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Mallare (fino alla meta' del XIX secolo si trova anche scritto Mallere) nacque intorno all'anno mille in un periodo di pace e conseguente incremento demografico dovuto alla nuova organizzazione feudale data all'Italia dopo la vittoria sui Saraceni.
Il primo nucleo fu costruito nell'attuale frazione Eremita accanto al primo corpo dell'attuale Santuario, difeso dal castello del Miele eretto sul monte Vernaro, in un punto di ristoro lungo "la via del sale" che arrivava da Alba, dalla "Magistra Langarum", prima di incamminarsi per la dura salita di San Giacomo in direzione di Finale.
Inizialmente facente parte della Marca Aleramica, in seguito a divisioni ereditarie, nel 1130 fu compreso nel Marchesato di Savona sotto Enrico I°  il Guercio, capostipite della famiglia Del Carretto che domino' per secoli la valle.
Dopo un  periodo di  guerre, carestie, peste nera e divisioni ereditarie i Del Carretto aderirono come feudatari al Marchesato del Monferrato.
Con l'estinzione dei Del Carretto sul finire del secolo XV, l'investitura del feudo fu concessa ai Spinola, ai Vico, agli Imperiale, ad altri rami dell'estesa famiglia Del Carretto, ai Cattaneo.
Nel 1708 il Monferrato a seguito di una guerra passo' allo Stato dei Savoia. Il Duca investi' del feudo le famiglie genovesi Cattaneo e Gavotti, i Donaudi di Torino ed in ultimo Felicita Contessa Piossasco. Nel 1796 la feudalita' venne soppressa con un editto del Re Carlo Emanuele IV di Savoia.
Tra il XVI ed il XVIII secolo, i 1500 mallaresi attraversarono un periodo di benessere dato dal lavoro fisso nelle cinque ferriere "alla catalana" che producevano tremila quintali di ferro all'anno.
Durante l'occupazione napoleonica Mallare fu martoriata trovandosi vicino al Colle di S. Giacomo, punto strategico conteso tra le truppe austro-piemontesi e quelle francesi.
In quegli anni la popolazione diminui' in modo considerevole piu' che all'epoca della peste.
La vallata fu compresa nel Dipartimento di Montenotte fino alla Restaurazione del 1814:
fu annessa al Regno di Sardegna di cui segui' le sorti fino all'unita' d'Italia nel 1861.
Dal 1921 fa parte della Provincia di Savona, il resto e' storia recente.

DEL CARRETTO
Signori delle Mallere

D O N A U D I
Conti delle Mallere

PIOSSASCO
Conti delle Mallere




Mallare: la mia ricerca sull'etimologia

Visto che le etimologie del toponimo Mallare che ho letto non mi convincevano,
ho effettuato una ricerca io.
D'appresso espongo l'idea che ho maturato:
i toponimi in forma scritta a seguito della latinizzazione ed italianizzazione in molti casi hanno perso il loro significato originario; il significato reale si può trovare analizzando i dialetti che, in parallelo alla lingua ufficiale dotta, hanno conservato un'identità propria;
nel dialetto ligure, ma anche in quelli piemontese e lombardo si può notare un substrato della parlata degli antichi celtico-liguri come ad esempio i suoni della ü e della ö non presenti nel latino (dür-duro, incöi-oggi, la nasalizzazione della n quando è finale di parola (pan-pane), nell'uso del pronome obliquo come soggetto aggregato davanti al verbo (ti t voi-tu vai), nelle mitigazioni di alcune consonanti.
Nel dialetto ligure moderno Mallare viene detto MÀLLE ed a conferma i ciò sui primi documenti pervenutici ne compare la latinizzazione Mallis. In dialetto valbormidese viene detto Màrre per il fenomeno del rotacismo (nota anche i toponimi Mrogn-Melogno, Mresciu-Millesimo).

La radice etimologica che ne deriva è MAL che nella lingua degli antichi
celto-liguri significa MELMOSO.
Mi pare una teoria del tutto plausibile dato che il fondo valle,
dove i torrenti Biterno e Cravarezza si incontrano,
nell'antichita' si presento' come una zona spesso allagata: terreni fradici che rappresentarono un tratto distintivo per una frequentata zona di transito come questa.

Infatti la strada antica non seguiva il fondovalle come ai giorni nostri ma saliva verso il monte Baiardo per poi ridiscendere a Bugile-Carcare.
Ho visionato due carte del settecento: l'alveo del Cravarezza nel tratto del Caruggio su di una, oltre ad avere un tragitto diverso dall'attuale, è contornato da un'ampia zona rappresentata graficamente da una puntinatura (sabbioso-limoso);
sull'altra il fiume ha un'altro percorso ancora e biforcandosi crea due isolotti.
Ancora nel decennio scorso la zona di Pratogrande denominata non a caso 'le ghiaie' presentava zone melmose con tanto di vegetazione palustre,
ma basta notare come si allaghi il terreno durante un'acquazzone.
Geologicamente la composizione del fondo valle è definita classe a2-1:
alluvioni non terrazzate, ghiaioso-sabbioso-limose, non alterate in superficie,
e depositi di spiaggia correlati.
A riprova di questo ordine d'idee, il toponimo curioso Castello del Miele assume il plausibile significato di: miele > mellis > mel > mehl=luogo fortificato.
Riguardo all'uso del toponimo Mallare ho notato che i documenti antichi riportano il nome Malle nelle varie declinazioni latine: Mallae (nominativo), Mallarum (genitivo) nella maggiore parte dei casi e Mallis (dativo); sugli inventari archivistici equivalenti invece si trova scritto Mallare|Mallere.
La mia conoscenza superficiale delle declinazioni latine mi porta a credere che Mall-arum sia stato tradotto erroneamente Mallar-um.
Di conseguenza non credo sia giusto ricercare un significato arcaico anche per il suffisso -are|-ere|-ar.



Per un riscontro linguistico ho scritto allo studioso Claudio Beretta.
La sua risposta e' stata:
sono d'accordo che Malle - Marre vuol dire "melmoso"


Nessuna certezza dal punto di vista geologico:
mi hanno messo in contatto con Michele Piazza il quale mi ha fatto notare che, trattandosi di sedimenti e non di rocce sedimentarie, e' difficile che si siano preservati anche nel brevissimo periodo per dei prelievi di sottosuolo attendibili.


Ferriere e carbonaie

Nel passato, la quasi unica attivita' industriale che venne in soccorso alle risorse agricole fu quella del lavoro nelle ferriere alla catalana. Per alimentare queste veniva usato il carbone vegetale nell'ordine di dodicimila sacchi all'anno per ciascuna.
Era realizzato nelle carbonaie che venivano costruite in seno ai boschi su piccoli spiazzi piani poiche' vicini al luogo del taglio e riducendone il peso al 20%; ne facilitavano il trasporto.
Queste erano delle cataste di legna ben tagliata lunga circa un metro e disposta verticalmente su due piani a formare un tronco di cono di varie misure. Veniva ricoperto con uno strato di fogliame e su di esso alcuni centimetri di terra lasciando pero' alla base un piccolo lembo circolare scoperto per dare accesso all'aria.
Al centro, legni piu' corti intrecciati costituivano un camino detto castello, chiuso alla sommita' con zolle di terra, nel quale veniva alimentato il fuoco che produceva la cottura della catasta.
Ricevendo viveri dalle mogli, i carbonai vivevano per mesi nei boschi per il taglio, la costruzione e per controllarne giorno e notte il decorso: se il mantello si fosse rotto, l'aria, rinvigorendo la combustione, avrebbe ridotto tutto in cenere.
Il carbone era fatto quando da tutto il mantello fuoriusciva un fumo color turchese, a questo punto si ricopriva con altra terra chiudendo anche l'apertura alla base al fine di soffocare la combustione e spegnere il carbone. Ogni processo durava circa dodici giorni.
Verso il 1800 con l'arrivo del ferro dalla Svezia, cesso' l'attivita' delle ferriere e dei carbonai. Quest'ultima venne ripresa durante le due guerre mondiali per la scarsita' dei rifornimenti e duro' fino agli anni cinquanta con l'arrivo del gas in bombole.







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