Intervista di Manuela Carmini
Liceo classico Virgilio di Roma
Anno Scolastico 2001/2002
Intervista a Settimia Spizzichino, sopravvissuta ad Auschwitz
All'inizio dell'anno scolastico abbiamo trattato a scuola il tema della persecuzione degli ebrei e dei campi di sterminio. Così, quando una mia amica mi ha proposto di incontrare una sopravvissuta di Auschwitz ho subito accettato di andare a trovare la signora Spizzichino. L'incontro è durata un'ora circa e io ho trascritto la nostra conversazione.
Sono nata a Roma e da una modesta famiglia del portico D'Ottavia. Mio padre era commerciante di libri e mia madre maestra alla scuola ebraica. Quando i tedeschi occuparono Roma pensavamo che fosse una mossa di Hitler per cambiare le sorti della guerra; inoltre i nazisti ci facevano credere che le misure che prendevano (il ghetto, la raccolta del nostro oro) servisse per proteggerci, per metterci in salvo.
Può raccontarmi del giorno in cui fu catturata?
E' stato un giorno che mi è rimasto impresso, non solo nel cuore ma anche negli occhi: la mattina del 16 ottobre 1941 verso le sei cominciammo a sentire rumori pesanti e voci che gridavano in tedesco di uscire dalle case. Quando portarono via me e la mia famiglia i tre quarti delle persone del ghetto erano già state portate via. Un'immagine che non riesco a scordare è la casa della mia amica Anna vuota, con sopra il letto tutte le sue bambole. Scesi da casa, con i fucili puntati ci misero in fila dicendoci sempre che era per il nostro bene. La mia sorellina di cinque anni si stringeva con gli occhi impauriti al collo di mia madre. Usciti dal ghetto ci fecero salire su dei camion e ci portarono alla stazione dove ci caricarono su dei treni con la scritta "Juden" e la stella di David. Io a quel tempo avevo diciotto anni e non avevo idea che gli ebrei fossero considerati una razza inferiore, o , come diceva qualcuno, "i demoni della rovina della Germania".
Come avvenne la deportazione in Germania?
Quando ci fecero salire su quei grandi treni; solo allora capii che molti di noi non sarebbero tornati. Viaggiammo ammassati per circa tre giorni in un vagone senza sapere neanche l'ora, perché prima di salire ci avevano preso tutte le cose di valore. Dentro al treno eravamo l'uno attaccato all'altro e non c'era neanche l'aria per respirare. L'unico ricambio d'aria era una piccola fessura sul lato destro del vagone. La gente era costretta a fare le urine e le feci nel posto in cui si trovava. Io oltre al cattivo odore sentivo soltanto i lamenti dei bambini affamati e delle persone impaurite. Mio padre era l'unico che ci diceva di stare tranquilli perché saremmo arrivati in un posto scelto per gli ebrei, ma io nei suoi occhi leggevo tanto terrore. Dopo tre giorni di viaggio il treno si fermò, molta gente era morta per assideramento; quando aprirono i vagoni la luce ci accecò perché eravamo sempre stati al buio. Due soldati spingendoci con i fucili ci fecero scendere dal treno: le donne furono avviate da una parte, gli uomini dall'altra.
Quando si è resa conto di essere in un campo di concentramento ?
I soldati ci portarono in uno stanzone dove due tedeschi in camice bianco ci esaminarono scegliendo chi doveva andare a fare la doccia (poi sapemmo che andavano nelle camere a gas) e chi doveva andare nei campi di lavoro. Quella fu l'ultima volta in cui vidi mia madre e mia sorella. A notte fonda fummo portati in grandi baracche con dentro persone che sembravano scheletri. Allora cominciai a capire che l'incubo forse non sarebbe mai finito. Qualche giorno dopo un medico di nome Himler cominciò ad usarmi come cavia per i suoi esperimenti. Nel suo laboratorio passarono molte coppie di gemelli. Mi ricordo di due gemelle con gli occhi scuri e capelli biondi. Dopo circa una settimana le vidi trasformate: avevano gli occhi azzurri e la pelle molto gonfia. Poi seppi che Himler faceva ogni sorta di esperimenti sui gemelli.
Qual è il ricordo peggiore che le è rimasto di Auschwitz ?
Un numero tatuato sul braccio mi ricorda ogni giorno il genocidio vissuto sulla mia pelle. Adesso sono una donna anziana, ho ottanta anni e vivo una vita semplice, ma mi impegno ogni giorno a far conoscere alle nuove generazioni a cosa portano l'odio e il razzismo.
PS: Qualche settimana dopo la mia intervista ho saputo che la signora Spizzichino è morta. Le sono grata di avermi fatto conoscere un lato della storia che ha cambiato il mondo.
Tratto dal giornale on-line dell'istituto pubblicato sul sito internet www.lafragola.it
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