Le
Opere
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Nato nel 1958 vive e lavora a Genova, con studio in piazza Stella 5:
autodidatta, ha frequentato il liceo scientifico e la facoltà di medicina
e chirurgia, opera nel campo dell'arte dal 1975, abbandonati gli studi,
dal 1986 si dedica interamente alla pittura.
La
Critica
La ricerca di Mario Napoli si svolge per un certo
periodo lungo un percorso variegato, quale deve essere quello di un
giovane artista intento innanzitutto a esplorare le personali capacità
interpretative di un momento catalizzatore.
Dalle iniziali esercitazioni a china
simbolicamente risolte per immagini cesellate dal fittissimo ordito dei
segni, si passa nel 1975 a un informale nostalgico che trova scansioni e
perfezioni tonali nel successivo periodo "optical" per poi
perdersi, sfumarsi e ricompattarsi in campiture nette, a contrasto: un
gioco di emozioni e di oggetti da sospendere in un limbo, un pò Calder e
un pò Angeli.
E siamo alla metà degli anni ottanta.
A questo punto le varie esperienze, vissute
attraverso opere tecnicamente valide e suggestive, paiono assommarsi in un
a decisiva accettazione di linguaggio da cui matura il lavoro delle ultime
stagioni.
Infatti l'ossessione calligrafica, l'emozione
informale, la perizia combinatoria delle prove"op" e la fuga
onirico/concettuale dei colori trovano la convergenza e l'esaltazione in
un assemblaggio di sintesi e di frazionamento futurista che può
rammentare il clima di certi "puzzles" di Ugo Nespolo.
Ma questo è solo un primo impulso di natura
virtuosistica poichè Napoli riesce ben presto a sciogliere i nodi troppo
perfetti dell'azione,riesce a "sporcare" e a incasellare le
tensioni cromatiche e narrative.
Eppure prima del decisivo passo che lo introduce
nella maggiore libertà gestuale, decide di rivedere una lezione
d'astrattismo puntando in particolare su Albers come su un obbiettivo da
centrare e distruggere magari per poter rinascere in quella dimensione
cercata,lambita e non ancora raggiunta.
E' nel pastello ad olio dove Mario Napoli
intravede la via della morbidezza e della consuetudine tattile con la
carta che si fa carne e idea da raccontare senza calcoli, senza finzioni.
La matita corre (poi correrà anche il pennello)
su caselle contigue pronte ad esplodere e a confondersi o a crescere e a
conquistare, da elementi particolari della narrazione, la pienezza della
scena.
Osserviamo pertanto figure/ombre/colori o
paesaggi dell'inconscio o intrighi vegetali di impronta mediterranea, a
getti accesi.
Oppure teatrini, con un lontano sguardo a Depero,
in cui decantare la fantasia e farle riassaporare percezioni smarrite,
percorsi suadenti.
Mario Napoli ha dunque liberato la sua
immaginazione e il suo gesto in un ampio territorio d'indagine dove
convivono armonicamente l'action painting e la valenza ludica,
l'automatismo informale e la perfezione formale, il segno distintivo e la
modulazione timbrica.
Luciano
Caprile
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