Cicatrizzazione

Si definisce cicatrice il tessuto neoformato per riparare una soluzione di continuo da qualsiasi causa prodotta, e cicatrizzazione l'insieme dei fenomeni reattivi che conducono a riparazione.
Nei primi anni del secolo, il biologo inglese Ross premio nobel per le ricerche sul ciclo vitale e il chirurgo francese Carrel noto per l'utilizzo durante la prima guerra mondiale di un blando disinfettante delle ferite di sua invenzione (Dakin-Carrel), affermarono che la capacità di riparazione di una ferita è espressione di uno dei meccanismi fondamentali di cui l'uomo dispone  per la sua sopravvivenza.
Esistono due modi per cui la ferita può cicatrizzare: per prima o per seconda intenzione.

Cicatrizzazione per prima intenzione


E' tipica delle ferite con margini netti, con bordi spontaneamente riavvicinabili o riavvicinabili con delle suture. E' il caso questo delle ferite chirurgiche.
Nel processo di guarigione è molto attiva la produzione fibroblastica è invece scarsamente presente l'attività essudativa.
Il sottile spazio compreso tra i margini della ferita viene riempito da plasma, leucociti e macrofagi.
Seguendo il reticolo di fibrina, i fibroblasti gettano i loro ponti riavvicinando i due lembi della ferita. Contemporaneamente tendono a formarsi nuovi vasi sanguigni e linfatici che contribuiscono alla formazione di tessuto giovane di natura connettiva; tali vasi una volta raggiunto lo scopo tendono a regredire dando luogo alla vera e propria cicatrice.
Si distinguono così:
-fase di ritardo: dura fino a cinque giorni, necessari per la  migrazione e l'attivazione dei fibroblasti;
-fase fibroblastica: con un picco in sesta settima giornata che perdura per altre due tre settimane con una produzione continua ma decrescente di collagene; contemporaneamente aumenta la resistenza tensile della ferita.
La cicatrizzazione termina con la riepitelizzazione; la formazione quindi di un nuovo strato epidermico sullo strato di giovane connettivo, ovviamente non esiste la capacità di ricostruire gli annessi cutanei (peli, ghiandole sudoripare ecc.).


Cicatrizzazione per seconda intenzione


E' tipica delle ferite lacero-contuse che presentano margini  frastagliati,  necrotici,  ecchimotici,  con perdita di sostanza cutanea, complicate da suppurazioni o ematomi.
Dal punto di vista pratico la cicatrizzazione per seconda intenzione non differisce da quella per prima intenzione, ma in questa i processi essudativi sono notevolmente maggiori. La riparazione avviene con passaggio di plasma e leucociti dalla rete vasale alla superficie della ferita. La riparazione procede lentamente dal basso  e sui bordi  con ricca neoformazione di vasi sanguigni e intensa attività fibroblastica (tessuto di granulazione). In questa fase la ferita assume le caratteristiche di una piaga.
Il tessuto di granulazione è paragonabile ad un connettivo embrionale;  è ricco di vasi sanguigni, appare quindi rosso vivo,  è ben provvisto di cellule con capacità fagocitaria per cui resiste all'attacco dei germi patogeni.
Nei primi giorni prevalgono i leucociti neutrofili per la difesa antibatterica, poi sopraggiungono i macrofagi per ripulire dalle sostanze necrotiche, infine i fibroblasti che producono il connettivo di riparazione.
La guarigione di una ferita di seconda intenzione è molto lenta e dipende dall'estensione, dallo stato generale del paziente e dalla flogosi. Può perdurare parecchi mesi e richiede un "nursing" molto accurato con medicazioni continue per rimuovere tutte le parti necrotiche e gli essudati. In caso di grave flogosi è opportuno inoltre eseguire esami colturali e antibiotico terapia.
Terminato il processo riparativo, la cicatrice che né consegue è generalmente poco accettabile esteticamente; a volte  può complicarsi in cheloide, in cui i margini della cicatrice non si arrestano ai piani cutanei, ma tendono a continuare dando luogo ad una formazione fibrosa che supera i confini dell'originale ferita.

Francesco e Orietta
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