenta de aquellos años
los había pasado en la selva amazónica, entre sus amadísimos
indígenas. La inmensa empresa musical misionera de la compañía
de Jesús, en la cual la música encontró tanta importancia
decisiva, resistente todavía medio siglo y terminó con la
expulsión de los jesuitas de parte del rey Carlos III de España
de todos sus territorios en el 1767. Incendios y saqueos representaron
la triste prórroga de esa grande aventura social y política,
determinando el fin de este paraíso perdido. Estatuas de piedra
y de madera, perfectos instrumentos musicales y ornamentas
litúrgicas: todo fue robado y hoy se encuentra disperso en
museos o casas privadas que intentan coleccionar estas preciosas
reliquias. No todo ido, pero perdido. Hoy, en la zona de Chiquitos
en Bolivia, los indígenas practican de nuevo ceremonias y
cantos del pasado con gran fidelidad. Los paraguayos, sobretodo
los campesinos, conservan el gusto por la música, particularmente
por la guitarra y por el arpa "misionera", y conserva la religiosidad
popular, que nació y se desarrolló con la magia de aquellos
primeros instrumentos construidos por Antonio Sepp, un tirolés
prestado al mito de las Reducciones.
[Texte
en français - les images sont au-dessus]
Antonio
Sepp – L’ébéniste du Paraguay
Antonio Sepp, le légendaire missionnaire qui, il y
a 300 ans, dans les forêts sud-américaines, introduisit
les instruments musicaux auprès des indiens Guarini,
était le fils de Johann Baptist Sepp von Seppenburg
et d’Eva Leis von Laimburg.
Il est certain que les Guarini des forêts amazoniennes
aimaient la musique, et l’art oratoire était
considéré par ses simples gens des Amériques,
un réel et authentique son musical quand celui-ci était
pratiqué d’hommes d’excellente intonation.
Les Indiens d’Amérique du Sud aimaient la musique
et celle-ci faisait partie du quotidien des indigènes
; des cérémonies politiques ou de guerre aux
fêtes religieuses. L’oreille musicale des indigènes
s’était affinée et développée
à travers les siècles grâce à une
écoute attentive du chant des oiseaux, du gargouillis
des eaux, des rafales de vent, préparant ce peuple
aux milles bruits mêlés aux silences des longues
nuits. Les Guarini aimaient le message sonore en général
et le musical en particulier et lorsqu’ils furent mis
en présence des sons des Missionnaires, ils furent
réellement fascinés et charmés des instruments
musicaux européens. Bien qu’appartenant à
la même race et ayant une langue commune, les tribus
indigènes des Guarini n’avaient que peu de contact
les uns avec les autres, complice également cette nature
dangereuse et impériale qui délimitait l’espace
vital de chacune d’elles. Malgré cette «
étrangeté » ils étaient néanmoins
unis par cet amour de la musique ; tambours, grelots, flûtes
de différents types (de bois, de bambou, de peau de
citrouille, d’os et coquille de tatou ou de tortue)
représentaient pour eux une réelle panacée
à leur rude vie dans les forêts et très
grande fut la joie de ces hommes à l’écoute
de ces sons produits d’hommes blancs venus de la mer,
vêtus d’habits noirs avec une croix sur le torse.
Le luth et le hautbois, enchantèrent leur cœur,
dès les premiers contacts avec les missionnaires, bien
plus que ces étranges discours, tentés péniblement,
sur un Dieu étrange, mort crucifié. Les premiers
contacts avec les missionnaires étaient de cet ordre,
ces derniers firent des concerts de part et d’autre
du fleuve et leur expliquaient ensuite ce qu’ils venaient
de chanter. Précédé de Louis Berger et
de Jean Vaisseau, Antonio Sepp arriva dans les Reducciones
en 1691 ; il y trouva déjà quelques écoles
polyphoniques espagnoles mais il y porta le style moderne
de l’époque, le Baroque Musical.
Antonio Sepp von Seppenburg de Salegg naquit à Caldaro-Kaltern
(Bolzano-Bozen) le 22 novembre 1655, de Johann Baptist Sepp
et de Eva Leis von Leimburg ( = Laimburg ), fils d’une
Italie encore loin de sa naissance. Sujet autrichien, Antonio
Sepp (ce nom est celui avec lequel sa famille se faisait communément
appelé) était choisi pour sa belle voix ; il
chanta dans le chœur des Pueri Cantores de la cour impériale
de Vienne, où dans ces années triomphait la
musique italienne. Dans ce qui était alors un centre
musical de première catégorie, Antonio étudia
la musique arrivant à la maîtrise absolue d’instruments
variés, mais à l’âge de 19ans, il
décida d’abandonner sa promettante carrière
pour devenir jésuite. Retiré en méditation,
il continua méticuleusement à étudier
et se spécialisa pour le style moderne de l’époque
; la composition de morceaux exclusivement instrumentaux et
indépendants des exigences du chœur. Désigné
en 1689 pour partir en mission au Paraguay, il se mit en route
pour Buenos Aires sur le bateau « Almiranta »,
il y entraîna les passagers à jouer de la musique
pour les principales fêtes liturgiques durant la traversée
de l’Atlantique. Il portait, avec lui, une charge importante
de la Compagnie de Jésus, des instruments musicaux,
parmi lesquels un orgue destiné à Buenos Aires.
Arrivé à destination, (Reduccion de los Santos
Reyes de Yapeyù qui comptait 3000 Indiens musiciens
parmi les trente villages qui la formait) le jésuite
italien, laissa littéralement stupéfaits ses
confrères espagnols quand il se mit à construire
un orgue à pédale ( il ne s’était
jamais vu jouer jusqu’alors avec les pieds). Pour cet
extraordinaire instrument, n’ayant pas suffisamment
d’étain, il utilisa entre autre du bois poli
pour les cannes supérieurs et l’exceptionnel
rendu musical de l’orgue lui valut la charge de constructeur
officiel pour les missions des Guarini. « Ces Indiens
paraguayens sont, de nature, comme nés pour la musique,
de façon à ce qu’ils apprennent à
jouer de tous les types d’instruments avec une surprenante
facilité et dextérité et ceci en peu
de temps ». En peu de parole le jésuite décrivit,
dans une lettre, le talent naturel de ces indigènes,
fournissant également les noms de ses meilleurs élèves
(Ignacio Paica et Gabriel Quirì devinrent de grands
constructeurs et exécuteurs d’instruments musicaux).
Père Antonio inventa entre autre la harpe à
corde double (qui s’étendit bientôt sur
tout le territoire) construisant l’ancêtre direct
de l’instrument national de ces terres ; la harpe paraguayenne.
Parmi les morceaux composés par Sepp, il y avait des
extraits destinés à entrer dans l’histoire
de la musique américaine ; il composa un rituel de
la Passion en langue Guarani et des partitions pour les fêtes
de Noël, Pâques et Pentecôte. Il dédia
toute sa vie à ces chers élèves et il
n’abandonna jamais plus les terres du Paraguay, contribuant
a réaliser une partie du projet missionnaire grandiose
des Riduzioni.
Le citoyen tyrolien créa, dans chaque Reducciones une
école de chant pour chorale, de musique et de danse,
enseignant presque tous les types d’instrument, parmi
eux ceux des églises. Il enseigna à ses disciples
et sélectionna une centaine de chants qui furent mis
en concert dans les villes argentines, brésiliennes
et uruguayennes. Il resta plus de quarante ans dans les forêts
sauvages de l’Amérique du Sud et passa le relais
à l’autre grand représentant de la musique
missionnaire : Domenico Zipoli. Le missionnaire tyrolien mourut
le 13 janvier 1733, dans la mission de S. Josè. Il
vécut 77 ans, dont quarante passées dans les
forêts amazoniennes, parmi ses chers indigènes.
L’immense entreprise musicale missionnaire de la Compagnie
de Jésus, dans laquelle la musique trouva une importance
si décisive, résista encore un demi-siècle
et se termina avec l’expulsion des jésuites,
sur ordre du roi Charles III d’Espagne, de tout son
territoire en 1767. Incendies et saccages représentèrent
le triste prologue de cette grande aventure sociale et politique,
marquant la fin de ce paradis perdu. Statues de pierre et
de bois, instruments musicaux parfaits et ornements liturgiques
: tout fut saisi et se trouve aujourd’hui dispersé
dans des musées ou maisons privées qui cherchaient
à recueillir ces précieuses reliques. Tout cependant
n’a pas été perdu. Aujourd’hui,
dans la zone de Chiquitos en Bolivie, les indigènes
organisèrent à nouveau des cérémonies
et des chants du passé les représentant avec
très grande fidélité. Les paraguayens,
surtout les paysans, conservaient le goût pour la musique,
plus particulièrement pour la guitare et pour la harpe
« missionnaire », et conservait la religiosité
populaire, qui naquit et se développa avec magie des
premiers instruments construits d’Antonio Sepp, un tyrolien
prêté au mythe des Reducciones.
[Text auf Deutsch - die Bilder sind oben]
Antonio Sepp – Der Kunsttischler
von Paraguay
Antonio
Sepp, der legendäre Missionar der, vor 300 Jahren im
südamerikanischen Wald stellte den Guarani Indern die
musikalischen Instrumente vor. Er war Sohn von Johann Baptisten
Sepp von Seppenburg und Eva Leis von Laimburg. Der Guarani'
des Amazonas gefiehlen bestimmt die Musik , und diese Kunst
wurde von diesen einfachen Bewohnern von Amerika als wahrer
und eigener musikalischer Klang betrachtet, als Männer
mit sehr schöner Stimme kamen. Die Indios liebten die
Musik, und sie war immer im einheimischen täglichen Leben
anwesend: in den politischen Zeremonien und im Krieg, bei
den religiösen Festen. Das musikalische Gehör der
Einheimischen war bestimmt entwickelt und wurde in den Jahrhunderten
durch den aufmerksamen Zuhören von Vögeln, vom Sprudeln
von den Wassern, von der Explosion des Windes ausgebildet.
Die Guarani liebten klangvolle Botschaften und Musik insbesondere;
als sie Kontakt mit den Klängen der Missionare nahmen,
wurden sie wörtlich fasziniert und von den musikalischen
Instrumenten von den Europäern gespannt. Obwohl sie an
einer einzige Sippe gehörten, und eine gemeinsame Sprache
hatten, hielten die Guarani sehr wenig Kontakt untereinander,
wahrschelinlich wegen der anmaßenden und gefährlichen
Natur, die ihren Raum definierte. Trotzdem verbundete wurde
sie die Liebe zur Musik : Trommeln, Rasseln, Flöten mehrerer
Arten (hölzern, Bambus, leere Kürbise, Knochen und
Gürteltierund Schildkröte-Muschel); das war für
ihnen ein reines Allheilmittel zum harten Leben im Wald; deshalb
groß war das Wunder vor den Klängen aus den komischen
Instrumenten von den weißen Männer, mit den schwarzen
Kleidern und einem Kreuz auf der Brust. Die Mandoline, die
Oboe stürzten ihnen ins Herz schon bei den ersten Kontakten
mit den Missionaren, mehr als jene seltsamen Reden über
einem seltsamen gekreuzigten und toten Gott. Diese waren die
ersten Kontakte mit den Missionaren, die Konzerte am Ufer
von den Flüssen ausführten, und danach erklärten,
was sie gesungen hatten. Nach Louis Berger und von Jean Vaisseau
kam 1691 Antonio Sepp in die Reducciones an, und fand schon
einige spanische Schulen von Mehrstimmigkeit, und lehrte ihnen
den modernen Stil von der Zeit, d.h. der musikalische Barock.
Antonio Sepp von Salegg wurde in Kaltern (Bozen) 22.11.1965
von Johann Baptist Sepp und Eva Leis von Leimburg (= Laimburg),
in der Zeit wo Italien nicht im heutigen Sinne zu erleben
war. Österreichischer Bürger wurde Antonio Sepp
(dieser ist der Name mit dem seiner Familie üblich gerufen
wurde) von seiner schönen Stimme gewählt, und sang
im Chor vom Pueri Cantores im kaiserlichen Hof von Wien, wo
in jenen Jahren die italienische Musik triumphierte. Im Zentrum
der musikalischen Kunst lebte Antonio, der Musik und mehrere
Instrumente studierten; als 19 Jähriger entschied er
sich die prometente Karriere zu verlassen, und wurde Jesuit.
Er kam lange zur Meditation, studierte sorgfältig und
spezialisierete sich auf den modernen Stil der Zeit: die Zusammenstellung
von ausschließlich von den Forderungen des Chores unabhängigen
Stücken war seine meiste Beschäftigung. 1689 fuhr
er nach Buenos Aires auf dem Schiff " Almiranta "
zu den Missionen im alten Paraguay, und ermutigte die Fahrgäste
vom Schiff während der Reise auf Atlantik mit seiner
Musik von den wichtigsten liturgischen Festen. Er hatte viele
Instrumente dabei, die der Jesuiten gehörten, darunter
eine Orgel zu Buenos Aires. Als er zum Ziel kam (Reduccion
de los Santos Reyes de Yapeyù, der 3000 indische Musiker
unter den dreißig Dörfern zählte), waren seine
spanische Jesuiten wörtlich erstaunt, als er anfing,
eine Orgel mit Pedalen zu bauen (man sah niemanden vorher
ein Instrument mit den Füßen zu spielen). Für
dieses außerordentliche Instrument, denn er hatte nicht
genug Zinn dabei, benutzte er verfeinertes Holz für die
größten Orgelpfeifen. Er bekam die offizielle Verantwortung
von Hersteller für die Missionen von Guarani' dank der
außergewöhnlichen musikalischen Wiedergabe der
Orgel. " Diese paraguayischen Inder sind von der Natur
für Musik geschaffen, so daß sie, wie alles Instrument
zu spielen ist, in sehr wenig Zeit mit einer überraschenden
Leichtigkeit und einer Geschicklichkeit lernten". Mit
wenigen Wörtern beschrieb der Jesuit in einem Brief,
wie viele angeborene Talent in den Einheimischen seiner Missionen
gab und schrieb auch die Namen seiner besten Studenten (Ignacio
Palaica und Gabriel Quirí wurden große Hersteller
und Spieler musikalischer Instrumente). Pfarrer Antonio erfand
die Harfe mit Doppelgänger unter anderen Sachen (das
sehr schnell im ganzen Gebiet berühmt wurde), was das
direkte Vorfahren vom nationalen Instrument dieser Länder:
der Harfe-paraguayana ist. Unter den zusammengesetzten Musikfragmenten
gab Sepp viele Stücke heraus, die der Geschichte der
amerikanischen Musik gehörten: ein Ritual der Leidenschaft
in Guarani Sprache und Spielergebnissen für Weihnachten,
Ostern und Pfingsten. Er weihte sein ganzes Leben zu ihren
geehrten Studenten und verließ nie die Länder von
Paraguay; er fuhrte einen grossen Teil von diesem grandiosen
Missionar-Projekt der Reducciones aus. Der Tyrolese Bürger
schuf eine Schule für Lied und Korale, Musik und Tanz
in jeder Reducciones und unterrichtete in fast allen Instrumenten,
unter jenen, der die Ausführung in der Kirche berücksichtigt
werden. Er unterrichtete ihren Guarani' und suchte Hunderte
von Liedern aus, die in Konzerten in Argentinean, brasilianischen
Städten und Uruguayanern gesungen und abgespielt wurden.
Er blieb mehr als vierzig Jahre im wilden Wald von Südamerika
und überließ den Platz einem anderen großen
Vertreter der missionarischen Musik: Doménico Zipoli.
Der Tyrolese Missionar starb 13.01.1733, in San José
's Mission. Er wurde 77, mehr als vierzig Jahre lebte er im
amazon-Wald, unter seinen geehrten Einheimischen. Die riesige
missionäre-rmusikalischer Gesellschaft von den Jesuiten,
wo die Musik so eine wichtige Rolle spielte, beendete im Jahre
1767 mit der Ausweisung von Jesuiten im Namen vom König
Carlos III von Spanien aus allen seinen Ländern. Feuer
und Ausplünderungen bestimmten das traurige Ende dieses
großen gesellschaftlichen und politischen Abenteuers.
Steinigen und hölzerne Statuen, perfekte musikalische
Instrumente und liturgische Verziehrungen: alles wurde gestohlen,
und heute ist das ganze in Museen oder privaten Häusern
verstreut, als Versuch diese schönen Überbleibsel
zu sammeln. Nicht alles wurde verloren. Im Gebiet von Chiquitos
in Bolivien üben die Einheimischen Zeremonien und Lieder
der Vergangenheit mit großer Treue wieder. Die Paraguayer,
insbesondere die Bauern, erhalten das Vergnügen für
die Musik, insbesondere für die Gitarre und die missionarische
Harfe; das erhält das populäre Frömmlertum,
das ertragen wurde und sich dank der Magie jener der ersten
Instrumenten entwickelte, die von Antonio Sepp, ein geborene
Tyrolese im Mythos der Reducciones, geschaffen wurden.
[Text
in English - the images are above]
Antonio Sepp - The Carpenter of
Paraguay
Antonio Sepp, the legendary missionary of 300 years ago, introduced musical in-struments to the Guaraní Indians in the South American forests. He was the son of Johann Baptist Sepp von Seppenburg and Eva Leis von Laimburg.
THE GUARANÍ of the Amazon certainly loved music, and the oratorical arts were considered by these simple inhabitants of the Americas a true and proper musical sound when it was practiced by men of the greatest intonation. The indians loved music and it was always pre-sent in the everyday life of the indigenous people: from political or war ceremonies to religious celebrations. The musical ear of the natives was sharpened and educated over the centuries through attentive listening to birdsong, the gurgle of water, and the gusts of the wind, opening the people up to the thousands of mixed sounds and silences of long nights. The Guarani loved the message of sound in general and musical sounds in particular, and when they had contact with the sounds of the missionaries, they remained fascinated and enchanted with the musical instruments of the Europeans. Though they belonged to the same race and shared a common language, the indigenous tribes of the Guaraní had little contact among them-selves-and for this nature itself was also complicit, as its imperious and dangerous character delimited the space of Guaraní life. Despite this lack of interaction these tribes were united by their love for music: tambourines, bells, and various types of flutes (wooden, bamboo, hollow pumpkins, bones, and armadillo and turtle shells) represented for them a true panacea for the hard life of the forest, and great was their wonder at hearing the sounds produced by those white men come from the sea, with their black clothing and a cross on their chest. In the very first contact of the Guaraní with the missionaries, the lute and the oboe delighted their hearts more than the foreigners' strange and laborious discourses on a strange God, dead on the crucifix. These were the first contacts with the missionaries, who held concerts on the banks of the rivers and then explained to the natives the significance of what they had sung. Pre-ceded by Louis Berger and Jean Vaisseau, Antonio Sepp arrived in 1691 in the Reductions (Spanish settlements intended to assimilate the natives into European culture), finding there already some schools of Spanish polyphony and brought the modern style of the era, which was musical baroque.
Antonio Sepp von Seppenburg from Salegg was born in Caldaro-Kaltern (Bolzano-Bozen) on November 22, 1655, to Johann Baptist Sepp and Eva Leis von Leimburg (or Laimburg). He was the son of an Italy still far from its own birth. An Austrian subject, Antonio Sepp (the name by which the family was commonly called) was selected for his beautiful voice to sing in the Choir of the Pueri Cantores of the Imperial Court of Vienna, where in those years Italian music triumphed. While there, at the time a musical center of the highest quality, Antonio stud-ied music to the point of achieving absolute mastery of various instruments. But at the age of 19 he decided to leave this promising career to become a Jesuit. Withdrawing to meditation, he continued meticulously to study and to specialize in the "modern style" of the epoch: the composition of pieces that were exclusively instrumental and thus independent of the need for a choir. Destined in 1689 for the missions of ancient Paraguay, Antonio set sail for Buenos Aires on the ship "Almiranta," and he pleased passengers by playing music for the principal religious festivals that took place during the crossing of the Atlantic. He brought with him some important cargo from the Order of the Jesuits, that is, musical instruments, among which was an organ destined for Buenos Aires. Once arrived at his destination (the Reducción de los Santos Reyes de Yapeyù, which counted 3,000 native musicians among the thirty villages that formed it) the Italian Jesuit he left his Spanish religious brothers stunned when he set himself to the construction of a pedal organ (playing with one's feet had never been seen before). For this extraordinary instrument, not having sufficient tin, Antonio used, among other things, pol-ished wood for the main pipes, and the exceptional musical rendering of the organ earned him the official assignment of builder for the missions of the Guaraní. "These Paraguayan natives are, by nature, created for music, such that they apprehend the technique of playing all types of instruments with surprising ease and skill, and this in a very short time"-in few words the Jesuit described in a letter the amount of natural talent there was in the indigenous peoples of his missions, providing even the names of his best pupils (Ignacio Paica and Gabriel Guirí would become great constructors and artists of musical instruments). Father Antonio also in-vented the double-stringed harp (which spread quickly throughout the territory), constructing thereby the direct predecessor of the national instrument of these lands: the Paraguayan harp. Among the pieces composed by Sepp were some destined to enter into the history of Ameri-can music: he composed a ritual of the Passion in the language of the Guaraní and scores for the festivals of Christmas, Easter and the Pentecost. He dedicated all of his life to his adored pupils and never abandoned the land of Paraguay, contributing to the realization of part of the grandiose missionary project of the Reductions. The Tyrol citizen created in every Reduction a school of choral song, music and dance, and taught nearly every type of instrument, among those permitted to be played in church. He taught the Guaraní and selected hundreds of sing-ers that were sent to perform concerts in Argentinian, Brazilian, and Uruguayan cities. He re-mained more than forty years in the savage forests of South America before passing the torch to the other great exponent of missionary music: Domenico Zipoli. The Tyrolese missionary died on January 13, 1733, in the mission of San José. He lived 77 years, over forty of which he passed in the forests of the Amazon among the indigenous peoples he loved. The im-mense missionary undertaking of the Jesuits, in which music found decisive importance, held on another half-century until 1767, when King Charles III of Spain drove the Jesuits from his territories. Arson fires and sackings represented the sad prologue to this great social and po-litical adventure, causing the end of this lost paradise. Statues of stone and of wood, perfect musical instruments and liturgical ornaments: all were plundered and today one finds these objects dispersed in museums or private houses that seek to collect these precious reliquar-ies. Not all was lost, however. Today, in the zone of Chiquitos in Boliva, the indigenous once more carry out ceremonies and songs of the past, representing them with great faithfulness. The Paraguayans, above all the farmers, maintain their taste for music, particularly for the gui-tar and "missionary harp," and maintain also their popular religion, which was born and devel-oped with the magic of those first instruments constructed by Antonio Sepp, a Tyrolese mis-sionary given over to the myth of the Reductions.
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