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Mercoledì 9 ottobre



DIECI ANNI SENZA AUGUSTO
Così lo ricorda la compagna Rosy: «Era felice solo sul palco»

NOVELLARA. Era la mattina del 7 ottobre di dieci anni fa, quando Augusto Daolio ha concluso la sua breve e feconda esistenza: aveva solo quarantacinque anni. Da dieci anni riposa all'ombra di due querce e di una magnolia nel cimitero della sua Novellara, meta di quotidiani pellegrinaggi, ma il suo mito non accenna ad attenuarsi con il passare inesorabile del tempo. Non passa anno senza che in qualche comune venga a lui intitolato un parco.
Non passa un mese senza che in qualche parte d'Italia qualcuno promuova iniziative per ricordarlo: uno spettacolo, una festa, una serata musicale, un concorso, una mostra; il 4 settembre al festival internazionale per la pace di Assisi gli è stato conferito il premio «Artista per la Pace». Eppure non è certo uno «pompato» dai media; anzi la televisione lo ha sempre ignorato, perché era un personaggio scomodo, non allineanto con la cultura bigotta della Rai del tempo; e lui amava più la gente delle telecamere. Aveva una qualità che non si compra, uno ce l'ha o non ce l'ha: il carisma.
Lo ricorda Rosanna Fantuzzi, la sua compagna: «Augusto era davvero felice solo quando era sul palco e fra la gente: faceva 150-160 concerti all'anno, molti anche in paesi piccoli, ed erano concerti lunghi, di durata imprevedibile, in un rapporto sempre vivo e nuovo con il pubblico; e spesso dopo il concerto si fermava a chiacchierare e a bere con i giovani e i meno giovani che venivano ad ascoltarlo».
Sono dieci anni che Rosy, come tutti la chiamano, presiede l'associazione «Augusto per la vita» e organizza a grande richiesta mostre di Augusto in giro per l'Italia.
«L'associazione non è stata pensata a priori da qualcuno, è nata spontaneamente - ricorda Rosy - lo stesso giorno dell'ultimo saluto, quando sono arrivati a Novellara migliaia di amici da ogni parte d'Italia e hanno cominciato a lascire offerte. Alla fine della giornata c'era una cifra importante da gestire al meglio, e così è nata l'idea dell'associazione. Attorno alla quale si sono poi sviluppate spontaneamente centinaia di manifestazioni e che nel corso degli anni ha donato fondi per lo studio e la ricerca sui tumori a vari centri di studio e ospedali». Ma è anche l'attività artistica di Augusto che in questi anni è stata valorizzata: «In questi anni abbiamo fatto mostre di opere di Augusto in molte sedi importanti: dalla basilica di Santa Croce a Firenze al palazzo ducale di Lucca, da museo Revoltella di Trieste al palazzo dei Diamanti di Ferrara, ma anche in centri minori».

Oggi (ore 18) sarà celebrata una messa in memoria di Augusto nella chiesa della Fossetta. In febbraio, nei giorni del suo complenno, l'anniversario verrà celebrato a Novellara con I Nomadi e il tradizioanle raduno.



DAOLIO DIMENTICATO

Dieci anni fa, il 7 ottobre 1992, moriva Augusto Daolio, leader dei Nomadi, uno dei personaggio più amati della canzone d'autore italiana.
Peccato però che il decennale della scomparsa di Daolio sia passato quasi inosservato da tv e media "ma non dai tantissimi fans dei Nomadi - precisa Beppe Carletti il tastierista che ha preso la guida della band dopo la morte di Daolio - che ci inviano messaggi e ci stanno molto vicini.
Domani ci sarà una Messa a Novellara. Per il resto niente: la tv l'ha ignorato ma forse anche questo è giusto così.
In tv Augusto ci andava poco da vivo e ci va poco anche da morto".



Giovedì 12 settembre



CASTAGNOLE LANZE: GRANDE SUCCESSO DELLA SERATA INAUGURALE DI «CONTRO».
I CIMELI DEL GRUPPO IN BENEFICIENZA
I «Nomadi» promettono doppio concerto nel 2003
«Una roba così non l´avevo mai vista...»: eppure di concerti Renzo Abate ne ha visti e organizzati tanti. Ma sabato sera c´erano i «Nomadi» e ogni volta che la band emiliana torna da queste parti (e ormai succede dal 1967, per un totale di 27 concerti) è sempre una serata speciale.
Un concerto che è anche festa, come solo tanti amici che si ritrovano tutti insieme sanno fare. E sabato di amici in piazza San Bartolomeo ce n´erano a migliaia: arrivati dal Veneto e da Roma, dalla Lombardia, oltre ai tantissimi locali. Non sono mancate le sorprese: è arrivato anche don Antonio Mazzi impegnato con la Comunità Exodus nell´attività di recupero di tossicodipendenti e prostitute, amico dei Nomadi (era già stato a Castagnole lo scorso anno).
Poi l´annuncio che il prossimo anno i concerti dei Nomadi saranno due, per celebrare i 40 anni di attività della band: saranno due serate consecutive, due concerti diversi, oltre cento canzoni in scaletta per ripercorrere la storia di un complesso che ha fatto storia nella musica italiana.
La serata era anche un´occasione per far beneficenza attraverso una lotteria curata dal fan club di Asti: sono stati venduti 2200 biglietti per un incasso di 2200 euro diviso tra le associazioni «Augusto Daolio per la vita» (ricerca sul cancro) e «Nomadi for Vietnam» (per aiutare a togliere le baby prostitute dalle strade).
In palio, cimeli dei Nomadi: dalla fisarmonica di Beppe Carletti (andata ad un fan veneto), magliette, spartiti musicali, plettri per chitarra.



Sabato 11 Maggio 2002


Rifiutati a Sanremo, ma primi in classifica.
E' il "destino" dei nomadi, il gruppo musicale reggiano sulla scena italiana ormai da 39 anni. Eppure, come spiega Beppe Carletti, leader e fondatore della band, il no al Festival ha portato fortuna.
"Forse" dice Carletti, "ma noi ormai ci abbiamo fatto il callo, non è la prima volta. I Nomadi non sono molto amati dai burocrati della tv, questo accade dai tempi di 'Dio è morto', quando la Rai censurava questo brano che invece veniva trasmesso dalla Radio Vaticana".
"C'è chi dice che siamo vecchi, chi poco belli, chi troppo impegnati socialmente, ma noi ci rifacciamo con i nostri 150 concerti all'anno, e penso che per un musicista il contatto diretto con il pubblico sia la soddisfazione maggiore. C'è un'Italia che tutti i giorni vive, lavora, ascolta musica, va ai concerti che non sempre coincide con quello che si vede in tv".

Come ci si sente in vetta alle classifiche dopo 39 anni di carriera?
"Sicuramente bene e un pò di fortuna non guasta, ma questo risultato è innanzitutto la conferma che il lavoro costante e la qualità prima o poi danno frutti. E poi l'album 'Amore che prendi amore che dai' è un prodotto di cui siamo convinti, è davvero un buon lavoro".
(Tratto dal sito kataweb)


DIECI INEDITI IN «AMORE CHE PRENDI AMORE CHE DAI»

Nomadi, un album d´inattese presenze
MILANO
E' passato solo un anno e mezzo dall'uscita di «Liberi di volare» eppure i Nomadi sono già pronti per regalare ai propri fans altre dieci canzoni che fanno parte del nuovo cd «Amore che prendi amore che dai» realizzato fra l'ottobre 2001 e il marzo di quest'anno. «Non penso - ha detto Beppe Carletti, cinquantacinquenne fondatore del gruppo - che qualcuno vorrà smentirmi se dico che questo cd è il migliore dei Nomadi del "dopo Augusto".
Colorato, con brani dove ognuno di noi ha messo qualcosa e un sacco di particolari che caratterizzano la voglia di crescere per una formazione che ha ormai quarant'anni sulle spalle e duecentosettanta canzoni in repertorio».
Molti gli elementi che caratterizzano il cd. L'intervento nel brano «L'angelo caduto» di Andrea Griminelli, considerato uno dei più talentosi flautisti classici del nostro paese, è stata per Carletti una scelta obbligata. «Sentivo che a quella canzone bellissima che parla di prostituzione, di sfruttamento della condizione femminile, mancava qualcosa. Conoscevo bene Griminelli e l'ho chiamato aspettandomi un no. Meno male che non ho avuto ragione».
Ancora: nei pezzi «Il nome che non hai» e «Sospesi fra terra e cielo», si ascolta una giovane cantante thailandese. «Si chiama May - racconta il leader del gruppo - e l'ho conosciuta durante un viaggio di solidarietà a Bangkok. Lei cantava in un localino dove ero a cena con alcuni amici. L'ho vista e sono tornato il giorno dopo per riascoltarla. Mi sono convinto che poteva servire alla causa dei Nomadi e l'ho invitata a venire in Italia. Il risultato è quello che sentite. Tra l'altro posso dire che May sarà con noi da novembre per almeno due mesi e la porteremo in giro per l'Italia».
Tra le inattese presenze del cd troviamo poi un coro gospel, un trombettista cubano, l'uso della viola, del violoncello e altro ancora. «Il brano "Trovare Dio" - dice Beppe - farà anche parte della colonna sonora del film "L'alba di Luca" di Roberto Quagliano a sostegno del progetto "Casa dei risvegli Luca De Nigris"». Carletti è felicissimo del nuovo lavoro.
Soprattutto è contento del fatto che nelle canzoni sono stati coinvolti molti giovani.
Tutti i pezzi infatti sono stati scritti con l'apporto di autori spesso alla prima occasione importante.


Domenica 5 maggio 2002


Qualcuno maliziosamente dice che i Nomadi oggi sono una cover-band: abbiamo girato la domanda a Beppe Carletti... Tenere in piedi un gruppo che ha cominciato a incidere nel 1965 nel ruolo di unico superstite della formazione originale non è un’impresa facilissima. Beppe Carletti, tastierista e colonna dei Nomadi, c’è riuscito a dispetto delle difficoltà e della tragica perdita di Augusto Daolio, cantante e simbolo del gruppo emiliano. Sa bene di avere dalla sua parte un pubblico fedele e lui onora il patto con gli ammiratori, senza prenderli in giro con uno spettacolo di puro revival. Il nuovo album “Amore che prendi amore che dai” non porta particolari rivoluzioni nella musica dei Nomadi post-Daolio, ma ne conferma la natura di gruppo “della gente”, schietto e lontano da pose divistiche. I palati più sofisticati possono anche non apprezzare la semplicità con cui affrontano temi sociali importanti, ma probabilmente gli aficionados non sanno che farsene di raffinati argomenti intellettuali. E, a occhio e croce, lo stesso vale per Carletti e il bassista Massimo Vecchi, che abbiamo incontrato durante la loro trasferta promozionale a Milano.

Al di là dei musicisti esterni, “Amore che prendi, amore che dai” è un lavoro in pieno stile Nomadi, siete immediatamente riconoscibili.
Beppe: Guai se non fosse così. Non avrebbe senso un cambiamento radicale. Se le cose andassero male, ci si potrebbe pensare, ma non c’è motivo di cambiare tanto per farlo. Noi pensiamo di essere cresciuti musicalmente, nell’affiatamento e negli arrangiamenti, abbiamo cercato di vestire le canzoni a seconda di quello che raccontano. Per noi è uno dei dischi più belli che abbiamo fatto. Sarà forse perché è l’ultimo, ma ci crediamo molto. Abbiamo curato tutti i pezzi, come facciamo sempre. Non siamo un gruppo che si preoccupa solo del singolo, cerchiamo di avere tutte canzoni di buon livello. Per noi sono ipoteticamente tutti singoli.

Anche questo è perfettamente in linea con la vostra tradizione: non avete certo la reputazione di “gruppo da singolo”.
Beppe: No, infatti. Il singolo serve soprattutto a far sapere che è uscito un disco. La nostra preoccupazione è fare in modo che la gente che va a comprarsi il CD poi non dica: ‘va be’, ma sono tutte uguali’. Penso che questo disco non dia proprio questa impressione, sembra quasi una compilation, “Il meglio di”.
Massimo: Uno dei complimenti più belli che abbiamo ricevuto per questo disco è che si sente che la band suona. E’ bello che questo si capisca, penso che sia anche un modo per riassumere gli ultimi quattro anni che abbiamo trascorso insieme.
Beppe: Sì, si sente che stiamo bene insieme.

Una condizione indispensabile, visto che i vostri tour di solito sono pieni di date.
Massimo: Questo è sicuro. Restando insieme per 280 giorni all’anno, se non si va d’accordo, c’è da tirar fuori il coltello prima o poi.
Beppe: Adesso le cose vanno molto bene, è una bella situazione. Aspettiamo cosa dirà il pubblico. Il primo concerto di presentazione del disco in un piccolo teatro è stato bello. C’erano vecchi fans e anche gente che non ci aveva mai sentito dal vivo. Abbiamo ricevuto una standing ovation per “L’angelo caduto” e non ce l’aspettavamo. Anche se suono da 40 anni, mi sono commosso.

Se questo è uno dei vostri lavori migliori, ce ne sono alcuni che considerate poco riusciti o da dimenticare?
Beppe: Musicalmente ce ne sono senz’altro. Ma c’erano situazioni che non ci permettevano di stare tranquilli mentre registravamo. Ad esempio c’erano pressioni del produttore, che adesso non abbiamo più, che è una figura importante ma può anche pesarti.
Massimo: A volte rischia di snaturare il modo in cui suoni.
Beppe: In un modo o nell’altro ti condiziona. Non voglio citare titoli, ma non ho vergogna ad ammettere che, andando un po’ indietro negli anni, ci sono dischi fatti un po’ male, e anche diversi giornalisti ce lo avevano fatto notare. Un po’ era colpa nostra: prima degli anni ‘90 facevamo molte serate e non curavamo molto le registrazioni. Col tempo abbiamo imparato a divertirci anche in studio. Negli ultimi quattro anni in particolare mi sto divertendo molto a registrare, e in passato non l’avrei mai pensato possibile.

Ricordo che a metà degli anni ‘80 non raccoglievate molti consensi dalla critica.
Beppe: Eravamo senza casa discografica, e ci producevamo da soli i dischi, senza grandi mezzi. Se li vado a riascoltare, mi arrabbio perché erano registrati male, anche se c’erano belle canzoni. Li facevamo in fretta, anche perché non ci divertivamo molto a stare in sala.
Massimo: All’epoca, io ero solo un fan del gruppo e i dischi migliori dei Nomadi in quel periodo secondo me erano i live.

Negli anni ‘90 invece le cose sembravano mettersi al meglio, poi sono arrivate due mazzate tremende, con la scomparsa di Dante Pergreffi prima e Augusto Daolio poi. Come sei riuscito a tenere in piedi la baracca?
Beppe: Sì, tutto si stava sistemando: eravamo rientrati nel giro discografico che conta, le cose andavano bene. Poi è andata come sai e sembrava che tutto fosse finito, che non ci fosse più nessuna possibilità di risalire. Poi ho cominciato a ragionarci e mi sembrava giusto andare avanti. Non immaginavo che questo volesse dire essere ancora qui adesso, avevo diversi dubbi, poteva essere una cosa destinata a spegnersi. Siamo stati aiutati dai fans: volevano che continuassimo, che suonassimo ancora le nostre canzoni e, principalmente, volevano ricordare Augusto. Ai nostri ammiratori piace anche incontrarsi fra di loro, siamo un po’ il loro punto d’incontro. Siamo ripartiti nel ‘93, con Danilo Sacco e Francesco Gualerzi che cantavano. Mi sembrava una buona idea, anche per non far ricadere su una persona sola la responsabilità di fare il leader. Pensavo che la gente avrebbe accettato meglio la nuova situazione e avrebbe capito la volontà di dare un senso al fatto di continuare, in modo un po’ diverso rispetto al passato. Alla fine del ‘97 la bassista Elisa e Francesco hanno deciso di abbandonare. I dischi stavano andando bene, sono arrivati Massimo e il violinista Sergio Reggioli e a quel punto è partita un’altra storia, perché cambiare due componenti non è uno scherzo. Il bassista poi è fondamentale: se fai il confronto fra i dischi precedenti e gli ultimi, si sente la differenza di suono e di grinta, anche perché ognuno porta nel gruppo le sue esperienze.

Visto che hai deciso di proseguire sulla spinta delle reazioni del pubblico, un eventuale segnale negativo potrebbe farvi pensare di smettere?
Beppe: Spero che accada il più tardi possibile e spero di accorgermene in tempo. Non vorrei fare la fine dell’ex-pugile.
Massimo: Esatto. Se proprio si dovesse chiudere, sarebbe meglio farlo in bellezza.
Beppe: Penso che la storia dei Nomadi si meriterebbe un bel finale, non un crollo. Poi, non so… Negli anni ‘80 pensavo proprio che la cosa andasse a finire perché eravamo senza casa discografica, facevamo i dischi in tre giorni e via andare, non c’era una bella situazione. Ma sai cosa c’è? Io vengo dagli anni ‘60, quando suonavo nelle balere per far ballare la gente. Non sono partito trovandomi subito sul palco come artista incensato e riverito. La mia paura è quella di non accorgermi di essere in calo, perché in fondo sono sempre stato sul palco. Ho suonato davanti a poca gente, poi ne ho avuta tanta, negli anni ‘80 ne ho avuta un po’ meno.

Una delle considerazioni più cattive su di voi è che siete quasi una cover band dei Nomadi, visto che l’unico membro originale rimasto è Beppe. Avete mai considerato la cosa da questo punto di vista?
Beppe: Penso di no. E poi, se anche fossimo una cover-band, be’, con 130 concerti all’anno e il nostro cachet, saremmo una bella cover-band. A tanti piacerebbe essere in una posizione del genere.
Massimo: Di sicuro. E non lo dico a caso, visto che ho suonato nelle cover-band per diverso tempo.
Beppe: Se non avessimo fatto altri dischi dopo la morte di Augusto, allora saremmo stati una cover-band. Forse per il pubblico e anche per i giornalisti è difficile separare i Nomadi fino al ‘92 dai Nomadi cominciati nel ‘93. Di sicuro in questa seconda fase non abbiamo più fatto una “Dio è morto” o una “Noi non ci saremo”, ma sono anche cambiati i tempi. Voglio vedere chi ha scritto una canzone tipo “Auschwitz” dal ‘93 in poi. Il mondo è cambiato, c’è un’aria diversa. E comunque, se si leggono i testi delle canzoni che abbiamo scritto negli ultimi anni, penso che si possa dire tranquillamente che abbiamo rispettato tutto quello che abbiamo fatto in passato. Quindi, in fondo… la cover-band la accetto. Essere in una cover-band di me stesso mi sta bene. E poi, voglio essere megalomane: se siamo ancora qui nel 2002, con un album che ha già un sacco di copie in prenotazione vuol dire che qualcosa di buono l’abbiamo pur fatto. Certo, il passato ci ha avvantaggiato.

Sul vostro album compaiono i marchi di una azienda di abbigliamento e di una di scarpe. A molti gruppi dà fastidio la possibilità di venire associati a prodotti commerciali, soprattutto se nelle loro canzoni esprimono opinioni sociali o politiche. Come vedete voi la questione?
Beppe: Il punto è che ci autogestiamo: abbiamo un manager che si occupa di varie questioni e dobbiamo pagarci tutto, a cominciare dai manifesti. Abbiamo questi due sponsor che ci danno abiti e scarpe, niente soldi. In effetti, sono più amici che sponsor: a loro interessa che mettiamo il marchietto sui dischi, è ovvio. Ma finisce tutto lì, è uno scambio fatto più che altro in amicizia. E poi sono pure belle scarpe, perché non dovremmo accettarle?
(Paolo Giovanazzi)


Domenica 10 febbraio 2002


NOVELLARA. Prendono il via domenica prossima le prime iniziative di Nomadincontro 2002, la manifestazione musicale che ogni anno richiama migliaia di fans del celebre gruppo.
Subito dopo la cerimonia di intitolazione e la presentazione del Xº Tributo ad Augusto, quest'anno assegnato alla Nazionale cantanti, sarà inaugurata nella stessa sala la mostra fotografica di Sergio Grandi «In tour con I Nomadi».
Martedì 12, sempre nella sala polivalente «I Nomadi», dalle 20,30 è in programma uncarnevale cubano con i Los Trinitarios (ingresso libero).
Mercoledì 13 sarà la giornata Drom, la «festa del nomadismo, delle migrazioni, delle transumanze», nel teatro della Rocca, con il dibattito alle 18,30, la degustazione dei cibi dei viandanti alle 20,30 e lo spettacolo musicale alle 21 con Ivan Calì, Taraf de la Metropulitana, Paolo Simonazzi e i Desperanto Quintet. Anche in questo caso l'ingresso è libero.
(Dalla Gazzetta di Reggio)


Domenica 3 febbraio 2002


NOVELLARA. Sono passati quasi dieci anni, e sembra ieri, da quando Augusto Daolio ha concluso la sua breve ma intensa vita.
Per questo il Nomadincontro di quest'anno, dal 10 al 17 febbraio, sarà speciale, l'occasione per celebrare degnamente una delle figure e delle voci più amate da diverse generazioni di giovani, per oltre un quarto di secolo.
Il 1992 è stato un anno maledetto per I Nomadi. In gennaio ad Augusto viene diagnosticato un male incurabile; il 14 maggio muore in un incidente stradale il bassista Dante Pergreffi; il 7 ottobre si spegne per sempre la voce di Ago. Gli ultimi mesi, nonostante la sofferenza, furono per lui di intenso lavoro; fino all'ultimo non ha rinunciato a cantare.
Nel maggio '92 venne allestita al Teatro Valli di Reggio Emilia una mostra antologica dei suoi dipinti, che consente al grande pubblico di conoscere, per la prima volta in modo esauriente, anche la sua lunga opera di pittore. «Ora posso dire che la vita mi ha dato tutto, adesso posso anche morire», sarà il suo straziante commento dopo lo straordinario successo dell'inaugurazione, ritornando a casa con Rosy, la sua compagna.
Mentre il male era ormai in fase avanzata, ha voluto anche progettare una mostra nelle sale del Museo Gonzaga, nella Rocca della sua Novellara, ma lui non farà in tempo a vederla realizzata. Fondatore, con Beppe Carletti, de I Nomadi, il mitico e più longevo fra i complessi musicali italiani, con le sue canzoni ha saputo interpretare i sogni, le speranza, le emozioni, le utopie, la voglia di lottare per un mondo migliore di folle di giovani, che hanno continuato a seguirlo anche con il passare degli anni.
Nei dipinti e nei disegni ha fissato le sue visioni e le inquietudini più segrete, in immagini surreli e incantate. Il tempo passa inesorabilmente, ma il suo messaggio sognatore e generoso è rimasto nel cuore e nella mente di molti.
Ancora oggi ogni domenica la sua tomba e metà di visite di gruppi di giovani e non più giovani provenienti da ogni parte d'Italia, che la ricoprono di fiori e di piccoli omaggi.
Giustamente I Nomadi organizzano ogni anno il Tributo ad Augusto non in coincidenza della data della sua morte, ma della sua nascita.
Quest'anno fra le tante iniziative ci sarà anche l'ititolazione ai Nomadi della sala polivalente in Borgonuovo; In un futuro ormai no tanto lontano ci sarà a Novellara anche un parco Augusto.
(Dalla Gazzetta di Reggio - Vittorio Ariosi)



Domenica 6 gennaio 2002


Granarolo dell'Emila - 2 ottobre 2001. Juve C.Bologna sfida i Nomadi.
La partita Nomadi vs Juve di bologna è finita 4-7, per i Nomadi hanno segnato Cico Falzone 2 gol, Marco Chiarelli e Massimo Vecchi.
Nella squadra dei Nomadi: i Nomadi (n° 9 Cico Falzone, n°10 Daniele Campani, n° 2 Beppe Carletti, n° 11 Massimo Vecchi), i ragazzi appartenenti ai Fans club dei nomadi, Diego ( tecnico dei Nomadi ) alcuni organizzatori dei concerti, Marco Chiarelli e gli amici di Radio Italia.


Due brani saranno la colonna sonora del film "L’alba diLuca": "Se non ho te",tratto dall’ultimo album "Liberi divolare", e "Trovare Dio", quest’ultimo un inedito che verrà anche inserito nel prossimo Album.
Dalla Gazzetta di Reggio:

"NOVELLARA. Tre anni fa, a Bologna, un bambino morì dopo 240 giorni di coma e un'operazione «perfettamente riuscita». Si chiamava Luca De Nigris ed era un fan dei Nomadi. La sua storia ora diventerà un film, «L'alba di Luca», la cui colonna sonora sarà griffata Nomadi.
«Fare musica per il cinema - spiega Beppe Carletti che sta lavorando al progetto - è il sogno di ogni musicista, ma questa è un'occasione del tutto particolare che ci tocca profondamente».

Cosa vi ha convinto a partecipare al film?

Avete scelto brani già in repertorio o proporrete pezzi inediti?

«Ci sarà un brano inedito più un altro che eseguiremo nel corso delle riprese comparendo direttamente in video. A metà settembre, mi fermerò un attimo per mettere a punto la vera e propria colonna sonora».

Non è la prima volta che il cinema s'interessa ai Nomadi.

«Successe due volte negli anni Settanta con i film "Il caso è felicemente risolto" dove cantavamo "Mamma giustizia" e "La ragazza di via Condotti" nel quale in realtà cantava solo Augusto». Ma questa è un'altra storia... «Questo film racconta una storia che ci coinvolge, che abbiamo vissuto da dentro. Come non commuoversi?» ".


S.Secondo - 22 agosto 2001
Alla fiera della spalla e della fontanina di San Secondo, è stato presentato il libro «Dialoghi sul frammento con Augusto Daolio» di Luciano Mazzoni.

Dalla Gazzetta di Reggio: "Un colloquio intenso e intimo quello che si è sviluppato negli anni tra Augusto e Luciano che «quel 7 ottobre si è momentaneamente interrotto, ma non si è spezzato». Ne esce un ritratto commovente e vitale, un Augusto sempre «contro» e comunque partecipe, curioso della vita e delle persone, perennemente in viaggio verso la libertà. Un Augusto «contro» perchè «è importante saper nuotare controcorrente, saper andare contro vento. Per questo canto ad ogni spettacolo fino a non avere più voce. Per dire no ai condizionamenti di questa sporca società, ai destini segnati, a quello che altri, più potenti di noi, hanno già deciso»".


SANT'ILARIO - 25 luglio 2001.
C'erano i Nomadi al completo, c'era Rosanna Fantuzzi, c'era il sindaco di sant'Ilario Sveno Ferri, c'era Nani Tedeschi e c'era William Colli, responsabile dell'Unità di Sant'Ilario, ieri sera all'intitolazione ufficiale dell'arena spettacoli ad Augusto Daolio. Tutti uniti da uno stesso sentimento, l'amicizia, e da un medesimo credo, la solidarietà. Momento clou della cerimonia, è stata la presentazione di un'opera di Nani Tedeschi dedicata ad Augusto Daolio: incastonato in un albero (a ricordare le piante simboliche dipinte da Augusto nei suoi quadri) un ritratto di Ago. Commossa fino alle lacrime Rosanna Fantuzzi, compagna di Ago: «Augusto sarebbe stato molto contento.
Credeva molto nei giovani, e in quest'arena a lui intitolata suoneranno molti giovani gruppi». Il perchè di questa intitolazione l'ha spiegato William Colli: «E' l'omaggio permanente ad un artista che sentiamo parte della nostra storia».
Non era calato ancora il sipario sulla cerimonai ufficiale, e già i fans accorrevano numerosi, nonostante il cielo nero, nell'arena Augusto Daolio: ad inaugurarla sarebbero stati, dopo qualche ora, i Nomadi.
(tratto da "La gazzetta di Reggio")