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Le
stimmate viste dai contemporanei
"Io
sottoscritto padre Gaetano del Bambino Gesù attesto di aver veduto, nel
mese di luglio dell'anno 1899, sulle mani della giovinetta Gemma Galgani
certe piaghe, che non avevano nulla dell'ordinario in natura. Nella parte
inferiore della mano, e precisamente nelle palme, vedevasi come un
pezzo di carne sovrappostavi, simile a una capocchia di chiodo, della
superficie di un soldo; sul dorso poi vi era, in ambedue le mani, come una
scorticatura, però alquanto profonda. Quella mancanza di carne sembrava
essere stata mandata via da un chiodo spuntato, che fosse stato conficcato
nella parte opposta. Io e chi con me le vide, non esitammo a dire che
quelle fossero stimmate, prodotte da cagione tutt'altro che naturale.
Infatti, guardando le mani della giovinetta il giovedì sera, non vedemmo
nulla; guardate il venerdì mattina le trovammo nel modo descritto di
sopra; e riguardate il sabato, altro non ci vedemmo che una piccola
cicatrice rossastra. In fede. Firmato: padre Gaetano del Bambino Gesù,
passionista."
"Dal
giorno 8 giugno 1899 in cui Gemma ricevette per
la prima volta le stimmate, il prodigio delle stimmate continuò a
ripetersi periodicamente nello stesso giorno ed ora, in ogni settimana,
cioè la sera di giovedì verso le ore 8, e durava fino alle ore 3
pomeridiane del venerdì. Nessuna preparazione lo precedeva, nessun senso
di dolore o impressione qualunque in quelle parti del corpo lo annunziava
imminente, ad eccezione del raccoglimento prodromo dell'estasi. Appena era
questa per principiare, tutt'a un tratto le si vedeva apparire sul
dorso di ambedue le mani e in mezzo alle palme una macchia rubiconda,
e di sotto all'epidermide (che è quella membrana sottile e trasparente
che ricopre esternamente la pelle) vedevasi a poco a poco aprirsi una
squarciatura nel vivo della carne, ossia del derma, oblunga sul dorso e
irregolarmente rotonda nella palma. Poco dopo laceravasi la membrana
stessa, e su quelle innocenti mani la ferita era messa a nudo con tutti i
caratteri di piaga viva, del diametro di un buon centimetro nella palma, e
di due millimetri sul dorso, sopra una lunghezza, in quest'ultima, di
venti millimetri. Talvolta la lacerazione apparve assai superficiale, e
tal altra quasi impercettibile ad occhio nudo, nondimeno più d'ordinario
essa era molto profonda; anzi sembra che attraversasse tutta la grossezza
della mano, andando la ferita superiore a raggiungere quella della parte
opposta. E dico sembra; perché quelle aperture erano rigurgitanti di
sangue, in parte fluente, e in parte aggrumato, e quando cessava il
sangue, tosto si restringevano; onde non era facile di esplorarle senza
l'aiuto d'uno specillo. Ora questo strumento non fu mai adoperato, sia per
cagione del timore riverenziale che incuteva l'estatica in quelle sue
misteriose condizioni; sia perché l'acerbità del dolore le faceva tener
le mani rattrappite convulsivamente; e sia ancora perché nella palma
la ferita era coperta da una protuberanza, la quale da prima parve che
fosse formata da grumi di sangue, mentre invece si trovo che era carnosa,
dura, a forma di capocchia di chiodo, rilevata e non aderente, della
grandezza di un soldo. Nei piedi poi, oltre ad essere le squarciature
più larghe e circondate da lividure sui labbri, la differenza di
grandezza era in senso inverso di quelle delle mani; cioè di maggior
diametro sul dorso e di minore sotto la pianta; ed inoltre quella del
dorso del piede sinistro era grande quanto quella della pianta del destro:
come certo dovette essere nel Salvatore, supposto che con un sol chiodo
fossero confitti sulla croce ambedue i suoi santi piedi, il destro
sovrapposto al sinistro. Ho poi detto che le accennate squarciature si
formavano a poco a poco, e cioè in cinque o sei minuti, cominciando
internamente nella pelle sotto l'epidermide, e terminando con la
lacerazione di questa. A volte pero non era così: il colpo che le
produceva, era istantaneo, e veniva dall'esterno a guisa di violenta
trafittura; ed allora era uno strazio a vedere la cara martire, colta
così all'improvviso, scuoterai, tremare con tutti i muscoli delle
braccia, delle gambe e della vita. Ora veniamo alla ferita del costato.
Direttamente fu questa poche volte e da pochi osservata: parendo male alla
gente di casa di avvicinarsi troppo a quel corpo verginale per solo fine
di appagare la loro devota curiosità, siccome parve male a me stesso, che
perciò rimasi privo della consolazione di potermene render conto. Certo a
giudicare dall'acerbo dolore, che la buona Gemma sentiva di questa sua
ferita, non superficialmente solo, ma profondamente nel centro del cuore,
può a buon diritto opinarsi che essa giungesse fino al cuore. D'altra
parte, se il fine che si propone Iddio nell'operare prodigi si singolari,
è quello di riprodurre in alcuni suoi servi prediletti la realtà di
quello che il suo divin figlio Gesù soffrì per noi sulla croce; non
sembra vi sia ragione di pensare che questa riproduzione egli la faccia
incompiuta. Nell'autopsia che si fece del cadavere della Serva di Dio
Giovanna della Croce, leggo nella storia della sua vita, che i medici
vollero seguire il corso della misteriosa ferita che essa aveva nel
costato, e trovarono che attraversando il polmone, giungeva in realtà
fino al cuore. Anche della nostra Gemma fu fatta, come avrò da dire a suo
luogo, l'autopsia del cadavere, tredici giorni dopo la sua morte. Se il
prodigio delle stimate non fosse in lei del tutto cessato già da due
anni, chi sa che non avremmo avuto, in un secondo palpabile esempio, la
chiara evidenza di quel che qui asserisco come semplicemente probabile?
Era la suddetta apertura del costato in Gemma a forma di mezza luna in
direzione orizzontale con le due punte rivolte in su. La sua lunghezza in
linea retta era di sei centimetri, e le sua larghezza nel punto medio di
tre millimetri, formando con le sue due opposte faccie un angolo, che avea
il suo vertice alla profondità di un mezzo centimetro. Anche questa
ferita si produceva in due modi diversi, cioè istantaneamente
dall'esterno come per effetto di una lanciata; ovvero dall'interno a poco
a poco, aprendosi da quella parte minutissimi forellini rubicondi, che si
vedevano trasparire attraverso l'epidermide, i quali poi crescendo di
numero finivano con lacerare il derma, e formare la raccapricciante piaga
che abbiamo descritto. Mi meravigliai non poco dell'anzidetta forma di
mezzaluna, insolita negli altri stigmatizzati che si conoscono, ma cessò
la maraviglia allorché m'imbattei a leggere la vita della Ven. Diomira
Allegri fiorentina, del secolo XVII, la quale aveva la sua in egual modo,
stando alla relazione giurata che nel processo di beatificazione della
Serva di Dio ne fecero i medici periti d'ufficio e parecchi altri
testimoni de visu. Or non essendo giusto di pensare che una forma si ben
definita in due diversi esempi, a circa tre secoli di distanza l'uno
dall'altro, avvenisse a caso, potrebbe credersi che la lancia, con cui fu
aperto il sacro Costato del Salvatore in croce, avesse tal forma che,
percotendo con essa in direzione obliqua, si venisse ad aprire una ferita
arcuata. Copioso era il sangue che dall'anzidetta piaga sgorgava, e
poteva vedersi nelle interne vesti, che ne rimanevano tutte inzuppate.
L'umile e pudica verginella si aiutava quanto poteva per occultare quel
sangue, servendosi di pannilini ripiegati a più doppi, che si applicava
sul fianco ripetutamente; poiché in breve li trovava molli, e correva a
nasconderli per lavarseli poi da sé segretamente. Tuttavia lo sgorgo non
era continuo, ma intermittente, ad intervalli di tempo piè o meno lunghi,
da lasciare che la piaga si asciugasse e sopra vi si rapprendesse il
sangue; di guisa che, lavandola rimaneva la carne viva, come naturalmente
suole accadere ad una ferita in via di guarigione. Ma qui non si trattava
di fenomeno naturale; e pero ad un nuovo accendimento del misterioso fuoco
che di dentro operava, la piaga tornava di repente ad infiammarsi, e il
sangue riprincipiava a fluire in gran copia. Così una delle tante volte
che ciò le accadeva, potè scrivere: "Gesù si è fatto sentire
forte forte all'anima mia; ed allora non reggendo più il cuore, si è
aperta la ferita da quella parte, ed ha fatto sangue". Per tal
condizione di cose non fu mai possibile di sapere quante volte il
meraviglioso fenomeno si manifestasse, oltre i consueti giorni; né di
calcolare quanto sangue perdesse ogni volta quella vittima; e solo può
dirsi che era molto, e possono farne fede tutte le persone che da vicino
l'assistevano. Una di esse attesta sotto la fede del giuramento, che da
quella sola del costato ne veniva fuori tanto, che quando non vi si poneva
riparo, andava a scorrere fino a terra. Lo stesso dicasi delle altre
quattro stimate delle mani e dei piedi. Era poi questo sangue vivo, di un
bel colorito e tutto somigliante a quello che suole sgorgare da una ferita
di fresco aperta, e così rimaneva dopo di essersi disseccato sulla pelle,
sopra i panni e sul pavimento. Non meno meravigliosa era poi la maniera
con cui le stimate si dileguavano. Cessata l'estasi del venerdì, cessava
definitivamente l'efflusso del sangue dal costato, dai piedi e dalle mani;
si disseccava la carne viva, si restringevano a poco a poco e si
risaldavano le maglie dei tessuti lacerati, e il di seguente, o al più
tardi la domenica, di quelle profonde squarciature non rimaneva alcun
vestigio né al centro né ai margini; la pelle era cresciuta di sopra
naturale ed in tutto uniforme a quella delle parti non lese. Nel colore
soltanto restava una macchia bianca ad indicare che il giorno innanzi vi
erano in quei punti vive piaghe, le quali a capo di altri cinque di si
sarebbero riaperte come prima, per poi richiudersi di bel nuovo e nel modo
stesso. Due anni dopo cessato del tutto il prodigio delle stimate,
venuta Gemma a morire, le suddette macchie persistevano ancora, e si
potè a bell'agio osservarle sul suo cadavere, particolarmente nei piedi,
che, lei vivente, era stato tanto difficile di scalzare durante l'estasi.
Finché non venne divieto da parte dei direttori, il fenomeno delle
stimate fu costante ed invariabile in tutti i giovedì e venerdì di
ciascun mese; né mai ebbe a manifestarsi in altri giorni, per quanto
memorabili fossero questi, e le estesi della serafica verginella si
ripetessero in forma straordinaria. (Testimonianza
di padre Germano Ruoppolo, passionista) |
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