Le Attività - 2003 - Comunicato Stampa |
Sabato 10
Maggio 2003
ore
17.00
"SERGIO
MORI"
Aperta fino al:
28
maggio 2003 La pittura è un linguaggio pertanto è una forma di comunicazione, veicolo di stati d’animo, pensieri e idee, sogni e quanto la mente umana possa immaginare ed elaborare. La pittura come la scrittura e la musica è una delle attività più amate dagli uomini proprio per queste caratteristiche, per la possibilità di identificarsi in essa, di inventare forme per raccontarsi e raccontare. Sergio Mori ha scelto un riferimento culturale e formale, la metafisica, e racconta un aspetto della condizione umana: la solitudine. L’uomo senza volto che cerca di piantare il bulbo, un ortaggio? In un campo brullo e desolato ed è quasi intrappolato dalle radici della pianta è un immagine dolorosa di solitudine, evoca una solitudine che nasce da un senso d’impotenza rispetto al compito umano di abitare lo spazio che gli è assegnato, garantirsi possibilità di sopravvivenza e di continuità. I
paesaggi marini - con la contrapposizione di acqua trasparente, rocce assolate e
un cielo nero, non nero di nubi temporalesche ma nero quasi per l’impossibilità
ad essere rappresentato se non così come disperata proiezione di angoscia –
sono immagini di solitudine. Quasi
metafora assoluta della solitudine è la mela in mezzo alle patate, una
composizione nella quale Sergio Mori esprime forse al meglio la propria
sensibilità di pittore. Le
atmosfere, tranne in qualche caso, sono piuttosto inquietante, a volte cupe, i
paesaggi sono deserti, qualificati da elementi improbabili, spiazzati – è
evidente la componente surrealista e, del resto, è proprio forse questo ambito
a interessare Mori, più ancora che la stagione della Metafisica – illuminati
da una luce astratta, quella che si immagina connessa ad una catastrofe. Di una
catastrofe sono protagonisti, in una inquietante lotta per la supremazia,
scorpioni e lumache che invadono lo spazio in un quadro intitolato “Balcani”. Quando
rappresenta figure Mori sceglie uomini, raramente si incontra la figura
femminile, si tratta forse di una forte identificazione o, più semplicemente,
di una scelta simbolica, uomo come genere umano, pertanto figura senza volto,
senza propria identità. Gli
spazi interni sono limitati, risolti nella prospettiva del pavimento, in alcuni
elementi simmetrici, i paesaggi sono ampi, a volte costruiti in modo da
suggerire l’idea di profondità, di ampiezza, di lontananza. Anche questa
costruzione dello spazio accentua l’elemento della solitudine, problematica
centrale della pittura di Mori. Nelle
opere più recenti compaiono altri simboli, ed elementi archeologici – forse
un recupero della tipologia di elementi ricorrenti nella pittura
metafisica, dechirichiana – ed elementi religiosi - il Cristo in Croce
– in una contaminazione sotto una luce sospesa ed inquietante che induce a
pensare alla confusone del mondo contemporaneo, alla sofferenza che
coesiste con la bellezza, alle infinite contraddizioni che rivelano la brutalità
dell’esistenza. Sergio
Mori si presenta come pittore a Genova per la prima volta, non mi sembra
casuale che provenga da Trieste, città che ha visto la stagione più fertile
della sua attività, città di profonde inquietudini, non lontana da paesaggi di
forte intensità drammatica, non lontana da scenari di guerra, da storie
di dolore. Con preghiera di pubblicazione e/o
divulgazione. |
SATURA
Associazione Culturale
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010.604.66.52 |