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La storia


La città di Porto Torres ha origini molto antiche e segue logicamente la storia della Sardegna. Tale storia inizia dall'età dei Fenici. Tra il 1500 a.C. e il 700 a.C. non si sa praticamente nulla (età nuragica). Tra il 700 e il 300 a.C. abbiamo il periodo fenicio-cartaginese o punico. Dopo il 300 a.C. e fino al 476 d.C. comprende il periodo romano. Della Sardegna e della città di Turris Libisonis in epoca romana ci sono pervenute molte notizie. Dopo il 476 d.C. e fino al 530-534 d.C. ha inizio un periodo oscuro dovuto all'azione dei Vandali. Dal 530 d.C. inizia la lunga età Bizantina della Sardegna e dura fino al 630 d.C. nel corso della quale l'antica colonia romana continua a vivere contrariamente a quanto vuole una leggenda secondo la quale Turris Libisonis sarebbe entrata in agonia nel IV secolo per dar vita a Sassari.
 Il controllo della Sardegna da parte dei Bizantini non dura molto perché a partire dal 630 d.C. fa la sua comparsa nel bacino del Mediterraneo il popolo degli Arabi. Intorno al 1000 la Sardegna è divisa in quattro giudicati indipendenti: quelli di Cagliari, di Torres, di Arborea (che faceva capo a Oristano), di Gallura (più buona parte del Nuorese). Questo è un periodo molto importante per Turris Libisonis che diventa il capoluogo del giudicato di Torres e risulta essere il più importante insieme a Cagliari. In questo periodo diventa un centro molto importante e sede vescovile, per cui nella seconda metà del XI secolo viene iniziata la costruzione della più grande chiesa romanica della Sardegna, la Basilica di San Gavino, che viene completata nei primi anni del secolo successivo e consacrata nel 1117. 
In seguito si assiste a un periodo di decadenza durante il quale i Genovesi e i Pisani si scontravano tra di loro contendendosi il porto. I primi vi distrussero abitazioni in odio ai secondi, che preferivano il porto di Torres per i loro traffici e per la loro politica in contrasto con quella genovese. In seguito arrivarono gli Aragonesi che si instaurarono nell'isola e finirono col diventarne i padroni.
La Sardegna rimase sotto la dominazione spagnolo-aragonese dal 1323 d.C. al 1713 d.C. In tale periodo venne introdotto il sistema feudale in Sardegna e in Turris Libisonis venne costruito il torrione difensivo del porto. La città in questi anni andò progressivamente spopolandosi e si ridusse a un'appendice di Sassari nella quale fu trasferita anche la sede vescovile. Il porto era frequentato solo da armatori e mercanti genovesi che avevano i loro interessi a Sassari, la quale ridusse il centro costiero alla funzione esclusiva di scalo e di deposito merci.
Dal 1713 al 1717 la Sardegna è sotto la dominazione austriaca e dal 1720 passa alla dominazione dei Savoia.
Nel periodo Sabaudo e più precisamente nella seconda metà del 1700 riprende l'attività dello scalo con la ristrutturazione del porto (gli Spagnoli lo avevano lasciato in stato di abbandono). Sotto Carlo Emanuele III, nel 1765 venne murata una lapide nella torre del porto a ricordo delle ristrutturazioni effettuate. Iniziò la ripresa dei traffici marittimi prima con Nizza e poi nuovamente con Genova. In questo periodo Porto Torres riprende a vivere e nel 1841, approfittando di una visita di Carlo Alberto in Sardegna, rivendica l'autonomia amministrativa dal comune di Sassari e la ottiene ufficialmente tre anni dopo.
Il 16 febbraio del 1960 mediante decreto del Presidente della Repubblica viene conferito a Porto Torres il titolo di Città.
Nella metà degli anni sessanta nasce a Porto Torres uno degli stabilimenti petrolchimici più grandi d'Europa che crea profonde trasformazioni sull'economia e sulla crescita della città.
Nel corso degli anni settanta il processo d'industrializzazione subisce un rallentamento. Si arresta la crescita del ramo petrolchimico, che entra in grave crisi coinvolgendo le attività metalmeccaniche ad esso collegate. 
Le nuove iniziative di piccole e medie dimensioni, frutto dell'imprenditorialità locale, sono ancora insufficenti a far raggiungere i livelli di occupazione sperimentati negli anni sessanta.
Gli ultimi decenni del novecento sono caratterizzati da una forte crisi occupazionale che spinge ancora oggi molti giovani ad andare in altri luoghi alla ricerca di un lavoro.