Le
Opere
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I Contatti |
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Nasce a Genova nel 1924.
Tra la fine degli anni Quaranta e l'inizio degli anni Cinquanta realizza
le sue prime opere, inquieta interpretazione delle coeve istanze
neorealistiche.
La sua prima personale si tiene nel 1954 alla Galleria del Sole di
Brescia. Nel 1956 espone alla Biennale di Venezia.
Alla fine degli anni Cinquanta si trasferisce a Milano, dove stabilisce
contatti con i nouveaux réalistes francesi e con l'ambiente artistico del
capoluogo lombardo (Fontana, Manzoni, Rotella).
Nella seconda metà degli anni Cinquanta, con la serie delle Anime
d'impronta giacomettiana, prende avvio la sua riflessione sui
linguaggi dell'arte.
Negli anni Sessanta realizza i Falsi
ideologici, rivisitazione non priva d'ironia dei miti della storia
dell'arte e delle immagini dell'arte popolare.
E' presente alla XIII Triennale di Milano del 1964 ed espone in varie
personali a Milano, Londra e Parigi. Negli anni Settanta radicalizza la
sua ricerca fino alla simulazione della tecnica fotografica, ma l'uso di
mezzi non tradizionali lo distingue dalle esperienze degli iperrealisti
americani.
Nel 1975 realizza la prima di una serie di Trascrizioni
che si susseguiranno sino alla metà degli anni Ottanta: azioni che
riattualizzano opere di maestri del passato attraverso l'intervento
diretto dell'artista.
Nel 1978 partecipa alla rassegna "Cinema d'artista e cinema
sperimentale in Italia" al Centre Georges Pompidou di Parigi.
Negli anni Ottanta alcune di queste trascrizioni sceniche sono nuovamente
riportate sulla tela: Diana Taurica (1981),
Leda e il cigno (1982), Assassinio
speranza delle donne (1986).
Nel 1989 vince il concorso per le opere di decorazione del Teatro Carlo
Felice di Genova, dove realizza due affreschi raffiguranti episodi della
storia genovese.
Nel 1994 è invitato nell'ambito de The CiII Rialaig Project per un
soggiorno operativo a Ballinskellings, nella Contea del Kerry: è la prima
di una serie di permanenze in Irlanda che danno vita ad un periodo
particolarmente intenso all'interno della sua attività artistica.
La
Critica
- Per Aurelio Caminati.
C'e un filone di poesia che corre, segreto e discreto, pei terreni del
gioco culturale e nella fantasia ironica.
Il pastiche, l'allusione, la citazione incongrua, il non sense,
l'assonanza puramente gratuita, compongono la sostanza preziosa di quel
fragile e squisito filone: che talvolta può essere falsificato in leghe
di appariscente luminosità, ma che, quando si rivela di autentica
estrazione, è tra i più rari e ricercati.
Ne troverete poche vene nel terreno culturale italiano; più facile
incontrarlo nel suolo inglese o tedesco, o nel «ventre» della Parigi
meno turistica.
E quali cercatori, di quest'oro pallido e magico, potremmo ricordare! Da
Ernst a Duchamp, da Maurice Henry a Prévert, da Allais a Jarry, la
schiera di questi gentili dissacratori del Sacro Patrimonio fossilizzato,
di questi eretici e ironici salvatori del Mito Poetico, forma un drappello
di missionari‑pionieri che ha portato e porta intatta la face della
cultura nei liberi paesi della fantasia.
E tra questi spiriti sottili e apparentemente iconoclasti (che sono poi
quelli più inclini alla commozione e all'abbandono) ho potuto
riconoscere, con gioia, l'amico Caminati intento a un glorioso e gioioso
saccheggio, a una festa dolce-amara di amorosi inganni e mascheramenti. O smascheramenti.
Egli irride e devasta, taglieggia e scuce le trame che più ama: sa che si
può e si deve sorridere, pateticamente, di ciò che e più gelosamente
nostro, di ciò che ci ha nutrito e ci sostiene. Recupera cogi il
messaggio più profondo e più libero di sogni e certezze, che la crosta
delle convenzioni seriose ha nascosto, e che lievita invece entro le teche
del Museo e della Libreria.
Ha spezzato il filo dell'apparenza logica, e divaga ed estrae e accomuna
dal coacervo di una diramata conoscenza le più opposite citazioni.
Queste sparse pepite di auree immagini e di grani di sapienza popolare si
ricompongono in un firmamento misteriosamente chiaro: il cielo di una
esistenza davvero umana e sofferta e goduta.
Il gioco si fa sentimentale e resta limpido, cristallino nelle sue regole.
Come nei ritmi della composizione dei suoi quadri, come nel luminoso e
ingenuo vibrare delle sue figure colorate.
Franco
Russoli
marzo 1969
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