ANNO VII Numero 10 (109) |
Bari-Bologna 30 aprile 2000 |
PRO E CONTRO |
BARI: che fare? |
Matarrese sì, Matarrese no. Potrebbe essere il titolo di un libro sugli ultimi 20 anni (qualcosa in più) del calcio a Bari. In questo lasso di tempo, la famiglia di origine andriese ha lasciato il segno realizzando quello che molti altri possono solo agognare. Partendo dalla squadra di pallone, ha saputo espandere notorietà, ricchezza e potere. Dai tempi di Antonio Matarrese presidente sono passati molti lustri, ma la semina ha dato ottimi risultati, non soltanto dal punto di vista sportivo. Tutti i fratelli hanno ancora oggi un ruolo di primo piano: Antonio è conosciutissimo a livello internazionale (non si porta una finale di Coppa dei Campioni a Bari per caso, per non parlare dei Giochi del Mediterraneo); Vincenzo ha ereditato la presidenza della società che adesso è un modello per altri club professionistici. Ma anche gli altri Matarrese contano (negli ambienti industriali, ecclesiastici e politici). Recentemente, Punta Perotti ha creato difficoltà economiche al gruppo (la magistratura ha però stabilito che non ci sono responsabilità da parte dei Matarrese), ma tra sofferenze e battaglie giudiziarie il caso non è ancora chiuso (potrebbero riavere il complesso residenziale). Il Bari (che ha dato il via all'ascesa dei Kennedy di Puglia) rischia però, a distanza di anni, di diventare un boomerang imprevisto e imprevedibile, vista la trasformazione che il calcio sta conoscendo. La scelta strategica del club, a dire il vero, è stata fatta ed è assimilabile a quella di altre realtà (vedi Udine), ma a ostacolare il lavoro della dirigenza biancorossa è la pressione dell'opinione pubblica (più della tifoseria che della stampa), che vorrebbe agganciarsi alle big del campionato prima che si verifichi la definitiva spaccatura tra i super professionisti (che confluiranno nel campionato d'Europa per clubs, un'evoluzione dell'attuale Champions League) e l'attività (comunque professionistica, ma con premesse e finalità diverse) del campionato italiano. Probabilmente, ai più sfugge la dimensione europea e mondiale di un investimento nel calcio che i Matarrese potrebbero decidere di fare (facendosi affiancare) o di far fare (cedendo il pacchetto azionario ad altri pretendenti). La città è divisa: da una parte ci sono i prudenti, coloro che si accontentano pensando di difendere l'obiettivo massimo (che in realtà è minimo) della permanenza in A, senza considerare l'ipotesi di un salto di qualità (questione forse di mentalità o di conservatorismo generazionale); dall'altra si sta sempre più sviluppando la convinzione (soprattutto tra i giovani) che anche Bari e il Bari possano, per potenzialità, posizione strategica e vocazione (che pare bloccata) entrare attivamente nel giro che conta e che porterebbe un indotto di cui si fa forse fatica a capire la portata. I Matarrese, invece, sanno perfettamente quali possano essere le prospettive, così come sanno di dover gestire la società di calcio in un momento cruciale. Da questo punto di vista, il legame con l'asse Forza Italia-Milan-Telepiù-Canal Plus potrebbe essere un'arma a doppio taglio. I gestori della televisione digitale, dopo tanti investimenti, si aspettano di anno in anno un ritorno sempre maggiore (quest'anno le adesioni al digitale sono andate a gonfie vele: ma, dopo aver assimilato la novità, sarà ancora così se ci sarà disaffezione?). Il futuro, insomma, è legato alla crescita continua della visibilità (concetto giustamente caro all'amministratore delegato del Bari, Francesco Ghirelli), legata in primo luogo (adesso soprattutto) ai risultati della squadra. Per metterla sul piano economico-contabile, oggi conta più il fatturato che l'attivo di bilancio (soprattutto se si vuole entrare in Borsa). In conclusione: o i Matarrese si adeguano oppure (prima o poi) dovranno farsi da parte. I clienti-spettatori, del resto, hanno già sentenziato: niente stadio e niente abbonamenti alla pay senza garanzie. Come minimo, i tifosi per pagare vogliono divertirsi. Poi, se saranno soddisfatti, accoglieranno di buon grado anche le offerte del futuro stadio polifunzionale. G. F. C. | |
Il fiore all'occhiello dei vertici societari è l'aver saputo costruire un gruppo granitico dal punto di vista dirigenziale che ormai ha pochi punti deboli: la triade Matarrese-Regalia-Fascetti (a cui va ad aggiungersi Ghirelli) sarebbe quasi perfetta anche dal punto di vista dei rapporti con l'esterno, se non fosse per le periodiche (e spesso cervellotiche) uscite dell'allenatore. Per il resto, la strategia è chiara, convincente e produttiva: comprare a poche lire, valorizzare i giovani, cedere i migliori elementi a peso d'oro cercando di assicurare al tecnico dei ricambi adeguati. Negli ultimi tempi, meglio del Bari ha saputo fare solo l'Udinese che, però, a fronte di cessioni che fruttano decine di miliardi, si prende il lusso anche di acquistare pezzi pregiati (vedi Muzzi e Fiore). Non è detto, comunque, che questo non possa accadere in futuro anche in Puglia (magari dopo che il gruppo avrà risolto alcuni problemi), anche se far passare troppo tempo potrebbe significare dare l'addio ai sogni di gloria. ALEX |
L'asse Matarrese-Regalia-Fascetti è perfetto per l'attuale programmazione, ma sarebbe inefficace in caso di obiettivi di più alto profilo. La proprietà, del resto, al di là della quantità di capitale a disposizione, non ha interesse a investire perché non avrebbe un ritorno extracalcistico adeguato. L'allenatore, che ha qualità (come dimostrano le tante promozioni e salvezze, anche le tre consecutive raggiunte col Bari), non darebbe però garanzie: per quel che si è visto, la mentalità contrasterebbe con i parametri del calcio moderno (produce più ricchezza una squadra che attacca, vince e dà spettacolo), anche se, ad onor del vero, bisognerebbe misurare il tecnico con una rosa ampia e di campioni. Vincenzo Matarrese continua (da anni) imperterrito a sostenere che non si toccano i giocatori migliori (la lista per smentirlo è lunga), che ha intenzione di costruire una squadra sempre più competitiva. Fosse vero (il sogno di andare in Uefa lo è), saremmo già contenti. Il problema è che non basta. Se dopo il Bari di Platt ci son voluti anni per restare stabilmente in A, quanti ce ne vorrebbero per tornare nelle Coppe in caso di eliminazione al primo turno? ALEX |
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