Luigi Melina: primo maestro
Nel 1900 la Chiesa perde un sacerdote dignitoso della sua missione, la scuola un maestro esemplare, di indiscusso valore professionale, e Carife un figlio di alto prestigio. Oggi, grazie a "VICUM" si fanno rivivere gli uomini più illustri di casa nostra, narrandone la vita e riferendone la professione.
Luigi Melina nacque a Carife il 21/4/1829 da Stefano e Gaetana Cuoco di Trevico e morì nell'ospedale civile di Avellino il 6/9 del 1900. Fu sepolto nella cappella del Santissimo del capoluogo irpino, e se, in seguito, la sua salma fu traslata, nella tomba gentilizia di famiglia, nel comune d'origine non ci è dato sapere, e né esistono oggi più insegne della sua tumulazione nel camposanto avellinese. Fu il primo di sette figli. Nel 1835 ricevette la Cresima dall'eccellenza Michele Lanzetta, vescovo di Lacedonia, non in una delle chiese del suo comune, che pure erano tante, ma nella casa del prof. Rocco Flora, locata nell'antico e storico rione denominato "Li fuossi". Né si può supporre che abbia ricevuto il sacramento in forma privata perché il documento, rilasciato successivamente dalle competenti autorità, per la curia vescovile, recita: "Pueris, puellisque confirmationis sacramentum administravit". Cosa sia accaduto, e perché ciò, le cronache non l'hanno tramandato.
Se fosse stato solo lui, noi potremmo avanzare qualche ipotesi, che potrebbe trovare una spiegazione nella logica delle cose umane, ma non una giustifica. Fu per un rispettoso riguardo alla valentia del padre, noto medico in Irpinia? Anch'egli, come Michele, fu avviato allo stato clericale. A quindici anni, ricevette, come riferisce l'abate dell'insigne Collegiata locale, Vincenzo Ciampone, il primo dei quattro ordini minori sacri: l'ostiario.
Nel 1847 entra nel seminario di Lacedonia ove resterà fino al sacerdozio. Sondate le intenzioni non può restare nel religioso collegio se i genitori non gli costituiranno il patrimonio sacro a garanzia del suo sostentamento. E così, con atto stipulato il 22 gennaio del 1850 dal notaio Domenico Addimandi, i genitori donano in usufrutto..."Una casa composta di sei camere e due bassi con cantina, sita in luogo detto piano Sant'Anna... Territorio seminatorio di moggia cinque e misure venti, sito in contrada Li Tierzi... Nonché l'arbustato seminatorio di moggia due e misure sedici, sito nel luogo detto Acquanocella e finalmente il basso in contrada Sant'Anna". Il tutto formava una rendita di ducati 25 annui perché così convenuto e stabilito tra le parti. Celermente ascende poi al lettorato, esorcistato, accolitato, subdiaconato e quindi al sacerdozio nel settembre del 1853.
Durante lo studendato fu ospite, per gli esercizi spirituali, del fiorente e venerabile convento dei Riformati in Castelbaronia. Assegnato alla natia chiesa presto viene insignito del titolo di canonico e successivamente riceve quello di primicerio, che conserverà per tutta la vita.
Nel 1891 venne accusato d'aver partecipato, col popolo ribelle, all'assalto della Casa Comunale ed appiccato l'incendio all'archivio. In giudizio venne assolto con formula piena. Che fosse anche oratore sacro non ci sono testimonianze, ma ha lasciato alcune prediche scritte, che appena interpretate verranno pubblicate su questa rivista.
Egli, fin dall'inizio della sua vita pubblica, abbina il messaggio cristiano con la necessità di istruire i suoi concittadini perché considera l'istruzione la chiave di volta di tutto il progresso. Ma mai diminuirà, però, la carica di spiritualità nelle sue azioni perché sa benissimo che ogni uomo è una creatura di Dio e che bisogna amarlo e liberarlo dai suoi bisogni. E si dà all'insegnamento. Istruirsi per insegnare, e, credere per evangelizzare costituiscono il binomio inscindibile della sua missione. E su questo binario si muove, opera e si realizza. Infatti, nel 1861, regolamentato per legge l'insegnamento elementare, si affretta nello stesso anno a sostenere in Ariano gli esami governativi per accedere nel mondo della scuola e ciò si rileva da un documento rilasciato dalla Giunta nel 1869.
E' quindi il primo maestro in Carife dopo l'unificazione d'Italia. In un mondo che drammaticamente e profondamente si trasforma c'è il bisogno maggiore di una nuova formazione, di un nuovo concetto di cittadino, che ingloba una nuova realtà ed a questo si dedica: in questo sta il suo merito. L'unità d'Italia comporta una modifica profonda di rapporti e di riforme col nuovo Stato ed egli a ciò si ispira ed a queste nuove scelte di vita, di rapporti politici e sociali si consacra. La nuova realtà, che gli si presenta dinanzi non è un'utopia, ma una mèta raggiungibile. Alcuni giudizi dimostrano la validità dei suoi insegnamenti e danno forza alle mie argomentazioni poiché non si possono mettere in dubbio da alcuno in quanto sono convalidati tanto dalle autorità civili, quanto dalle scolastiche.
Nell'anno scolastico 1868/1869, dovrebbe essere in Napoli. Lo ritroviamo invece a Carife con 47 alunni, che nel giugno saranno ridotti a 32. Quali siano stati i sentimenti o le ragioni che l'abbiano indotto a scegliere le strade fangose dei suoi luoghi e non le lastricate metropoli sono ormai sepolti con le sue spoglie. A noi non resta che qualche considerazione: la sua opera era più necessaria qui che non altrove. Non sono mancati i tentativi di licenziamento da parte del Consiglio Comunale, a cui, a quei tempi, spettava la nomina sulla scelta di una triade, per aver tenuto chiusa la scuola nei giorni di sommossa (26-27-28-29 luglio del 1891. Vennero esperite nuove indagini, che gli dettero ragione ancora una volta reintegrandolo in servizio e nel 1896 riconosciuto ufficialmente i suoi lodevoli meriti il Consiglio Provinciale Scolastico lo nominò maestro a vita.
Nel 1871 partecipa anche ai "Comizi agrari", che farà suoi, tenuti in Ariano, perché egli capiva che la ricchezza del suo paese e di tanti altri dipendeva non solo dalla riforma agraria, ma soprattutto dalla cultura, intelligenza, industria e attività degli stessi contadini perché solo così poteva essere vinta una secolare povertà. Così, con Luigi Melina si spegneva una delle più autorevoli voci della scuola, ma anche di rinnovamento economico di fronte ad una società di massa priva d'istruzione e di cultura.
Stefano Melina