Alghe... che passione


Filamentose, a pennello, marroni, verdi, mucillagginose…, se esistesse l’algofilia certamente non crescerebbero così rigogliose (sig!).

Fanno parte del nostro quotidiano, le troviamo ovunque, con qualsiasi condizione di acqua e temperatura, proliferano a velocità a volte vertiginose e noi siamo sempre lì, ad interrogarci sulle loro cause e pronti ad intervenire con massicce crociate nella speranza di riuscire a debellarle e quando, finalmente, crediamo di averle sconfitte… fanno nuovamente capolino tra le foglie delle nostre piante o sugli arredi dell’acquario.

La morale, direte voi, dove sta? Forse una morale non esiste, o probabilmente c’è ed è questa: le alghe sono esseri vegetali “inferiori” (per distinguerle dalle piante superiori), che in migliaia di anni sono state capaci di adattarsi alle più diverse e disparate condizioni ambientali.

Sono presenti in tutto il globo, dall’equatore ai ghiacci artici, in superficie ed in profondità, crescono su piante, rocce e perfino animali. Sarebbe assolutamente inverosimile pensare di non trovarle in un ambiente che, per le caratteristiche che lo contraddistinguono, è probabilmente uno dei luoghi a loro più congeniali.

L’acquario è un ecosistema a circolo chiuso, un ambiente in cui, diversamente da quanto accade in natura, tutte le sostanze presenti nell’acqua anche in piccolissima parte possono (nel migliore dei casi) soltanto essere trasformate e non eliminate del tutto, se non con i cambi d’acqua.

Accade così che quantità eccessive di cibo, deiezioni dei pesci, una scarsa o errata igiene dell’acqua e del filtro, accompagnate, magari, da temperature elevate e/o luce eccessiva, insufficiente o inappropriata, possano determinare aumento di nitrati con conseguente incremento di alghe.

Sappiamo che i nitrati rappresentano degli eccellenti nutrienti per le alghe, ma non sono i soli.

Anche fosfati e silicati, presenti spesso nell’acqua del rubinetto, ancorché trattata con biocondizionatore, negli arredi e come residuo ultimo del ciclo del fosforo, sono un ottimo “fertilizzante” per alghe.

Allora cosa fare? Personalmente, la prima cosa che ho fatto è stata quella di prendere coscienza del fatto che la presenza delle alghe in acquario è indice di un equilibrio biologico, probabilmente non perfetto, ma che comunque merita di essere rispettato.

Il secondo comportamento da tenere, o meglio, l’atteggiamento da assumere, è il modo con cui ci si approccia a questo problema. Ritengo che sia del tutto inconcludente oltre che dannoso e costoso, cercare a tutti i costi di eliminare in modo permanente le alghe, tantopiù che raramente riusciremmo in questo scopo.

Credo comunque che osservando le normali regole di gestione di un acquario, limitando gli eccessi, si possano creare delle condizioni ideali per la riduzione considerevole delle probabilità di proliferazione.

Se poi, nonostante tutto, ciò dovesse comunque accadere, a me è successo, credo che sia inutile intervenire esclusivamente con trattamenti intensivi di prodotti chimici antialghe, indubbiamente utili in alcuni casi, ma da soli non sufficienti ad eliminare la causa dell’incremento algale.

Nel mio caso l’acquario era perfettamente bilanciato nella popolazione ittica (Discus) e nella vegetazione, con assenza di nitriti, nitrati, fosfati e silicati in ridottissime quantità (e comunque notevolmente al di sotto dei limiti di guardia). Probabilmente l’elevata temperatura e l’assenza di adeguata CO2, hanno debilitato le piante con conseguente sviluppo di alghe.

Superata la fase del panico e quella dello sconforto, ho ridotto la temperatura dell’acqua di 2° (era il limite massimo cui potevo spingermi allevando Discus), portandola a 28°, ho installato un impianto non professionale di CO2, procedendo poi con accurate e parziali sifonature del fondo (sollevando quanti più arredi possibili).

La situazione è notevolmente migliorata nell’arco di 15 giorni con una notevole riduzione di alghe accompagnata da un’immediata ripresa della crescita delle piante (Echinodorus, Anubias, Vallisneria).


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