Stefano Melina - Un sacerdote di Igea

Le urne dei "Forti" esplodono perché l'impietoso oblio nella lunga notte non ancora ha scoperto formule d'alchimia per cementarle, e nè il secolare tempo è riuscito a polverizzare e disperdere colle spoglie i loro meriti.

"Con questi grandi abita eterno: e l'ossa fremono amor di Patria...".

Stefano Melina (foto) nacque a Carife il 23 settembre1797 da Gaetano, avvocato, e da Teresa Santoro e morì il 2 settembre1876. La vera storia non cede, come accennavo innanzi, alle forze distruttrici e divoratrici del tempo. Essa però, oltre alla semplice e chiara esposizione di fatti ed episodi realmente accaduti, dev'essere anche analisi di fattori ambientali e sociali. Sono questi i moventi, che determinano le azioni e mettono in risalto lo spirito di sacrificio, consumato nell'adempimento del proprio dovere, da chi spende la vita nel tentativo di conquistare nuovi valori morali e scientifici a vantaggio dei propri simili. Cimentarsi per tracciare cenni biografici di un "Grande scomparso" è compito estremamente arduo per molteplici motivi. In primo luogo perché ciò avviene a distanza di oltre un secolo e con rari documenti, in secondo luogo perché le ricerche fin'oggi sono state estese al solo Archivio di Stato di Avellino, ed infine perché ripercorrere, colla sola fantasia, i voli di una maestosa aquila, per poterne poi descrivere la sua traiettoria e le sue larghe vedute occorrerebbe possedere pari forza da parte di chi si accinge a tanto. Ecco perché il mio compito sarà limitato a fornire agli storici le poche notizie ricavate da documenti e non campate in aria. Mentre il lettore, invece, per ora, dovrà accontentarsi di uno scarno e succinto commento di episodi sporadici. Trascrivo subito un articolo pubblicato in occasione della sua morte, e da cui poi vorrei ricavare le prove delle mie argomentazioni ed estendere una breve interpretazione senza cadere in facili adulazioni.

"Da Carife 2 settembre 1876.

Un cordiale e puro sentimento di veri amici in morte dell'Egregio Dottor Stefano melina.

Lagrime, o Carifani, lagrime di dolore e di caldo affetto sulla carissima spoglia dell'Inclito gentil Cittadino, sul vero padre della Patria Stefano Dottor Melina, che per potenza d'ingegno ed ampiezza di sapere, chiarissimo in vita, per integrità di costumi di cui sempre adorno illustre, e per un cuore profuso di beneficenza verso tutti magnanimo: er un angelo consolatore in mezzo a voi in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni circostanza d'infermità. E quantunque qui, morso da qualche velenoso dente di cieca invidia; pure la sua vita era ognora coll'evangelico asserto: "Pertransiit benefaciendo, et sanando omnes". A ciascuno è noto.

Di tanti suoi rari pregi, parlano col più vivo del cuore Sant'Agata di Puglia, Anzano, Villanova del Battista, vallata, Ascoli Satriano, Trevico e tutta la baronia, ove oprando miracoli dell'arte medica ridonava animo e vita alla gente condotta all'ultimo dolore in casi ribelli di epidemia. Ahi sventura! ! ! tra il compianto del popolo intero e della distinta ed inconsolabile sua famiglia, e dopo i ripetuti e sempre aneliti conforti di Religione Cristiana, in breve e dolce agonia col nome di Gesù fra le labbra, la morte lo rapiva da questa terra di miserie in età di 80 anni al mattino del 2 settembre volgente mese. Eh di tanta irreparabile perdita, ne lagrimeranno ancora i posteri ! ! ! e non basterebbero volumi a racchiudere le sue gloriose gesta. Vanne anima grande al sorriso di Dio, che in Cielo ti aspetta a coronare le tue sublimi ed eroiche opere. L.M.T.F.".

Il grande cordoglio che io vedo espresso a chiare lettere in questo articolo m'impone di scavare il più possibile tra le ingiallite carte degli archivi, anche se per me, per le ragioni innanzi dette, sono difficili a leggere ed interpretare. Ma doveroso per rendere più conosciuta la sua vita. Ancor oggi, noi tutti: discendenti, concittadini ed Irpini, rattristati nel nostro intimo per una tal perdita, lasciamo cadere una lagrima e poniamo riverenti un fiore sulla tomba dell'estinto in segno di dolore e di gratitudine, in perenne ricordo del suo magnanimo animo e vasto sapere. Sempre pronto a recarsi al capezzale degli infermi nei paesi vicini e lontani, varcando, veramente con spirito evangelico sia le soglie dei modesti cittadini, che i tuguri dei poveri, ove sfidava il lezzo dei cenciosi giacigli, reso più insopportabile dalla connivenza di animali domestici, per debellare noti e latenti mali. L'Irpinia tutta è stata teatro della sua valentia. Ed ecco perché qui più che altrove raccoglie oggi i frutti di ciò che seminò. Se è vero come comunemente si dice che ricchezze e povertà non durano cent'anni, il medico Stefano melina di Carife ne costituisce il classico esempio. Spariti come d'incanto i suoi vasti possedimenti rurali ed urbani, il tarlo roditore non ha potuto annientare anche i prodotti dell'ingegno, che sono la vera misura dei meriti dei cittadini, e che oggi e domani (per noi anche ieri) formeranno sempre i titoli di un ricordo e di gloria.

L'ambiente familiare e signorile, la religione, l'educazione, gli amici, la versatilità negli studi, l'inclinazione alla medicina, la povertà degli abitanti, dovettero imprimere degli ottimi sentimenti nel suo animo giovanile, che poi lo accompagneranno per tutta la vita e come uomo e come medico. Discendente da una delle più antiche famiglie di professionisti benestanti, sembra aver ereditato col sangue anche la predisposizione alle scienze mediche, e nello stesso tempo doveva portare con sè un passato superbo e glorioso. E nelle azioni e nel portamento doveva avere un senso spiccato di raffinatezza e gentilezze, pervaso da una elevata sensibilità. Era nato per la grandezza, dotato di un particolare senso medico teso verso il progresso scientifico. Ma la vita lo colmò, dall'altra parte, anche di dure amarezze a cui in parte non si poté sottrarre e rassegnarsi e lo amareggiarono fino alla morte. C'è sempre un rovescio della medaglia!

E' stato certamente uno dei grandi della Baronia, dell'Irpinia, ma soprattutto di Carife, e nello stesso tempo anche vittima del suo paese, poiché fino a qualche tempo fa Carife non voleva e non sapeva riconoscere i talenti dei suoi figli, nè valorizzarli, e nè salvaguardare la loro memoria.

E fu il democratico sindaco Gaetano Zizza a dire nel 1980 che era assurdo che Carife non dovesse ricordare l'insigne medico e gli dedicò una delle vie principali della cittadina. E così nella solenne seduta del 23 aprile 1980 il Consiglio Comunale, su proposta del prof. Paolo Giangrieco, consigliere comunale e provinciale, ad unanimità, deliberò che via Sant'Angelo prendesse il nome di Stefano Melina. Il suo nome scritto nella letteratura medica sarà sempre ormai un lustro per il proprio paese. Di formazione liberale, come tutti i progressisti di quei tempi, che desideravano il rigetto dei Borboni e l'Itatalia unica e costituzionale, si schiera a fianco del grande Mancini di castelbaronia.

Così il 1876 Carife perde una gloria, la medicina un medico pratico, ricercatore e distinto e l'umanità un combattente di morbi, eppure egli non fu prof. universitario, nè membro di accademie, e nè fece parte di legion d'onore. Ebbe una sorella, Giuseppa, che andò sposa al dottor Giuseppe Del Buono di Sant'Agata di Puglia. Fu allevato al culto del cattolicesimo e della giustizia ed incisivo dovette essere sul suo animo un clamoroso processo, celebratosi intorno ai primi anni dell'800, che allontanerà il padre per 15 miglia da Carife, ma si ignora la durata del provvedimento, quando egli era ancora ragazzo. E più tardi poi annoterà nel testo: "Nosologia Methodica di Francesco Boissier - Tomo Sextus" - "Alle ore 12 del mattino di martedì 13 gennaio 1846 è passato agli eterni riposi mio padre all'età di anni 66 per colpo repentino asmatico sanguigno, compianto da tutto il popolo. I suoi talenti, la sua religione a tanto l'hanno chiamato".

Dove frequentò gli studi liceali fin'oggi non ancora è stato possibile scoprirlo. dai capitoli matrimoniali, stipulati dal notaio don Pietro Scola di Trevico l'11 giugno 1824 leggiamo..."Si sono personalmente costituiti il sig. don Stefano Melina, figlio di don Gaetano, medico cerusico, domiciliato in Carife... e la signora donna Gaetana Cuoco, figlia di don Pietro e della signora Maddalena Montieri, domiciliata in detto comune di Trevico... primieramente il detto don Stefano ha promesso e si è obbligato con effetti a prendere, ed accettare per sposa la suddetta donna Gaetana, e quella a sposare innanzi alla chiesa, in conformità del rito della sacrosanta Romana Chiesa Cattolica, e Concilio di Trento, precedenti atti civili, giuste le sovrane disposizioni". Ed il 4 ottobre del 1826 nella stessa Trevico venne celebrato il matrimonio alla presenza di Emilio Paglia e Vito Cardinale. Non poteva essere altrimenti perché allora i matrimoni erano contratti per "Census".

Il 22 marzo 1840 con atto decurionale del comune di ccarife viene nominato medico condotto e nel 1874, dietro sua domanda, e per raggiunti limiti di età, collocato a riposo. Dove avrà esercitato la professione dal 1823 al 1840? Nonostante le ricerche a nulla si è approdato. Ma prestando fede a quanto riferiva all'autore dell'articolo il nobile ed autorevole avvocato Alfonso Addimandi, pure da Carife, deceduto in Napoli il 19 gennaio 1976, il Melina avrebbe trascorso questo periodo tra Napoli e Carife, ma più nella capitale che in paese. Questa dichiarazione poi verrebbe ad essere confortata da una quietanza rilasciata dallo stesso Melina al suocero don Pietro Cuoco, da cui si evidenzia d'aver speso a Napoli una ragguardevole somma di ducati 400, residuo della dote matrimoniale, che ammontava a 1100.

L'anno successivo alla condotta lo troviamo subito citato nel testo: "Biblioteca vaccinica" - Volume XXV - del primo semestre 1841, per il distretto di Ariano, come componente la Commissione provinciale per Carife con 44 vaccinati. Curiosa invece appare una sua annotazione fatta da studente sul testo: "Giornale Medico Napolitano" del 1823 - "Il saper nostro all'asino si agguaglia che mentre porta il grano, vive di paglia".

Tutti i suoi testi sono infatti sempre pieni di scritte ed appunti. Queste osservazioni continuano anche nella matura età. Nel volume: "Opera Omnia di Georgii Baglivi a pag.382 3 383 così scrive: "Il 14 agosto del 1851 alle ore 19 dello stesso giorno, si avvertì un terremoto col quale tutte le case di ccarife hanno subìto scotimento: per lo stesso avvenimento tutte le città e paesi di tutta la provincia di Principato Ulteriore nel nostro regno di Napoli. Con differenza e molta varietà, nelle città di Melfi, Rapolla e Rionero in cui le mura delle città e quasi tutte le case rovinarono a valle; soprattutto nella detta Melfi, provincia di Basilicata, in cui quasi la terza parte delle case crollò ed anche il seminario, dove gli alunni perirono miseramente. O dolore, o terrore, tristissima immagine di mestizia. Ciò avvenne dopo un periodo prolungato di siccità, di quasi 6 mesi. Dopo il 19 dello stesso mese piovve con sollievo di tutto il Regno e soprattutto di tutti i paesi. Si scrive tanto per un futuro ricordo dell'accaduto. Stefano Melina dottore in Medicina e Chirurgia. Carife 19 agosto 1851.

La madre, Teresa Santoro, negli ultimi anni della sua vita fu colpita da cecità e, all'atto di donazione stipulato a suo favore nel 1841, dal notaio Domenico Addimandi così è recitato: ..."La precitata Teresa Santoro, autorizzata dal di lei marito presente, ha dichiarato, che per le purtroppo note amarezze e sventure di sua vita, ella ha trovato un angelo consolatore in  persona del detto di lei figlio D. Stefano. La generosità, e le affettuose più che filiali cure da costui adoperate al di là di ogni ordinario confine, han versato un balsamo ristoratore sulle cruenti piaghe di cui è stata vittima infelice, per volontà forse di Dio... colpita da cecità, mancante di ogni altro mezzo, e soccorso ha potuto vivere, e vive ancora, mercé solo la ben rara, singolare pietà del detto di lei figlio, che ha sacrificato ogni proprio vantaggio, anche a danno dei propri figli, a di lei sovvenimento... sì molteplici sacrifici possono retribuirsi solo dal Cielo"

Nel 1849 compare in ccarife come perito legale per l'autopsia del cadavere di Vincenzo Loffa davanti al supplente giudiziario Vito Giangrieco, e dalla deposizione ricaviamo l'anno della laurea:

"...D.Stefano Melina, medico chirurgo, laureato nel dì 3 agosto 1823. nel 1863 lo troviamo nel tribunale di Sant'Angelo Lombardi nel processo contro Pasquale Santoro fu Giuseppe da Carife, accusato di sciente e volontaria somministrazione di viveri a banda di malfattori. "...Esame di don Stefano Melina. Fattosi entrare un altro testimone, lo stesso ha esibito copia di una cedola, e dietro le avvertenze praticategli ai sensi dell'Art.172 Procedura Penale ha detto chiamarsi Stefano Melina fu Gaetano, di anni 62, nato e dimorante in Carife, coniugato con figli, medico possidente in lire 12000 in lire 12.000, non parente, nè altrimenti interessato coll'imputato - Domandato convenevolmente, ha risposto: Pasquale Santoro fu Giuseppe ha avuto una condotta riprovevole fatta tutta di rapporti, capace di corrispondenza con malfattori, i quali sono stati sempre in relazione con esso, lui somministrando alloggio ed altro, alla masseria in tenimento di Guardia Lombardi. Dategli lettura a chiara ed intellegibile voce, ha detto persistere nelle sue risposte e si è con noi sottoscritto". L'imputato arrestato venne poi prosciolto. Siamo nel pieno periodo della repressione del brigantaggio, che infestava le nostre contrade.

Nel 1872 fa parte della Commissione Sanitaria del comune di Carife, composta da Giuseppe Luigi Grimaldi, sindaco presidente e dai signori: Nicola Clemente, Giuseppe Pezzano, Francesco Forgione, Francesco Mirra, per la formulazione del "Regolamento Sanitario Igienico Comunale". Dal 1874/76 fu anche consigliere comunale. Ma la vera statura di quest'uomo è data dal luminare delle scienze mediche dell'università di Napoli: dall'accademico Pasquale manfrè nella sua rivista: "Il SEVERINO". Nella rubrica: "Corrispondenza particolare" nel fascicolo dell'aprile 1852 lo insignisce del titolo di prof. e con una espressione telegrafica lo qualifica e lo colloca nelle sue dimensioni: "Carife - Prof. D.Stefano Melina - Troppo gentile. Obbligatissimo. Servitevi pure.

Se i miei sforzi non mi hanno consentito di dire quanto avrei voluto sulle pagine di questa Rivista, vorrei almeno sperare che l'aver accennato a fatti, che tanti e tanti non sapevano, possa destare nei lettori della Baronia e dell'Irpinia la stima e la riconoscenza dovutogli perché la sua bravura è giunta là, dove sono arrivati i suoi scritti. Noi, in particolare, Carifani, poi, dobbiamo essere orgogliosi di questo cittadino perché qui più che altrove amò spargere il suo sapere, per lenire le sofferenze umane. E confortevole dovette essere per lui deporre le sue spoglie mortali nella stessa terra che lo vide nascere ed accanto alle ceneri di altri suoi valenti predecessori.

Stefano Melina


Riportiamo quali allegati tre articoli di medicina scritti dal dott. Stefano melina e pubblicati in Napoli sulla rivista "Il Severino - La metodica e chiara esposizione della Medicina napoletana" del 1852.

 

Allegato 1

Guarigione di carcinoma facciale senza estirpazione; pel Medico-Chirurgo Condotto Stefano Melina

Omnia ab experimento hominibus fieri consuevere (Herodotus)

L'observation est le premier pas vers l'esperience: celleci est la base des connoissances certains et le fondement de tous le succès en Medicine. (P.M. Clerc).

(Al chiarissimo nome di pasquale Com. manfrè; duraturo oltre l'oblio dè secoli, comecchè illustre ne' Fasti dell'Ippocratica scienza, questi pochi Clinici riflessi, in omaggio di sincera stima - l'autore.)

E' massima presso i valorosi cultologi d'Igea che la ragione e l'osservazione formano i due principali fattori del medico sapere; o meglio, al dir di Bonnet, di essi tutta la Biologia essenzialmente componsi.

In ccarife del P. Ult. V. F., presso a dieci lustri di età, contadino, di temperamento sanguigno, dedito a' liquori spiritosi, da più anni avea nella gota sinistra un porro (1) che emulava la grandezza di un pisello. Intanto egli a' lavori campestri, in un giorno della stagion novella, s'avvide che s'ingrandiva nel volume; e di giorno in giorno sempre più inoltrandosi, prese poi il perimetro di un uovo colombino. Indolente non più, come pel davanti, ma invece molesto, ed affliggente gli si rese. Paventava l'infelice in tal posizione; e nell'ansia di alleggiarsi delle sue sofferenze, da se volle applicare localmente delle malvate a più riprese: ma che! lungi dal giovarsi, il tumore anzidetto progrediva per lo peggio, finchè screpolandosi, in mezzo ad un'abbondante secrezione di bava icorosa, si pronunziava a modo di un piccol ramo del comune Cavolfiore. In vista di tale sconcerto bramò sentire il mio consiglio; e mentre gli acconsento, senza esitanza gli feci marcare il grave interesse, che ispirava il maligno tumore; dichiarava trattarsi del vero Carcinoma volgare di De Sauvages, e sotto tal concetto patogenico gli amministrava diversi rimedi discioglienti, presi della classe delle sostanze Solanacee; dalla Cicuta maggiore, coll'opinaro di Stork; usava pure l'olio essenziale della piombaggine Europea, giusta il formolario del testè riferito scrittore nella storia da lui inserita negli atti dell'acc. r. des Sc. anno 1743; ma tutto all'indarno. L'importanza del serio malore, il dovere, ne' casi procardici, di dipendere dal consiglio di altri Professori,(2) mi spinsero sino ad obbligare il misero paziente perché a ciò avesse adempito. Di fatti gl'invocati colleghi, unanimamente e senza indugio, convenivano per l'estirpazione, qual unico mezzo di salvezza. Ed innanzi di eseguirsi un tal giusto dettato, convinto con Stoll ed altri sapienti figli di Esculapio, che (3) talora anche nelle cose poco stimate e volgari, il poter di natura è ammirabile; l'esortai ad ungere sull'aperto tumore l'intero succo addominale dello Scarabeo palustre, in uso presso il volgo, perché provato dall'esperienza valevole a distruggere i Porri in qualsivoglia sito del corpo, e che io per curiosità volli estendere anche al soggetto caso. Da questo operato bello si fu il vedere tutto di escara circondato l'aperto tumore; escara, la qualle poi esfoliata, e più volte ripetuta lasciò osservarne menomato il volume; intento che di giorno in giorno succedendo lo stesso si appiccolì tanto, da far travedere non più che breve traccia di se stesso senza rimaner turbata l'eleganza della gota male affetta. Tutto il trattamento fu della durata di quindici giorni, impiegandosi uno per volta di quegli Scarabei palustri sulla morbosa località. Li nominava palustri per motivo che ospitano d'ordinario nelle paludi, ove più facilmente si osservano ndsfe' mesi di maggio e settembre, e dopo la caduta delle piogge.

Ora dalle premesse idee chi non iscorge meravigliosa e sorprendente l'attività dell'indicato umore nella Terapia d'un morbo d'indole gigante e facile a riprodursi qual idra rabbiosa di Lernea? E chi non se ne fa a dimandare pure qual sia l'azion sua dinamica? E qui, senza entrare in vaghe discussioni teoriche piuttosto dilettanti che utili, e starmi a raggranellare argomenti nel vasto campo delle ipotesi, l'addotta osservazione per me (4) certa, pare che possa meritare l'attenzione dei saggi  e solerti professori, col moltiplicarne delle simili (5) e farne così tesoro per la Scienza. E' noto che con l'Ippocratico genio di Leida che questa è la sola ed unica via da giovare alla umanità languente. (6)

Voglio augurarmi, che presentandosi dei casi analoghi, e praticandosi lo stesso metodo curativo, abbiasi poi la grata soddisfazione di veder doma la fierezza d'un morbo "ch'ebbe sua ciera sempre arcigna e tetra" attossochè incapace di risentire i benefici affetti della più adatta ed energica terapia. (7)

 

1) A tragione i Nosologi reputano i Porri come i nuclei elementari de' Carcinomi..

2) Uom solo tutto non vede -  Ei ancorché pensi bene,  il suo spirito è più tardo, men sicuro il consiglio - Un lume all'altro chiarore addoppia, e l'uom dall'uomo ha forza.

3) Gli antichi Egiziani Solevano dare gli onori divini a tutte le cose, ch'evidentemente addimostravansi utili. Quindi è che leggesi anche l'animaletto in parola iscritto nell'estesissima sfera del loro Politeismo. ma per quali riscontri? S'ignora. La sola fortunata circostanza del descritto caso ne lascia intravedere la sua utilità. Sorprende l'osservatore tanta copia di umore nel cavo addominale da poterne ungere anche un grosso tumore. Per poco che vivente serbasi in mano, o sulla carta, l'umore istesso giallastro di colorito, com'è, vi traspira, e la bagna. O la somma sapienza del Creatore in tutto quanto copre la vasta interminabil mole dell'universo! Non è egli vero che la minima delle cose esistenti debba essere pel filosofo oggetto di contemplazione e stupore? Veg. Fasc. settembre 1839 filiatte seb.

4) E' nei principii della nostra scienza che quando un fatto è certo non debba niegarsi, sol perché non sappiasi intenderne la ragione. La verità, diceva un gran medico, del passato secolo, ha tanto impero da sottomettere al potere de' suoi fasci la ragione istessa. Il tempo che tutto distrugge, rispetterà sempre i monumenti, che ella innalza.

5) E' necessaria la successione continuata de' medesimi fatti affinchè fugati i dubbi su di un oggetto qualunque rifulga l'evidenza, che deve sostenere i nostri principi, e guidare  il raziocinio sulla relazione conosciuta delle cause, e loro effetti.

6) Mi piace riportare qui la massima ancora d'un grave scrittore di cose mediche nella sua lingua così espressa "Le medicin qui abhorre tout systeme ue prononce rien sur la maniere dont les remedes operent. S'el a experimentè que telle, ou telle chosse produit un bon effect, voila tout".

7) Negli annali della Chirurgia non sono rari gli esempi di guarigioni di Carcinomi tanto col valor de' farmachi esternamente ed internamente usati, quanto col ferro. Bramerei solo che il tempo sanzionasse l'utile di tal semplice mezzo terapeutico, più per la classe de' poveri, comecchè di nessun costo, e di facile acquisto. In ultimo a causare ogni dubbietà, o confusione, uopo è avvertire, che lo scarabeo detto da me palustre per la ragione di sopra divisata differisce da quello, che rinviensi fra le domestiche pareti, pel colorito blu caico non solo ma per l'umore giallastro ancora, che serba, per voler di natura, nel pacchetto addominale. Che pe' notati caratteri distinguersi pure dall'altro, che Ricther asserisce esser di colore verde, e di poco uso - Veggasi dello stesso aut. tom.2. della Mat. Medica a pag. 546.


Allegato 2

CLINICA  CHIRURGICA

Caso d'anticata procidenza d'ano sostenuta da pietra intestinale, e guarita dopo l'uscita della stessa;

pel Medico-Ch. Condottato STEFANO  MELINA.

L'essence du desir de l'homme est de connoitre: l'amour des connoissances est une flamme, qui cherche des objets pour s'y attacher. Tout ce qui nous environne, nous en offre une foule, une succession.

La storia delle mediche conoscenze qual testimone dei tempi e luce del vero, ci attesta che in moltissima parte del corpo umano rinvengonsi delle concrezioni lapidiformi. Fra i tanti scrittori leggesi precipuamente in Hallen, che tali anormali produzioni, trovansi "Sotto la lingua, nelle palpebre, ne' dotti pituitari, nel cervello, nel fegato, ne' polmoni, nelle vescichette seminali, nell'utero, nel ventricolo, negli intestini, negli articoli tanto delle mani che de' piedi, e con maggior frequenza ne' reni e nella vescica (1)". Or nel decorso anno 1850 in questo Comune patrio vidi che una delle figliuole di Giovanni Santoro, Maria Regina di nome, dell'età di circa anni sette, di temperamento linfatico, e con segni manifesti di crasi umorale vergente alla scrofolosa, da più mesi, e senza una chiara ragion determinante, veniva molestata dalla dolorosa per quanto schifosa malattia detta da' Pratici procidenza d'ano, o Chute, e abaissement du fondement, secondo Sauvages. Prendendo in disamine l'etiologia di  di siffatto malore, non rinvenni altra cagion più probabile, a motivo della tenera età, che quella di gruppi di ascaridi; e volendo perciò far coincidere la terapia a tal concetto etiologico, adoprai e per diverse volte degli eccoprotici-antielmintici, in conseguenza de' quali si ottennero molte scariche ventrali, intermiste ad abbondanti lombrici. Nondimeno il prolasso seguitava, come la pazienza dell'affettuosa madre a farne la debita riposizione: si usavano pure delle topiche lozioni astringenti, ma senza vantaggio alcuno. Rivolsi il pensiero a' frequenti e ripetuti sforzi in emettere gli escrementi, comecchè abitualmente soggetta la ragazza alla stipsi ventrale; ed il rovesciamento del retto ciò nulla ostante persisteva. Osservava le orine, sul dubbio di pietra vescicale, comecchè facile a prodursi tal disordine ne' fanciulli, giusta l'opinare del dotto Monteggia; (2) e la sofferenza continuava. Non vi era stata diarrea, nè dissenteria. All'insuccesso di tanti e svariati rimedi, la madre non volle ascoltare mediche prescrizioni indulgente al suo solito, ad altro non attendeva che alla dietetica, ed alla impegnata località. Così progrediva la faccenda per più mesi; quando nel dì 29 giugno detto anno, essendo chiamata la ragazza a sedere, tra le molte fecce che diede fuori, videsi una pietra del volume quasi d'una palla plumbea, così detta di un'oncia, irregolare nella figura (3), ed avente il colorito d'un grigio oscuro, l'uscita di questa concrezione calcare, destò meraviglia e stupore alla madre non solo, ma a tutti quelli che mossi da curiosità si facevano ad osservarla. intanto il rovesciamento del retto non più si manifestò come pel d'avanti; nè mai più da tal tempo insino ad ora; avendo goduto della buona salute, e senza il menomo segno della già marcata sofferenza.

Dal narrato caso chi mai può darsi il vanto d'intendere come la natura abbia potuto ordire nel pacchetto intestinale della povera fanciulla tal mirabile chimico processo? Forse la materna compiacenza sia ne' cibi azotati, sia nelle bevande spiritose, ne sarà stata la causa elementare? Forse non è egli vero ciò che disse Magendie, che le affezioni calcolose veggonsi comunissime presso gli abitanti dell'Isola majorca, pel regime caldo-aromatico, che colà tiensi per ordinario pasto? Spieghi a suo modo il fenomeno il leggitore. Per me sta la verità del fatto come preziosa doversi ritenere negli annali della Scienza, essendo persuaso col non mai abbastanza lodato scrittore della Senna M.Clerc- " che l'esperienza è l'unico fondamento dell'arte"-, e che "La connoissance des choses èprouvèes est la seule necessarie au medecin".

 

1) Hallen - Synopsis Universae medicinae praticae p.179

2) Instituz. chirurgiche di G.B.M.v.8.p.91

3) La detta anormale produzione si conserva dall'autore, per l'utile della scienza.


 

ALLEGATO 3

Caso di vasto processo flogistico cangrenoso in seguito di profondo morso d'un topo selvaggio;

Pe l med. chir. condottato Stefano Melina

La medicina è la scienza de' fatti: da questi soli attinge le non mai scrollanti basi. (Combes)

Plus nos observations influent sur l'humanitè, plus il est important d'en approfondir, et d'en rectifier les motifs

Giovanni Trajano, giovane pastore, ben complesso o immune da qualsiasi vizio radicale; mentre dormiva in una casina di campagna prossima all'abitato (a' 14 maggio corrente anno), avvedutosi che un grosso topo camminava pel suo letticciuolo, e ne percorreva il suo braccio che si trovava fuori dalle lacere coltri, destandosi, l'afferrò per la lunga coda, e il trattenne; ma ciò facendo, voltosi l'animale verso l'avamvraccio destro, lo mordeva profondamente. Dalla lacerazione cutaneo- muscolare il giovanetto vien reso tanto inquieto, che aspetta con ansia la nuova luce del giorno per recarsi in paese a cercare i soccorsi dell'arte salutare. Frattanto nell'offesa località, il calore s'avanza, la tensione cresce, e il treno dei sintomi flogistici addimostrasi: tutto l'avamvraccio n'era flogosato; e vedevansi delle lunghe fasce di rosso misto a delle vaghe macchie livide, specialmente in vicinanza della ferita. Ciò venivami riferito in parte dal sofferente, e in parte io stesso verificavo quando in sul mezzogiorno recavasi da me il giovanetto, e non prima perchè avvilito da una calda febbre. io ne poneva mente dapprima alla causa patogenica ed a' tristi suoi effetti, e senza por tempo in mezzo, ricorreva alla terapia risolvente (salasso generale e locale, malvate lenitive del dolore ecc. ecc.); niun pro dall'uso di questa, anzi l'aja della ferita si diffondeva per circa tre dita  trasverse, e presentava un colorito fosco gangrenoso, e quanto più da me si insisteva sul detto metodo, altrettanto il pertinace morbo progrediva, interessando il braccio e la regione toracica e sottoascellare; e cui si associava forte febbre accompagnata da forte calore e da sete ardente.

In vista della intensa reazion vitale alimentata dal virus qualsiasi trasmesso la mercè del morso (1), fidente che in siffatta imperiosa emergenza la idrargirosi, la sola idrargirosi, avrebbe potuto adoperarsi con successo, la prescrissi a riprese, e co' debiti intervalli, giusta i razionali precetti della terapia, consumandosene circa un'oncia; e allontanai dall'organo affetto le solite malvate. Dietro l'idrargirosi, a gradi a gradi, fu depresso l'eccessivo esaltamento dell'azion vitale; e fu arrestata la diffusione  del processo flogistico distruttore. Co' cataplasmi di lattuga frequenti si eliminò pare la vasta escara cangrenosa formatasi, e co' balsami cicatrizzanti si menò a perfetta guarigione la piaga consecutiva. Tuttociò avveniva nel decorso di un mese.

Illazioni

Dalla riferita storia deduciamo i seguenti corollari:

1) Che l'uso delle preparazioni idrargirose deve ritenersi come sommamente utile in tutt'i casi di morsi d'animali comunque irritati e commossi allo sdegno.

2)Che l'insuccesso piucchè alla inefficacia del rimedio è da addebitarsi al modo di amministrarlo, e al tempo in cui vi si ricorre. Quindi vieppiù si conferma che - Les remedes ne reussent que par l'application convenable qu' on en fait.

Dott. Stefano Melina

*) E' costatato che, negli animali incolleriti, si alterano tutte le funzioni delle secrezioni, e si generano delle efficienze morbose, che non saprebbe la chimica produrre delle eguali, non escluso lo stesso virus rabbioso, al dire di Hegel (Qest. in Wochen II).