HAR KARKOM E MONTE
SINAI: TESTIMONIANZE PER UNA IDENTIFICAZIONE
Emmanuel Anati
In occasione
dell’uscita del primo sito Internet interamente dedicato ad Har Karkom ed alla
pubblicazione on-line del libro: “Har Karkom, Mount Sinai rediscovered.
20 years of biblical archeology in review”.
Il monte Har Karkom, circondato dal
deserto Paran nella porzione israeliana del Sinai, è un luogo denso di
straordinarie testimonianze di culto datate già all’età della pietra. Ponte di
passaggio tra il continente africano e asiatico, la penisola del Sinai è stata
testimone di interminabili migrazioni umane e quindi di innumerevoli
stratificazioni religiose e culturali. Il professor Emmanuel Anati ha
individuato nell’Har Karkom un luogo di massima concentrazione di arte rupestre
e siti di culto, un punto di particolare sacralità sia per i paleolitici che per
le popolazioni seguenti, e la sede di rinvenimenti paletnologici che fanno
testo. Oltre a ciò, attraverso una rilettura della topografia dell’esodo biblico
associata ed una lunga serie di tracce archeologiche inerenti, Anati identifica
in questo luogo “chiave” la sede dello stazionamento delle tribù di Israele
prima dell’ingreso in Terra Santa, e quindi il Monte Sinai sul quale Mosè
ricevette le ben note rivelazioni sacre e testamentarie. In questo articolo,
contestualmente sintetico -considerata la complessità e l’importanza
dell’argomento-, l’autore spiega i dati essenziali dell’importanza paletnologica
ed esegetica di questa porzione del deserto Paran; la sede più plausibile del
dimenticato monte Sinai.
1. La scoperta
Quando si osserva Har Karkom dal deserto Paran, la
montagna, circondata da strapiombi, ha un profilo rettangolare che s”impone
sull”orizzonte. Essa è un plateau lungo circa 4 km e largo 2 km ed è un ovvio
punto di riferimento per i viaggiatori che attraversano il deserto, oggi come
nel passato. Sebbene Har Karkom sia solamente a 847 metri sopra il livello del
mare e 1246 metri sopra il livello del Mar Morto, esso domina il circostante
deserto Paran. La montagna è visibile dalle catene montuose di Edom e Moab in
Giordania, distanti più di 70 km.
Similmente, essa è visibile dal Jebel Arif el-Naqe,
che è probabilmente identificabile con il biblico Monte Seir, situato circa 20
km a nord-ovest, al di là del confine egiziano. Forse è significativo che Har
Karkom sia stato una sorgente importante per l”estrazione della selce nell”età
della Pietra. Più di 100 ateliers di taglio della selce del Paleolitico sono
stati registrati finora sull”altopiano. I dati archeologici raccolti in La
Montagna di Dio (ANATI 1986), ci avevano portato alla considerazione che Har
Karkom fosse divenuto luogo sacro alla fine dell”età della Pietra. L’uso della
selce, a quei tempi, come materiale di uso primario quotidiano, veniva
sostituito dal metallo. Secondo questa ipotesi, la montagna, grande sorgente di
selce, avrebbe acquisito una nuova dimensione di sacralità quando la selce cessò
di essere la principale materia prima di uso quotidiano. Comunque, si continuò
ad usarla, in modo specifico per scopi rituali come la circoncisione,
nell”Antica età del Bronzo e successivamente. Ora, pur non escludendo il ruolo
avuto dalla presenza della selce nella canonizzazione della montagna, sembra più
appropriato parlare di rinnovo della sacralità del monte, poiché sappiamo che
già nel Paleolitico vi era un “santuario” (ANATI, COTTINELLI, MAILLAND 1996, pp.
26-39).
Nel Calcolitico, nell”Antica età del Bronzo e
all”inizio della Media età del Bronzo, tra il 4300 e il 1950 a.C., l”attività
umana su questa montagna e ai suoi piedi ebbe una vera esplosione.
Questo periodo è chiamato BAC (Bronze Age Complex).
E’ seguito da uno iato, tra il 1950 e il 1000 a.C. nel quale la montagna fu
completamente abbandonata.
Nel periodo BAC le valli circostanti l”altopiano
erano piene di villaggi e l”altopiano stesso era disseminato di luoghi di culto,
pilastri in posizione eretta, tumuli funerari, circoli di Pietra, altari,
geoglifi (disegni sul terreno fatti con allineamenti di ciottoli) e una grande
concentrazione di arte rupestre.
La quantità di attrezzi in selce molto grandi e ben
rifiniti, troppo pesanti per essere maneggiati facilmente, sta probabilmente ad
indicare un loro uso rituale. Due dei più grandi grattatoi del periodo BAC
pesano più di 5 kg ciascuno. Entrambi sono stati trovati in contesti che
sembrano essere rituali. Uno era infisso verticalmente di fronte ai resti di un
focolare; il secondo giaceva ai piedi di una pietra antropomorfa.
La scoperta, nel 1992, del santuario del Paleolitico
cambia la precedente visione sugli inizi di pratiche rituali ad Har Karkom.
L’industria litica del santuario appartiene all”inizio della produzione di
un”industria su lama, una fase nota in diversi siti di Har Karkom, che abbiamo
definito come “cultura karkomiana”, risalente al periodo iniziale del
Paleolitico Superiore, probabilmente a oltre 40.000 anni.
La scoperta del sito Paleolitico HK/86B indica che
la montagna aveva acquistato sacralità molto prima di quanto si riteneva in
precedenza.
Se, come sembra, questo luogo è un santuario del
Paleolitico Superiore Iniziale, esso è il più antico santuario che si conosca.
Har Karkom può essere ritenuta una montagna sacra sin dal momento in cui venne
visitata per la prima volta dall”Homo sapiens; per quanto riguarda la nostra
specie, possiamo quindi dire da sempre.
Ma i luoghi di culto sull”altopiano sono
principalmente dei periodo BAC.
Nelle valli
circostanti, ai piedi della montagna, parecchi santuari, allineamenti di menhir,
ed altre strutture di culto dello stesso periodo sono state registrate accanto
agli insediamenti. Vi sono anche luoghi di culto più tardi. Essi includono un
piccolo tempio dell”età del Ferro ed un santuario del periodo ellenistico,
ambedue vicini alla montagna, non su di essa.
Il BAC fu un periodo di occupazione intensa, come è
mostrato dai numerosi luoghi di culto sulla montagna e dagli accampamenti
abitati alla sua base per un totale di 289 siti; 158 di questi presentano
strutture abitative, in altre parole sono villaggi con muri e muretti in pietra,
ubicati nelle valli ai piedi della montagna. Nel periodo BAC la montagna fu un
luogo di intensa attività di culto ed ai suoi piedi giunsero moltitudini.
L’archeologia ci offre un”immagine assai simile a quella che il testo biblico ci
dà del Monte Sinai.
I tumuli contengono sepoltura secondarie. Le ossa
lunghe erano generalmente aggruppate assieme, dunque non erano in posizione
anatomica. Sepolture secondarie vengono anche riportate nella Bibbia al tempo
dei patriarchi e di Mosè. Secondo la narrazione, le spoglie di Giacobbe furono
trasportate dall”Egitto: “Si avvicinava intanto per Israele il giorno della sua
morte ed egli chiamò a sé il suo figlio Giuseppe e gli disse: “Deh! se ho
trovato grazia presso di te, metti la tua mano sotto la mia coscia in segno di
giuramento, e promettimi che sarai benigno e fedele verso di me: di grazia non
seppellitemi in Egitto””” (Gen. 47, 29-30); “[ ] seppellitemi coi miei padri
nella grotta […] che Abramo acquisì col campo di Efron, l”eteo, per fondo
sepolcrale” (Gen. 49, 29-32); “I figli di Giacobbe fecero come aveva loro
comandato. Lo portarono nella terra di Canaan, e lo seppellirono nella grotta
del Campo di Macpela, […] e Giuseppe, dopo che ebbe seppellito suo padre, se ne
ritornò in Egitto, coi suoi fratelli e con quanti erano andati con lui a
seppellire suo padre” (Gen. 50, 12-14).
La pratica della sepoltura secondaria è indicata nel
testo biblico anche per Giuseppe stesso. “Mosè prese pure con sé le ossa di
Giuseppe, poiché questi si era fatto giurare dai figli d”Israele dicendo: “Iddio
certamente verrà in vostro aiuto; voi allora porterete via di qui con voi anche
le mie ossa””” (Es. 13, 19). Sembra opportuno evidenziare che questa è
un’abitudine dell”Antica età del Bronzo testimoniata dall”archeologia nel III
millennio a.C. in tutta la regione siro-palestinese. Le sepolture secondarie
sotto tumulo cessano di essere in uso all”inizio del Bronzo Medio, attorno al
2000 a.C.
La fine del III e l”inizio del II millennio a.C.,
nell”area siro-palestinese, fu un momento di grandi capovolgimenti, di
distruzioni di città e di penetrazione di nuove popolazioni nelle zone fertili.
Fu anche un periodo di recesso del confine del deserto. A causa di un grave
degrado climatico i popoli del deserto si riversarono nelle zone fertili
aggredendo la popolazione sedentaria ed impadronendosi della sua terra.
2. Il contesto
Già nei primi anni d”investigazione archeologica,
quest”area ha fornito un”immensa documentazione sui modi di vita, la struttura
sociale, l”economia, i costumi e le credenze dei popoli del deserto. E’ stato
chiaro fin dall”inizio della nostra prospezione che Har Karkom fu un grandioso
centro di culto, una montagna sacra, in particolare nel IV e III millennio a.C.
Har Karkom appariva come una sorta di Mecca preistorica dove importanti nuclei
umani arrivavano e costruivano i loro accampamenti ai piedi della montagna.
Allora, solo pochi salivano sull”altopiano per eseguire le attività di culto.
Sull”altopiano il terreno è coperto da resti del Paleolitico con fondamenta di
capanne, focolari ed atelíers di taglio della selce praticamente intatti.
Sull”hammada alcuni sentieri conducono dall”uno all”altro dei luoghi di culto
del periodo BAC.
E’ improbabile
che le moltitudini degli accampamenti BAC ai piedi della montagna abbiano
camminato su questo terreno, poiché, altrimenti, i siti paleolitici non
sarebbero in tale perfetto stato di conservazione. Sembra di poter dedurre che
le popolazioni BAC non avessero accesso all”altopiano: probabilmente esso era
riservato ad un numero di persone molto ristretto. Una situazione analoga,
riguardante la proibizione per la gente di salire sulla montagna, è narrata in
Esodo “[... ] il popolo non può salire sul Monte Sinai [...] (Es. 19, 12-13).
Questa potrebbe essere una regola per i luoghi sacri dell”età del Bronzo.
Pietre fitte o menhir, circoli di pietre, geoglifi,
tumuli, strutture simili ad altari, piattaforme pavimentate peculiari che la
Bibbia ci tramanda come bamoth, sono tutte chiare indicazioni di attività
religiose. Possiamo aggiungere a ciò l”enorme produzione di arte rupestre, gli
allineamenti di pietre fitte, i resti di un piccolo tempio sull”altopiano (una
struttura in pietra con un cortile, una stanza e una piattaforma rettangolare ad
altare rivolta ad est) ed almeno altri cinque ai piedi della montagna. Har
Karkom presenta un aggregato unico di testimonianze di attività di culto durante
il periodo BAC.
Sebbene il carattere religioso di Har Karkom sia
stato subito evidente, nessuna connessione fu fatta agli inizi tra questa
montagna ed il biblico Monte Sinai. Non avevamo mai avuto ragioni per mettere in
dubbio la credenza convenzionale che l”esodo fosse avvenuto nel XIII secolo a.C.
e che il Monte Sinai della Bibbia fosse quello ai piedi del quale sorse il
monastero bizantino di Santa Caterina. Infatti, per i non specialisti, questi
sembravano essere dati di fatto acquisiti. D”altro canto, non c”è traccia di
occupazione di Har Karkom da parte dell”uomo nel XIII secolo a.C. o in diversi
secoli antecedenti e posteriori. La data generalmente accettata per l”esodo
cadeva proprio nel mezzo di un lungo iato archeologico ad Har Karkom.
Oggi sappiamo che questo iato interessa la maggior
parte della penisola del Sinai e del Negev ad eccezione di alcune stazioni
militari e di commercio. Questa non è una peculiarità di Har Karkom. La
descrizione della vita quotidiana dei Midianiti, Amalechiti, Amorrei, Horiti ed
altre tribù nella Bibbia, a meno che non sia pura mitologia, deve riferirsi a
prima o dopo il II millennio a.C. Secondo le testimonianze archeologiche e
paleo-climatiche, tale dinamica vita tribale può difficilmente appartenere al II
millennio a.C. Nel corso dei primi anni delle ricerche ad Har Karkom non eravamo
giunti a porci simili quesiti. Un altro fattore che all”inizio escluse ogni
considerazione di una relazione tra Har Karkom e l”esodo fu la posizione di
questa montagna sul bordo della “Terra Promessa”.
Il Monte Sinai è frequentemente visto in letteratura
come un luogo lontano. Har Karkom si ubica indubbiamente nel perimetro dell”arca
della narrazione biblica dell”esodo, a metà strada circa tra Ezion-Ghéber e
Kadesh Barnea, e domina l”area che oggi è chiamata deserto Paran, ma è lontano
da ogni itinerario dell”esodo precedentemente proposto. C”è voluto qualche
sforzo mentale per immaginare che le vecchie autorevoli mappe delle stazioni dei
figli d”Israele nel deserto potessero essere messe in discussione. Paragonando
gli itinerari descritti nei libri, gli atlanti storici e le vecchie mappe,
appariva, tuttavia, che ogni itinerario era diverso dall”altro. Salvo qualche
punto più o meno fisso, come l”ubicazione di Kadesh-Barnea nell”area dell”oasi
di Ein Kudeirat e di Ezion-Gheber sulle sponde del Mar Rosso, vicino all”attuale
Ellat, quasi tutti gli altri siti connessi con la narrazione dell”esodo non
avevano una ubicazione geografica concorde da parte degli esegeti.
3. L”ipotesi
L’idea che Har Karkom possa essere identificato con
il biblico Monte Sinai venne dopo quattro anni di lavori di esplorazione della
montagna e trent”anni dopo la prima scoperta dell”arte rupestre in quel luogo.
numerosi
ritrovamenti di strutture rituali avevano mostrato l”utilizzo della montagna
come importantissimo luogo di culto. Sulla base di evidenze topografiche ed
archeologiche, nel 1983 proponemmo che Har Karkom venisse identificato con la
montagna sacra riferita dalle narrazioni bibliche come Monte Sinai. Questa
teoria fu inizialmente espressa con riserva come una tra le tante possibilità.
Da allora, sono intercorsi quindici ulteriori anni di prospezioni e ricerche e
dati addizionali hanno rafforzato tale convincimento.
Prendendo in esame i racconti biblici, Jarvis, Mazar
ed altri, avevano già stabilito negli anni “30 che il Monte Sinai dovrebbe
localizzarsi nel nord piuttosto che nel sud della penisola del Sinai, ma
l”identificazione di un sito specifico, che si basava su ritrovamenti
archeologici pertinenti, fu un fatto nuovo che scandalizzò alcuni, fu accettato
da altri, e stimolò un ampio dibattito.
Alcuni studiosi, pur considerando l”ipotesi di Har
Karkom, non sono in accordo con la cronologia. Essi dicono “Poiché l”esodo ebbe
luogo nel XIII secolo a.C., il Monte Sinai dovrebbe avere al suoi piedi i resti
di accampamenti del XIII secolo”. Se la data fosse così certa come alcuni
pensano, questa regola dovrebbe valere per qualsiasi sito candidato ad una
identificazione con il Monte Sinai, non solo per Har Karkom. In tal caso è
probabile che non una singola montagna nella penisola del Sinai andrebbe bene,
poiché il XIII secolo fa parte di uno iato nella sequenza archeologica (ANATI
1994, pp. 92-95; ISSAR 1995) (vedi Tabella dei ritrovamento arcbeologici: Negev
e Sinai).
Questo fatto è stato ulteriormente confermato da una
organica ricerca archeologica eseguita da Rudolph Cohen dell”Antiquities
Authorities ad Ein Kudeirat e nel Negev centrale. Dai risultati di tale ricerca
egli è stato indotto a proporre per “l”età dell”esodo” date non molto dissimili
da quelle derivanti da Har Karkom (COHEN 1983). Per quanto ci risulta, a parte
la chiesa greco-ortodossa che, almeno fino a ieri, sosteneva il sito di Santa
Caterina, nessun”altra confessione religiosa ha preso finora una posizione
ufficiale riguardo all”ubicazione del Monte Sinai. Il dibattito con teologi,
studiosi della Bibbia e archeologi rimane aperto. L’immensa concentrazione di
luoghi di culto ad Har Karkom prova che essa fu una montagna sacra per
eccellenza. Vedremo più avanti che i criteri fondamentali per la sua
identificazione sono tuttavia di carattere topografico.
4. Identikit del Monte Sinai
Dall”analisi delle descrizioni che la Bibbia ci
fornisce sul Monte Sinai, emergono diversi elementi per un identikit della
montagna secondo la visione dei cronisti. Di ciò si è già parlato in La Montagna
di Dio (ANATI 1986). Si riassumono di seguito gli elementi essenziali:
A. Ubicazione geografica
- Al confine tra i territori tribali di Amalec e
Madian.
- Ad ovest della valle dell”Aravà.
- Nel nord della Penisola del Sinai.
- A due o tre giorni di cammino dall”accampamento di
Jetro.
- Tra 100 e 160 km a sud di Kadesh-Barnea.
- Una via che ha undici stazioni con pozzi d”acqua
per giungere a Kadesh-Barnea passa per la via del Monte Seir.
- Ai piedi del Massiccio del Negev Centrale.
- Vicina al deserto Paran.
- Il deserto del Sinai è ai suoi piedi.
- Refidim è a meno di due ore di cammino.
B. Topografia
- Un piccolo altopiano con una cima che lo sovrasta.
- Un agile sentiero di accesso dalla valle
sottostante all”altopiano e da questo alla vetta.
- Una grotticella sulla cima del monte.
- Zona di pascolo stagionale.
- Risorse d”acqua sufficienti per un gruppo umano di
notevoli dimensioni.
- Presenza di crepacci e di frane.
C. Vestigia ipotizzabili sulla montagna
- Resti di culto di età del Bronzo tra cui
probabilmente un tempio midianita.
·
Incisioni rupestri.
D. Vestigia ipotizzabili ai piedi della montagna
- Grande accampamento o accampamenti.
- Altare con accanto dodici cippi od ortostati.
- Fucina di fusione del metallo con accanto una
pozza d”acqua.
- Santuario del tabernacolo.
- Recinti per il bestiame.
Da tutto ciò emerge che i cronisti avevano una
visione precisa di questa montagna.
Per quanto riguarda la ubicazione geografica e
topografica della montagna, Har Karkom corrisponde in pieno. I resti
archeologici identificati sembrano rendere ai brani biblici un sorprendente
nuovo senso di realtà. Nessun”altra montagna tra tutte quelle proposte per
l”identificazione con il Sinai e, per quanto ci è noto, tra tutte quelle che
conosciamo nell”intera arca del Sinai e del Negev, risponde a tutte queste
caratteristiche. Il quesito ripetutamente formulato, in merito al grado di
attendibilità e storicità delle descrizioni topografiche nella narrazione
biblica, si ripropone qui in tutta la sua dimensione.
Quanto constatato fa ritenere che dietro la
narrazione biblica vi sia una storia. La ricerca può tentare di comprendere
quanto vi sia di storia reale e quanto sia frutto di mito o di fantasia. I
monumenti e i siti archeologici che ritroviamo oggi sono in superficie, negli
ultimi millenni sono sempre stati visibili. Forse 3000 anni fa erano meglio
conservati di oggi. Ed è probabile che anche i viandanti di allora li abbiano
osservati ed abbiano cercato di capirli, come fanno ancora oggi i beduini della
stessa zona.
5. Le testimonianze archeologicbe
Le prime considerazioni archeologiche che
suggerirono un legame tra Har Karkom ed il Monte Sinai erano basate sulle
analogie tra le scoperte sul campo e le descrizioni bibliche.
Presso un sito abitativo del periodo BAC, ai piedi
della montagna (sito HK/52) abbiamo trovato un gruppo di 12 cippi o pietre fitte
che fronteggiano una piattaforma di pietra. Ciò richiama il passo dell”Esodo
(Es. 24, 4): “E Mosè levatosi per tempo eresse ai piedi del monte un altare e
dodici cippi, per le dodici tribù d” Israele”. Ovviamente non siamo nella
condizione di provare che questo monumento sia stato costruito da Mosè e nemmeno
di provare che Mosè sia mai esistito, ma il monumento è lì e probabilmente fu
visto, e forse anche interpretato, da antichi viandanti. Su una delle due cime
di Har Karkom vi è un piccolo riparo sotto roccia. Una grotticella sulla sommità
della montagna non è comune nella penisola del Sinai.
In Esodo 33, 21-22, il Monte Sinai viene descritto
come avente una tale caratteristica: “Ecco qui un luogo vicino a me. Mettiti su
quella roccia e mentre passerà la mia gloria ti porrò nel cavo della roccia e ti
coprirò con la mano [...] “ (Es. 33, 21). Di nuovo, questa è una caratteristica
topografica che la Bibbia attribuisce al Monte Sinai. Il testo indica che vi è
la tradizione della presenza di una grotticella sulla cima della montagna. Come
per il Monte Moria, dove la tradizione vuole che sia avvenuto il sacrificio
d”Isacco, la grotticella sulla cima è segno di sacralità della montagna.
Sull”altopiano di Har Karkom vi sono i resti di un
tempietto del periodo BAC costruito con pietre non lavorate, con una piattaforma
(altare?), orientata verso est. Attorno a questo santuario ci sono tumuli
funerari, geoglifi, ed incisioni rupestri comprendenti impronte di piedi incise
in direzione della cima della montagna. Fin dai tempi del Neolitico, l”immagine
dell”impronta del piede è stata un segno di venerazíone e di culto in molte
parti del Vicino Oriente, dell”Europa e dell”Africa. Nel presente contesto è
ipotizzabile che abbia lo stesso significato.
Nel libro dell”Esodo esistono diversi riferimenti ad
un tempio che Mosè avrebbe visto sulla montagna (Es. 25, 40; 26, 7; 26, 30; 27,
8). Alcuni esegeti ritengono che Mosè possa aver avuto la visione di un tempio
“celeste” mentre era sulla montagna, ma la Bibbia dice che in quel luogo c”era
un tempio e questo di nuovo è un riferimento topografico.
Gli antichi
viaggiatori nei tempi biblici possono avere riconosciuto un santuario in questa
struttura dotata di altare. La Bibbia dice che c”era un tempio sulla montagna, e
sull”altopiano di Har Karkom vi sono i resti di un tempio.
Altri simili paralleli tra i racconti biblici ed i
ritrovamenti archeologici sembrarono a prima vista delle coincidenze, ma, con il
procedere delle ricerche, tali coincidenze si moltiplicarono. In primo luogo,
l”arte rupestre fornisce un ragguardevole numero di paralleli con i racconti
biblici. Nulla di simile è stato riscontrato in altri monti della penisola.
Questa dovizia di paralleli è per lo meno strana, per chi volesse spiegarla come
casuale.
Al di là della rispondenza con descrizioni bibliche,
comunque, Har Karkom sta rivelando una quantità di luoghi di culto che non ha
eguali, mostrando un ampio ventaglio di testimonianze sul connubio religioso tra
uomo ed ambiente. I macigni che rotolarono dalle pendici delle montagne sono
stati trattati dall”uomo in maniera speciale. Attorno a taluni di questi massi
sono stati costruiti circoli di pietra e talvolta l”uomo ha aiutato la natura a
dare loro un aspetto antropomorfo mediante l”incisione di occhi, narici,
sopracciglia, o altri particolari del volto umano.
In diversi luoghi sono stati scoperti dei geoglifi,
sull”altopiano ed attorno ad esso; allineamenti di pietre, o aree in cui le
pietre sono state rimosse producendo in tal modo disegni sulla superficie,
mostrano attività umane non direttamente funzionali o economiche e danno
l”impressione della sacralità attribuita a questo suolo dall”uomo. Sopra ed
attorno alla montagna sono stati rinvenuti numerosi cippi fitti, sia isolati sia
anche in circoli e in allineamenti. In alcuni casi questi cippi sono in
relazione all”arte rupestre. A volte, rocce istoriate sono state collocate ai
piedi dei cippi. Ma al di là di questi elementi, che sono del tutto evidenti, si
coglie l”impressione, in molti di questi luoghi, che i raggruppamenti di pietre
e sentieri ripuliti che non portano in alcun luogo, o solo ad un monolito
scolpito dalla natura, rappresentino delle opere dell”uomo il cui significato
sfugge ancora alla nostra comprensione.
Le scoperte archeologiche ad Har Karkom e nelle aree
circostanti forniscono un”immagine complessa del modo di vita delle tribù del
deserto, delle credenze e delle pratiche, dell”organizzazione sociale e delle
risorse economiche. Esse mostrano evidenti analogie con i racconti biblici. I
compilatori del libro dell”Esodo, quando descrivono la Montagna di Dio,
forniscono una ricchezza notevole di dettagli topografici che coincidono con
quelli di Har Karkom.
Il culto di questa montagna durò per secoli ed in
più di una occasione cospicui gruppi umani si accamparono ai suoi piedi. Non
possiamo per ora dire se uno di essi fosse un gruppo di schiavi fuggiti
dall”Egitto; ma possiamo dire che i reperti archeologici ci raccontano una
storia simile a quella narrata dalla Bibbia. Di anno in anno le testimonianze
aumentano e l”immagine generale si fa più nitida.
Quando il libro La Montagna di Dio uscì nel 1986,
erano stati registrati circa 500 siti archeologici. Da allora, le spedizioni
condotte ogni anno hanno aggiunto nuovi siti, portando il loro numero a 1000.
Parecchie recenti scoperte hanno contribuito all”acquisizione di nuove
informazioni concernenti l”area. Le valli ad occidente e a nord della montagna
furono intensamente frequentate da gruppi umani nel IV e III millennio a.C. La
montagna è probabilmente servita come grande centro di culto e pellegrinaggio in
più occasioni nel corso di duemila anni.
L’archeologia corrente tende ad identificare resti
di strutture in pietra, basamenti di capanne, focolari ed altri aspetti di
cultura materiale. In questo contesto, ci sono ulteriori elementi.
Tracce di paleosuoli ed allineamenti di pietre
rivelano l”azione della mano dell”uomo sull”intero territorio. Sembra che l”uomo
abbia manipolato le forme della natura, completandole e aggiungendo ad esse
nuovi elementi con arte rupestre, geoglifi, ortostati, circoli di pietre,
tumuli. L’intera superficie di molti dei siti appare come un immenso mosaico
dove uomini antichi lasciarono i loro messaggi.
6. Considerazioni topografìcbe
I principali testi che identificano l”area dove
dovrebbe essere ubicato il monte Sinai sono le liste delle tappe dell”esodo che
appaiono nel libri dell”Esodo e Numeri. Avendo esplorato il Negev e il Sinai per
quarant”anni, non condividiamo l”idea di coloro che, studiate le tappe a
tavolino ritengono che le stazioni bibliche non siano identificabili. Al
contrario, riteniamo che l”itinerario dell”esodo, come descritto nella Bibbia,
dalla terra di Goshen al Monte Sinai, e poi da qui a Kadesh-Barnea, e da qui a
Gerico, possa essere ricostruito con una certa precisione. Nuovi elementi si
sono recentemente aggiunti all”itinerario proposto in La Montagna di Dio (ANATI
1986). La topografia generale di questo itinerario è arricchita da ulteriori
dati topografici ed archeologici. Essi concernono, in particolare, le due
stazioni bibliche di Mara ed Elim, rispettivamente ad El Murra e nelle vicinanze
di Abu Awgeila e del sito biblico di Refidim a Beer Karkom. Se, come riteniamo,
vi sono elementi sufficienti per identificare questi siti, si limita
drasticamente l”area in cui può essere ubicato il Monte Sinai (ANATI 1997).
Al di là di quanto già scritto nell”opera menzionata
più sopra e dei nuovi dati acquisiti su queste stazioni, si pone subito una
domanda fondamentale: dopo la lunga permanenza al Monte Sinai, l”itinerario
biblico prosegue in regioni lontane o lungo i confini della “Terra Promessa”?
Alcuni studiosi asseriscono che esso attraversi la penisola del Sinai dall”area
dell”odierna Santa Caterina sino ad Ein Kudeirat, ma l”analisi dei nomi
menzionati da Num. X-XIII sembra indicare una diversa area geografica.
Esaminiamo alcuni esempi. “La via montagnosa degli
Amorrei” (Deut. 1, 7; 1, 19) si trova nel territorio degli Amorrei, a sud del
Mar Morto, non lungi della valle dell”Arava. Il deserto Paran, presso Hazerot,
viene descritto come il luogo di partenza degli “esploratori” che raggiunsero
Ebron dal deserto di Zin (Num. 13, 1). Questo deserto nella narrazione biblica
include probabilmente ciò che oggi viene chiamato Nahal Zin, dalla valle
dell”Aravà all”odierno Sde Boker a nord di Har Karkom. Il sito di Bene Yaakan ha
un nome Horita (Num. 33, 32), e gli Horiti secondo le descrizioni bibliche,
all”epoca, vissero nei pressi dell”Aravà. Yotvata ed Avrona sono località
nell”Aravà (Num. 33, 34) ed Ezion Geber è vicino ad Eilat all”estremità
settentrionale del Golfo di Aqaba (Num. 33, 36). Seguendo quanto detto su una
carta geografica, sarà chiara la visione biblica dell”itinerario.
Il Monte Sinai appare ubicato fra i deserti di Zin e
Paran, tra la terra di Amalec e la terra di Madian, tra Elim e la “Via
montagnosa degli Amorrei”. Parecchi passi della Bibbia forniscono informazioni
riguardanti l”ubicazione dei deserti sopra menzionati e dei territori degli
Amalechiti, dei Midianiti, degli Amorrei.
Il cronista della Bibbia sa ubicare il Monte Sinai:
“Mosè pascolava il gregge di Jetro suo suocero, sacerdote di Midian e guidando
il gregge al di là del deserto giunse al Monte di Dio, Horeb” (Es. 3, 1). Nella
storia di Mosè in Midian, il Monte Sinai è descritto come territorio da pascolo
dei Midianiti, oltre il deserto (Paran) che lo separa del luogo di abitazione di
Jetro. Sulla via tra l”abitazione di Jetro e l”Egitto, Aronne andò incontro a
Mosè che dalla terra di Midian tornava in Egitto e lo incontrò presso il Monte
di Dio (Es. 4, 26). Carta geografica e Bibbia alla mano, Har Karkom è la sola
località, tra quelle proposte per il Monte Sinai, che rientra senza forzature in
queste coordinate spaziali.
Secondo la
narrazione, gli Israeliti insediati a Refidim andavano a prendere l”acqua al
Monte Horev.
La Bibbia descrive Refidim come molto vicino al
Monte Sinai (Es. 17, 5). E’ indicato nella narrazione dell”esodo come il pozzo
che fu causa di una disputa tra Amalechiti e Midianiti. Entrambe queste tribù,
secondo il testo, fecero la loro apparizione a Refidim che, nella visione
topografica della narrazione biblica, si trova al confine tra i territori di
queste due tribù. Il pozzo di Beer Karkom, 7 km a nord di Har Karkom, dove vi
sono resti di grandi accampamenti del periodo BAC, rispecchia queste indicazioni
topografiche e risponde alla descrizione che ce ne dà la Bibbia.
Possiamo prendere in considerazione anche altre
descrizioni bibliche e paragonarle ai dati topografici del territorio.
All”inizio del Deuteronomio è scritto “sono 11 giorni di cammino dall”Horeb,
seguendo la strada del Monte Seir fino a Kadesh Barnea” (Deut. 1, 8). Per molti
studiosi, anche tra coloro che non concordano con l”identificazione di Har
Karkom, Kadesh-Barnea viene identificata con Ain Kudeirat o con la vicina Ain
Kadis. Il Monte Seir (Seir significa peloso) è probabilmente Jebel Arif el-Naqe,
che ha una valle con acqua e pascoli sul lato settentrionale, dove sono situati
i pozzi di Bir Main e Bir el Beidha. Essa è realmente una montagna pelosa nel
senso che è ricca di cespugli. C”è una buona pista tra Har Karkom e Ain
Kudeirat, passando da Jebel Arif el-Naqe. Lungo questa via ci sono 10 gruppi di
pozzi a distanze variabili tra 7 e 15 km l”uno dall”altro. Se Har Karkom è il
Monte Sinai, per un gruppo che cammina a piedi occorrono esattamente 11 giorni
dall”Horeb, via Monte Seir, per raggiungere Kadesh Barnea (AA.VV. 1988, p. 10).
La Bibbia descrive deserti e zone tribali attorno al
Monte Sinai. Uno dei dati principali che emergono è che il Monte Sinai, secondo
la narrazione, deve essere situato vicino al confine tra la terra di Midian e la
terra di Amalec (Es. 17, 9-20). La Bibbia inoltre indica che gli Amalechiti
occupavano le alture del Negev centrale e la zona di Kadesh-Barnea, mentre i
Madianiti erano stanziati su entrambe i lati della valle dell”Arava. il Monte
Sinai, secondo la narrazione biblica, dovrebbe essere situato tra queste due
regioni, segnatamente nell”area di Har Karkom. Un esame completo delle
indicazioni topografiche nella Bibbia situa il Monte Sinai nella regione di Har
Karkom anche senza prendere in considerazione i ritrovamenti di Har Karkom.
7. Conclusioni
In questa sintesi dei vari elementi si è esaminato
la scoperta ed il suo contesto, si è visto quale identikit della montagna di Dio
ci fornisce il testo biblico, abbiamo considerato le rispondenze archeologiche e
quelle topografiche.
Tutte le testimonianze raccolte su Har Karkom
corrispondono alla narrazione biblica. Con non poca sorpresa si è portati a
riconoscere l”inatteso carattere veristico e puntuale della narrazione biblica.
Tutto ciò non dimostra il teorema di Keller che “La
Bibbia aveva ragione”. E non dimostra neppure che vi fu una rivelazione ed un
Mosè sul Monte Sinai. L’unica cosa che forse si può supporre, è che i
compilatori della narrazione o i cantastorie che li precedettero, avevano una
nozione chiara e visuale della Montagna di Dio e che, probabilmente, Har Karkom
era il modello che avevano davanti ai propri occhi.
da ‘Har Karkom e Monte Sinai; archeologia e mito’
Atti Conv. St. Associazione Lombarda Archeologica’,
18 Gennaio 1997 Milano
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