Oscar


 

A volte non è semplice descrivere certe emozioni. Non è semplice neanche capirle.

Non è facile descrivere certi battiti senza correre il rischio di diventare banali o, peggio, patetici, soprattutto quando l’amico del cuore non è né il fedele Fido, né uno qualunque dei tanti pussy cat che ci tengono compagnia nelle fredde domeniche invernali.

Parlare di Oscar non è facile, non è facile per le innumerevoli storie ed aneddoti che potrei raccontare, non è facile per le emozioni che ho provato quando mi teneva compagnia guizzando, ribelle, nella sua vasca, non è facile per il ricordo, vivo, che conservo di lui. Perdonate, quindi qualche velo malinconico, ma se alla fine di queste poche righe vi sembrerà di averlo conosciuto, forse sarà valsa la pena leggerle.

Quando mi avvicinai fattivamente al mondo dell’acquariofilia, rimasi colpito da grandi pesci color bronzo che nelle vasche dei rivenditori facevano bella mostra di se.

Restai attratto dallo sguardo imponente, da quel fare maestoso che non poteva fare a meno di destare rispetto.

Cominciai a documentarmi sull’allevamento degli Astronotus ocellatus: provenienza, habitat, esigenze alimentari, compatibilità con altre specie. Era tutto realizzabile. Tutto…, o quasi. Lo spazio! Non mi davo pace. Ero già stato travolto da questo spettacolare ciclide prima ancora di prendere seriamente in considerazione l’idea di tenerlo a casa. Ma come. La vasca doveva essere grande e poi, in coscienza, non ritenevo di avere l’esperienza tale per cimentarmi in un’avventura di queste… dimensioni.

Alla fine, come sempre accade, vinse Lui. Anzi, dovrei dire loro. Perché si trattava di un gruppo di cinque Astronotus. Mi spiego meglio.

Dal negoziante rimasi fulminato da quattro piccoli pesci non più grandi di una moneta da cento lire (ora forse due euro), che dividevano la vasca di stabulazione con un quinto Astronotus ancora più piccolo dei suoi fratelli e decisamente malconcio. La gerarchia all’interno del gruppo lo aveva probabilmente segregato all’ultimo grado della piramide. Ero intenzionato a formare una coppia, ma, si sa, il dimorfismo sessuale di certi pesci non è evidente fino a quando non raggiungono la maturità e quindi decisi di acquistare i quattro esemplari in salute tralasciando il piccolo Oscar.

Non so esattamente cosa sia successo dopo, forse esistono gli angeli anche per i pesci… Mentre uscivo dal negozio con i quattro Astronotus dentro il sacchetto, Oscar mi seguiva con lo sguardo, grato per averlo liberato dalle prepotenze dei suoi fratelli, triste per la consapevolezza che, in quelle condizioni e senza cure appropriate probabilmente non sarebbe sopravvissuto.

Lo portai a casa.

Avevo cinque piccolissimi Astronotus che misi temporaneamente in un piccolo acquario da 60 litri. Le sevizie continuarono.

Oscar passava le giornate rintanato dietro una grossa radice, senza avere la possibilità di nuotare e nutrirsi liberamente. Provai ad alimentarlo. Era l’unico, forse spinto dalla disperazione, che prendeva il cibo dalle mie mani. Credo che questo sia stato il vero colpo di fulmine. E’ stato amore a prima vista: lo coccolavo, gli riservavo i bocconi migliori, lo accarezzavo quando mangiava.

Purtroppo però la situazione continuò a precipitare. Una mattina lo trovai riverso su un fianco con profonde abrasioni causate certamente dai morsi degli altri coinquilini. Non avevo altri acquari disponibili per isolarlo. Non ci pensai due volte: dovevo restituire gli altri quattro Astronotus.

Da allora in poi è stato un crescendo di emozioni.

Avevo letto che talvolta con gli Astronotus si creava un vero e proprio rapporto affettivo, ma non immaginavo tanto.

Mi aspettava in un angolo dell’acquario, pronto a scodinzolare alla mia vista, sentiva il rumore della porta d’ingresso chiudersi, vedeva la luce dell’ingresso di casa accendersi, ed era sempre lì, pronto a farmi sorridere con quei grandi occhi pieni di tenerezza.

A casa si parlava di lui come di una persona, mia moglie, parenti ed amici mi chiedevano sue notizie come si trattasse di un bambino. Era la mascotte di casa.

Badate, non un fenomeno da circo. Chiunque rimaneva sorpreso dalla sua personalità.

Mangiava soltanto il cibo che gli porgevo dalle mani, rifiutando quello che rimaneva a galleggiare sul pelo dell’acqua. Credo riconoscesse la mia mano.

Non ho la certezza che fosse in grado di distinguermi rispetto ad altri individui, anche se sarei pronto a giurare di si.

Dopo quasi un anno era cresciuto enormemente, grazie anche alle dimensioni del nuovo acquario che avevo allestito per venire incontro alle sue esigenze.

Sporcava da matti, pulivo la vasca quasi quotidianamente senza il benché minimo stress o trauma per Oscar, che nuotava tranquillamente attorno al mio braccio durante le operazioni di pulizia.

Un giorno poi… la fine di tutto.

Isabelle Allende ha scritto: “non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo”.

Ti ricordo così: fiero e ribelle, tenero ed affettuoso, angelo muto di un mondo senza voce. 

Ab imo pectore.


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