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PRATOLA PELIGNA

Cenni storici

Estratto da "Historia Pratula[e]" di Marco Petrella

Il paese sorge al centro di una vallata incastonata tra i principali monti dell'Abruzzo interno. Secondo la tradizione, fatta propria da numerosi studiosi del settecento, la vallata era ricoperta da un grosso lago posto alle pendici di un vulcano che doveva trovarsi tra la Maiella e il Morrone. "Difatti, cita il barone Durini, la zona tra Tocco, Musellaro e Caramanico è ricca di pietre laviche e sorgenti d'acque sulfuree. Questo vulcano creò uno squarcio nei monti tra Popoli e Tocco che provocò una grossa inondazione che riversò, nelle pianure Chietine e Pescaresi, un gran numero di detriti".

Al di là del racconto del Durini, è certo che le montagne della Maiella e del Morrone siano terre emerse dalle acque in seguito ai movimenti delle zolle della crosta terrestre. Migliaia di anni fa nelle terre paludose della vallata vivevano, insieme agli abitanti preistorici, numerose specie animali oggi estinte (pleistocene).

Indagini archeologiche compiute nella vallata da illustri esperti, come il Prof.Radmilli dell’università di Pisa, hanno portato alla scoperta di numerosi resti d'insediamenti preistorici. Numerosi reperti preistorici furono raccolti dallo studioso Pratolano Antonio De Nino e donati, dallo stesso, al museo Preistorico ed Etnografico di Roma. Resti di un Elephans antiquus furono rinvenuti durante i lavori di costruzione di alcune cappelle nel cimitero di Pratola.

I monti che circondano la vallata erano pieni di grotte che offrivano riparo a questi uomini primitivi. Le più antiche civiltà che occupavano i nostri monti più alti e di cui si sono ritrovate tracce, appartenevano ad una cultura, definita "acheulana", in cui si distinguono dei ciottoli lavorati su tutte e due i margini che tendono ad assomigliare a delle mandorle. Il lago che occupava la nostra vallata circa settecentomila anni fa (acheulano) ricopriva gran parte della vallata. Il livello del lago era di circa 340m s.l.m., infatti, a Popoli presso le svolte, fu rinvenuto un grosso giacimento formato da 22 gruppi stratigrafici.

E’ ipotizzabile, quindi, che il lago coprisse completamente la parte Popolese della vallata fino a lambire le zone di capo la costa e piana la torre in quelle zone dette oggi "cannavine" per via del loro elevato grado di umidità che testimoniano la presenza di un lago ed in seguito di una palude. Il lago poteva avere degli isolotti ove sono le parti più alte di Pratola (dentro la terra), Raiano e Corfinio. Dovevano restare fuori del lago le zone della piana della Maddalena, fino a Sulmona, chiamate oggi "di secca" perché non irrigabili e povere d’acqua. A Popoli, sul morrone ed a Prezza furono rinvenute tracce della cultura Protolevalloisiana caratterizzata da una tecnica di lavorazione delle schegge più progredita.

Nel 1400-1300 a. C., l’economia delle nostre popolazioni era legata prevalentemente alla pastorizia e le popolazioni continuavano ad abitare in villaggi fissi o occasionali in cui venivano pascolati i greggi. Si può ipotizzare che in quel periodo i nostri antenati vivessero in alcuni principali centri posti:

  • Presso il monte Mitra e nei monti posti tra Sulmona, Pacentro, Pettorano e Cansano;
  • Presso il castello di Santa Croce a Popoli;
  • Presso il monte morrone in una zona compresa tra l’impianezza di Roccacasale, il colle delle fate ed il monte Orsa.
  • Presso il monte urano sopra Raiano
  • Sui monti che sovrastano l’abitato di Prezza.

L’inizio dell’urbanizzazione della costa e delle pianure accompagnato dalla crescita dell’agricoltura spinse i pastori, qualche secolo prima della nascita di Roma, a compiere dei grandi movimenti delle greggi per assicurare la loro necessaria nutrizione (transumanza) ed a creare quelle autentiche ed antiche arterie di comunicazione che sono i tratturi. Con l’inizio dell’età del ferro ebbe inizio la civiltà italica e furono costruiti gran parte dei centri fortificati delle nostre montagne. 

Duemila anni fa Pratola aveva una Popolazione sparsa nei vari Pagus che popolavano la nostra vallata. Il cristianesimo non era ancora arrivato tuttavia la popolazione aveva ugualmente i suoi idoli a cui dedicava numerosi templi. Questi templi pagani venivano innalzati, a mio avviso, nei pressi delle numerose sorgenti che popolano la nostra vallata. Ricerche da me effettuate, in modo superficiale, osservando i terreni che circondano le varie sorgenti hanno evidenziato la presenza di numerosi materiali fittili.

Tracce di antiche presenze sono presenti nei pressi di quasi tutte le fonti della vallata. Le zone sedi di possibili templi potevano trovarsi presso le fonti di via del rio, presso l’acqua chiara, presso il lago di Volpe, presso la zona dell’acquaviva, presso le sorgenti del pescollone, presso la fonte di Saccoccia, presso fonte S. Angelo ed in tutte le altre sorgenti della vallata.

Ricordo ancora una delle sorgenti in cui vi erano vari indizi di un’antica presenza umana; questa sorgente era la fonte di Sant’Ippolito a Corfinio. Successive ricerche archeologiche in questa zona, peraltro ampiamente segnalata già alla fine dell’ottocento da Antonio De Nino, hanno riportato alla luce i resti di un grosso tempio Romano.

Gli abitanti della vallata abitavano, oltre che nei centri di Corfinium e Sulmo, anche in vari pagi sparsi nella vallata. Non è certo se questi Pagus avessero una certa indipendenza o se invece facevano parte di un unica organizzazione confederata di vari villaggi. Dalla documentazione epigrafica raccolta si può ipotizzare che oltre a Sulmo e Corfinium esistessero altri agglomerati, come vedremo anche a Pratola, organizzati non già come semplici pagi ma come veri e propri municipi.

Lo stesso Cesare, durante l’assedio di Corfinium, cita anche i municipi confinanti (finitumis Municipiis) dove le truppe Romane andavano a rifornirsi durante l’assedio a Corfinium. Anche lo storico Romano Strabone scrisse che i Peligni abitavano sparsi in vari villaggi (pagi o vici). A mio avviso non è da escludere la possibilità che nell’attuale rione dentro la terra, abitato già prima della nascita di Cristo, vi fosse un palazzo pretorio. D’altronde, che queste zone fossero abitate lo testimoniano i reperti rinvenuti nelle numerose tombe presenti a Via Venezia e nella contrada corderia che testimoniano che gli antichi abitanti di Pratola hanno sepolto i loro congiunti da prima della nascita di Cristo fino al periodo imperiale se non oltre.

Come vedremo, le tracce di questi antichi villaggi sono ancora visibili sia nei resti, ancora presenti, sia nella documentazione epigrafica. Sull’indipendenza dei pagi i pareri sono discordanti; vi sono, tuttavia, vari fattori che lasciano pensare ad una certa indipendenza dei villaggi e che possono cosi essere riassunti. L’indipendenza dei vari villaggi e la presenza di magistrati che amministravano i villaggi è attestata in numerose epigrafi rinvenute in varie zone della vallata: a Prezza (il Pagus Lavernae) dove venne edificato, per ordine di alcuni magistrati locali, un teatro con un tempio dedicato alla Bona Dea, a Raiano dove venne costruito un teatro e a Pratola dove dei magistrati fecero costruire una fontana.

Dalla documentazione epigrafica ritrovata si può ipotizzare che i vari insediamenti un tempo indipendenti si siano organizzati sotto forma di una sorta di "confederazione". La popolazione dell’antica Corfinium era amministrata da un consiglio formato dai rappresentanti dei vari pagi. Le prime forme di organizzazione sociale erano formate dai rappresentanti delle varie tribù formate perlopiù da vari gruppi familiari. L’organizzazione politica attuale dei Pratolani sembra derivare da queste primitive organizzazioni, infatti, è formata, più che dai partiti, dai rappresentanti delle varie famiglie che pur facendo parte di organizzazioni politiche seguono una linea più vicina agli interessi delle famiglie che dei partiti

Già all’epoca dei Romani esistevano anche associazioni di artigiani e di altre classi che avevano i loro simboli e le loro cappelle cimiteriali. I fabbri, ad esempio, avevano il loro mausoleo nella zona di coccia rotta dove sono state rinvenute delle urne cinerarie.

Anche lo sviluppo urbanistico di Pratola, ricorda il racconto di Strabone, infatti, si è sviluppato attorno ad antiche corti abitate prevalentemente da rappresentati dello stesso gruppo familiare. Tornando alla storia è interessante il fatto che un rappresentante del pago Pratolano (Publio Mammius Aufidius Priscinus che molto probabilmente abitava il villaggio di Ata) entrò a far parte dell’ordine equestre e venne in seguito nominato Patronus Municipii di Corfinium. Questo e testimoniato da un iscrizione onoraria rinvenuta presso San Pancrazio ed in un altra rinvenuta presso la basilica di S. Pelino.

Uno dei più antichi scritti che parlano di Corfinium è quello relativo al martirio di San Valentino che Colucci descrive come scritto in latino e con caratteri Longobardi. In questo documento visibile fino alla fine del 1700, si narrava che sotto l’imperatore Giuliano, regnante dal 361 al 364, San Valentino e San Damiano si recarono, accompagnati da un angelo, da Terracina verso Corfinio. Arrivati a Corfinio tutti gli infermi accorsero verso di loro e furono immediatamente guariti. Durante la loro permanenza a Corfinio battezzarono quattromila cittadini, oltre le donne e i fanciulli.

Quindi nel terzo secolo dopo la nascita di Cristo, Corfinio, malgrado fosse in un periodo di decadenza, aveva ancora una popolazione alquanto numerosa non essendo compresi tra quei quattromila né le donne e i bambini, né i pagani che erano ancora la maggioranza.

In un epigrafe rinvenuta a Fonte S. Angelo si cita una città di duemila anni fa e chiamata Ata. E’ curioso che in seguito viene nominato un villaggio avente le stesse ultime lettere (ata) con l’aggiunta delle lettere P e R: Prata. Nella metà del nono secolo, Pratola è menzionata, infatti, con il toponimo Prata. In questo documento vengono citate le chiese di Prata che Ludovico II, regnante dall’anno 849 all’anno 875, confermava alla giurisdizione del Monastero di S. Vincenzo al Volturno.

In verità esistono varie località in cui si conserva il toponimo Prata; una è posta nella piana sotto l’abitato di Prezza. Questa località non è molto distante dalla località di S Pancrazio dove doveva estendersi il villaggio di Ata; un’altra zona e posta a confine del codacchio ed è chiamata Pratelle. Il toponimo Pratola viene menzionato per la prima volta nel 997 quando Giovanni, abate di San Vincenzo al Volturno, cede ad Alberico di Transarico di Valva un terreno sito in Pratola tra i confini di San Pelino e il fiume calido. Nel documento del 998 si cita, oltre ai vari paesi della vallata, la terra di San Pelino ed il fiume calido. La terra di San Pelino e chiaramente riferito al territorio di Valva mentre il termine Calido, che ricorre in numerosi documenti ed è quindi di vitale importanza ai fini di una ricerca delle origini di Pratola, non è riferito ad un fiume ma ad un uso, di calidare, che ne veniva fatto.

Le acque, infatti, venivano usate oltre che per irrigare anche per Calidare, ovvero per sciogliere i geloni delle piante durante l’inverno. L’arte del calidare era un usanza tipica dei contadini Pratolani e veniva applicata sia per gli ortaggi che per le viti. L’uso di calidare è un arte antichissima essendo stata lodata da Plinio che in un documento loda quest'arte praticata in valle Peligna in un villaggio detto Fabianus posto nei pressi di una sorgente. Questa citazione di Plinio ha portato lo storico francese Maurice Besnier a ritenere, a mio avviso erroneamente, che il vino Peligno, a causa delle frequenti irrigazioni, forse di scarsa qualità. In realtà questa tecnica veniva attuata in una fase di riposo vegetativo al sol fine di evitare, come già spiegato, che le forti gelate seccassero i vitigni.

Le "cannabine" (altro termine a mio avviso molto importante per una ricerca degli antichi villaggi Pratolani) erano dette cosi perché vi si seminavano canape quindi rape o lino accoppiate con le fave. Queste terre erano chiamate in periodo Romano arve e suddivise a sua volta in opere (dette cosi perché contenevano una giornata di lavoro). Un opera era divisa in quattro coppi ed ogni coppa conteneva sei misure. Un opera coltivata a viti ne conteneva 16 centinaia. Anche il territorio dell’antica Fara de Campiliano (descritta in un paragrafo apposito) doveva trovarsi ai margini di una cannabina.

L’origine del nome Pratola viene fatta risalire secondo taluni per la caratteristica di prateria che circonda la vallata o secondo altri per il fatto che a Pratola esistesse un palazzo pretorio. Tutte e due le ipotesi hanno un criterio logico. L’ipotesi che Pratola possa derivare da un palazzo pretorio è confermata dal fatto che le due strade più antiche di Pratola si incrociano nei pressi del rione dentro la terra secondo uno schema tipico degli antichi castellum Romani che avevano il palazzo pretorio nel punto di incrocio del cardo e della decumana. Anche il toponimo "dentro la terra", sembra combaciare perfettamente con l’ipotesi di un palazzo pretorio che si sa erano ricchi d’ambienti posti sottoterra.

A mio avviso, comunque, andrebbe aggiunta anche l’ipotesi citata ad inizio di paragrafo e cioè che il toponimo Prata modificatosi poi in Pratula e poi ancora in Pratola, possa derivare dal nome di una città che sorgeva a Pratola e di cui si conosce un epigrafe. Nell’epigrafe è riportata una parola che verrebbe intesa come aggettivo di localizzazione: ATICUS. Sul nominativo singolare di questa parola e quindi sul nome di questa città vi sono varie ipotesi. C’è chi ritiene che il nome del villaggio sia Atix, chi Aticus, chi Ata e chi ritiene che non si tratti di un nome di una città. Ad ogni modo secondo la maggior parte degli esperti il nome di questa città sarebbe Ata. Quindi duemila anni fa a Pratola esisteva una città con un nome da cui potrebbe essere derivato quello attuale. Questa comunque resta solo un ipotesi personale che ho voluto far conoscere.

Tuttavia, giova ricordare, tra i tanti, l’autorevole giudizio dell’archeologo Inglese Andrew Slade il quale affermò, nel corso di una conferenza, che questa epigrafe era riferita ad un pagus, se non addirittura ad un’insieme di pagi del tutto indipendenti da Corfinuim e che il toponimo Aticus si riferiva ad un organizzazione locale.

Il toponimo Peligni viene invece interpretato in vari modi: chi lo fa nascere in onore di San Pelino patrono di Corfinium, chi dalla notevole presenza nella nostra valle di molte zone lacustri e fangose e chi ancora per l’abilità dei nostri antenati nel realizzare muri a secco. Secondo l’opinione di Festo il termine Peligno deriverebbe dal nome di un condottiero Illirico, Pelico, nipote di Volfino Re dei Liburni che occuparono le nostre terre prima dei Sabini.

Assai interessante appare la collocazione del rione "dentro la terra". E’ probabile che già nel periodo Romano esistesse una costruzione che fungeva da punto di osservazione dell’antica Corfinium. Tale ipotesi è confermata anche da insigni studiosi come Antonio De Nino. La disposizione delle due strade principali Pratolane, ai cui lati si trovano le principali corti, farebbe pensare che qui fosse presente un palazzo pretorio da cui venivano impartiti ordini alle varie guarnigioni presenti nella vallata. Pratola, infatti, si trova al centro della vallata in una posizione privilegiata ideale per un sistema di protezione formato da varie torri e castelli.

Come non ricordare, inoltre, l’antipatia, quasi genetica, tra Pratolani e Sulmonesi che non si riscontra invece tra Sulmonesi e Corfiniesi e che deve avere radici in periodi a noi sconosciuti in cui i principali centri o Pagus si contendevano le terre migliori. A mio avviso la vallata era già nel periodo Romano densamente abitata ed aveva un sistema di protezione formato, oltre che dalle mura dei Castrum, anche da numerosi torri poste nei punti strategici della vallata e costruite in vari periodi.

Tale ipotesi è confermata, oltre che dalla toponimia di molte zone, anche dai numerosi resti di presidium presenti nei colli che circondano la vallata. Alcuni Presidium, detti anche centri fortificati, risalgono ad un periodo antecedente al periodo Romano ma sono stati utilizzati, con finalità diverse, fin nel periodo Romano. Questo sistema di protezione doveva servire per proteggere i vari pagi che formavano l’antica Corfinium ed era molto simili ad altre zone create nel periodo Romano nel nord Europa.

Nella descrizione fatta da Tacito, negli "Annales", della guerra contro i barbari viene menzionato un sistema di protezione formato da varie fortezze che sembra ricalcare l’organizzazione difensiva dei Peligni. Da un analisi storica ed archeologica, Pratola e i terreni a essa confinanti hanno avuto in un periodo che va da prima della nascita di Cristo fino ad oggi i seguenti villaggi.

I villaggi Romani:

Il Pagus di Ata; di periodo Romano.

Il Pagus Laverna; posto tra Raiano e Prezza

Il villaggio del Bagnaturo; sul cui sito vi era un’altro Pagus (L’antica Avella?)

Il Pagus Fabianus; sulla cui collocazione si è ancora incerti.

Il villaggio di Torre (descritto nei paragrafi relativi ai castelli).

I villaggi medievali e Longobardi:

Il villaggio di Campiliano;

Il villaggio di Orsa;

Il villaggio di Alezze; in cui erano presenti due chiese e che era situato nel comune di Raiano.

Il villaggio di Bentronianu; citato in un documento antico e che si trovava sotto orsa.

Il villaggio di Baratta; posto lungo la via Salara;

Oltre a questi villaggi vanno menzionati quelli confinanti come Sigezzano (posto presso fonte D'Amore), Interpromio (posto nei pressi di Tocco Da Casauria), Villa Carrene (presso Prezza), di Santa Croce (sul Morrone),....

 

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