Danilo Focone
Liceo Scentifico Statale Enriques di Roma
Anno Scolastico 2001/2002




Argentina: "Oramai non c'è più niente da rubare"



BUENOS AIRES - 28/1 La protesta delle pentole è tornata a farsi sentire in tutta l'Argentina, con un'intensità che non si vedeva da settimane. Il Cacerolazo Nacional è tuonato venerdì notte a Buenos Aires e in altre cento città in tutto il paese. Come sempre, la protesta è stata convocata attraverso un'impressionante catena di mail e passaparola. La parola d'ordine, ancora una volta, è stata il rifiuto al cosiddetto corralito, il congelamento dei depositi bancari in vigore ormai da due mesi. Nella capitale argentina c'è stata la manifestazione più grossa con più di 10 mila persone arrivate fin alla Piazza di Maggio, presidiata da un imponente spiegamento di poliziotti che hanno transennato tutta la facciata della Casa Rosada, il palazzo presidenziale. Duhalde aveva fatto sapere che avrebbe permesso lo svolgersi della manifestazione anche per far "sfogare la gente in questa difficile situazione" ma che in ogni caso non avrebbe permesso alcun atto di violenza. Che, invece, ci sono stati, ancora una volta. In seguito ad un violento acquazzone, che costringeva i manifestanti a lasciare la piazza la polizia ha lanciato gas lacrimogeni provocando la reazione di alcune centinaia di ragazzi che hanno risposto lanciando pietre e altri oggetti.
Gli scontri, a piazza già semivuota, hanno lasciato il bilancio di una ventina di feriti tra agenti e dimostranti e una trentina di arrestati. Manifestazioni analoghe, senza però alcun significativo atto di violenza, si sono svolte anche a Cordoba, Mendoza, Rosario, Santa Fe e nella località balneare di Mar del Plata, in questo periodo abitata da quei pochi argentini che si possono permettere qualche giorno di vacanza. Ovunque, slogan contro il presidente Eduardo Duahlde, che si è insediato solo un mese fa, contro i partiti politici e contro i giudici della Corte Suprema, accusati da sempre di coprire notabili e funzionari corrotti. L'esasperazione della gente si è accentuata dopo la decisione del governo di irrigidire il corralito, il provvedimento che ha bloccato di fatto tutti i conti correnti superiori a 3.000 dollari. Nel suo discorso di insediamento, il primo gennaio scorso, Duhalde si era impegnato nel garantire agli argentini di poter recuperare i propri risparmi nella valuta in cui erano stati depositati. "Non ci saranno sorprese - ha detto - chi ha versato dollari avrà dollari, chi ha versato pesos, avrà pesos". Promessa smentita due settimane dopo; un decreto ha stabilito la "pesificazione" al nuovo cambio ufficiale di 1,40 di tutti i depositi in dollari. Da settimane le banche sono invase da risparmiatori infuriati. Decine di ricorsi appoggiati da giudici federali vicini alle associazioni dei consumatori sono stati respinti dai nove giudici della Suprema. Il malcontento in tutto il paese cresce ogni giorno di più e fa temere un'accelerazione violenta della crisi come quella che provocò la rovinosa caduta di Fernando de la Rua a dicembre.
E' stata indetta una marcia di disoccupati organizzati che partiranno dal loro storico bastione della Matanza, nella periferia di Buenos Aires. Arriveranno poi alla Piazza di Maggio dove potrebbero incontrare la solidarietà di altri gruppi. Diverse anime della protesta potrebbero così darsi la mano. Il governo teme che la distanza che finora ha tenuto separati il "popolo delle pentole", espressione della "middle class" urbana, e quello dei piqueteros, disoccupati e poveri delle periferie, potrebbe scomparire creando un movimento d'opposizione compatto e unificato in tutto l'Argentina. Eduardo Duhalde non dorme certo sonni tranquilli. Il malcontento popolare pesa sulle scelte dell'uomo chiamato a risolvere la crisi più dura degli ultimi vent'anni. All'orizzonte c'è il difficile tavolo delle negoziazioni con il Fondo Monetario Internazionale sul debito estero. Dovrebbero iniziare a febbraio, ma tutto dipende dall'evolversi della situazione interna e dalla tenuta del "corralito". Il presente, però, preoccupa più del futuro; non c'è tempo in Argentina per pensare troppo in là nel tempo.



Tratto da "Federigo", il giornale degli studenti del L.S.S. Enriques





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