Stefania Esposito STATO, SCUOLA, FAMIGLIA, GIOVANI Scuola azienda o scuola istituzione pubblica? Scuola azienda o scuola istituzione pubblica? Con questa domanda si capisce quanto l'economia mondiale, i servizi mediatici ed il nuovo stile di vita stanno influenzando la scuola. I ragazzi ormai non hanno più l'idea di andare a scuola per imparare, semplicemente perché sin da piccoli le varie "mamme chioccia" gli hanno semplificato troppo la vita. Ed ora senza preoccuparsi per il futuro e con poco rispetto, vanno a scuola come i genitori vanno al lavoro: per dovere. Ma "la scuola non può essere vista come un'azienda, ma come un'istituzione pubblica con cui la collettività assicura la continuità culturale tra le generazioni ed educa alla libertà nella responsabilità" . La scuola - azienda dove gli studenti - clienti vanno per ricevere un servizio è un'idea nata da poco, dalle menti di tanti industriali che s'improvvisano politici. L'ultima riforma vuole che la scuola pubblica divenga un po' più privata, e quella privata un po' più pubblica. Stanziamenti alle scuole private per abbassare le rette e dar modo al cittadino di scegliere il tipo d'istruzione, ma perché non dare più soldi alle scuole pubbliche per alzarle al livello delle private? Misteri del marketing. La scuola deve essere un'istituzione pubblica dove tutti devono andare per studiare e non per "scaldare il banco" o "far contenta la mamma"; e dove tutti, ma proprio tutti, hanno diritto d'imparare. Le nuove regole L'abolizione del sette in condotta, le interrogazioni programmate, la bocciatura vista come causa di problematiche psicologiche ... dove andremo a finire mi chiedo. Probabilmente tra qualche anno i professori spiegheranno sempre le stesse cose con la stessa voce, più simile a cyborg che ad uomini; gli alunni indisciplinati scusati perché sono di "indole vivace" e promossi tutti perché bocciare è troppo mortificante. Non dico di tornare alle bacchettate sulle mani o a castighi fisici, per carità interverrebbe Amnistii Internazionale... Ma sicuramente c'è una via di mezzo. Ma soprattutto ricordiamoci che esistono ancora ragazzi che amano "sapere" ed imparare e, che a causa di altri, non riescono a farlo. Se per permettere che il servizio scolastico funzioni serve selezionare meglio gli studenti facendo andare avanti chi s'impegna, o sospendere che disturba le lezioni, che si ripristino le care vecchie abitudini. La differenza tra lo studio e la cultura A scuola si studia, s'insegnano le lezioni e si ripetono concetti. Si studiano avvenimenti passati e ci si prepara il bagaglio per, un giorno, lavorare. Ma essere uomo di cultura è un'altra cosa. Significa aver sete di sapere, significa non porsi i limiti dei libri dati a scuola, ma cercare di informarsi da tante altre fonti. Cultura è affrontare argomenti che nessuno ci ha detto di studiare, è lettura, è informazione. Tra Web, televisione e radio dati e notizie sono ormai alla portata di tutti. I professori spiegano quello che c'è sul libro, svolgono un programma, le famiglie sono troppo occupate per trovare il tempo per parlare con i propri figli, e i ragazzi sono svogliati. Sapranno risolvere operazioni matematiche, sapranno che era Napoleone ma ignoreranno la storia e il mondo che li circonda. Se si studia senza cercare di aver anche un bagaglio culturale proprio si diverrà ottimi specialisti nel settore in cui si lavora, ma completamente ignoranti al di fuori di esso. La scuola deve insegnare a coltivare la voglia d'essere persone acculturate, ma la famiglia deve venire in contro ai professori. Ai ragazzi forse non mancano solo gli stimoli ma la voglia e la capacità di riceverli. Chi è il colpevole? Un altro mistero. Tratto dal giornale on-line dell'istituto pubblicato sul sito internet www.lafragola.it |