Aeratore si, aeratore no


 

Quando gli acquari (ed i loro inquilini) non avevano ancora deciso di sconvolgere le mie abitudini di vita, rimanevo affascinato da quella irresistibile colonna di bollicine che ipnotizzava i miei occhi ogni volta che visitavo un negozio di acquariofilia.

L’argomento, l’avrete capito, non è dei più semplici e probabilmente non a causa degli aspetti chimici che lo riguardano, quanto, piuttosto, per le diverse scuole di pensiero coinvolte.

In passato si riteneva, infatti, che aerare l’acqua fosse una tecnica indispensabile per arricchire l’acquario di ossigeno; si pensava, cioè, che l’uso di un aspiratore d’aria consentisse all’acqua di arricchirsi di un elemento preziosissimo per la vita di pesci e piante.

Col passare del tempo e con una sempre più costante applicazione della chimica in ambito “acquariofilo”, si è scoperto che le tecniche fino ad allora utilizzate non erano esattamente in linea con gli scopi per le quali venivano impiegate.

Un primo elemento confutato è stato quello relativo all’ossigenazione: l’aeratore non produce ossigeno ma soltanto aria.

L’aria, di per sé, non produce nessun effetto diretto all’acqua dell’acquario, nel senso che non la arricchisce né la priva di nulla.

Ed ecco il secondo aspetto che è stato chiarito: l’uso di un piccolo compressore, pompando aria all’interno della vasca consente all’acqua di “spostarsi” più rapidamente dal basso verso l’alto.

Questo movimento, che nulla ha a che fare con “l’ossigenazione”, consente degli scambi gassosi tra acqua e aria più veloci e frequenti: l’acqua, a contatto con l’aria, viene privata di una parte dei gas in essa disciolti (ossigeno, anidride carbonica), con conseguente variazione delle sue caratteristiche chimiche.

Ed ecco allora puntuale l’interrogativo: ma allora aerare è utile oppure no?

L’esperienza maturata con cinque diversi tipi di acquari mi induce ad un “ni”, nel senso che, come spesso accade, non esiste una regola matematica da osservare.

Indicativamente mi sento di affermare che il movimento dell’acqua in superficie, generato dalla pompa, è generalmente sufficiente a garantire gli scambi gassosi tra acqua ed aria e pertanto non ritengo indispensabile incrementarlo a meno che non si intenda “ossigenare” quelle parti dell’acquario in cui la corrente dell’acqua è meno intensa.

Aerare si rivela, comunque, molto utile nel caso di sovraffollamento di pesci (un maggiore movimento dell’acqua consente di disperdere CO2, particolarmente presente in questi casi), ovvero nell’ipotesi di somministrazione di medicamenti che vengono così disciolti più facilmente ed uniformemente.

Un aspetto da non sottovalutare è, poi,  proprio quello connesso alla dispersione di carbonati, sotto forma di anidride carbonica, che si determina per effetto dell’aerazione.

Un maggiore movimento dell’acqua determina, infatti, una riduzione di questi elementi che, scendendo oltre un certo limite, rischiano di destabilizzare il ph dell’acqua.

Pertanto, soprattutto in acquari ricchi di vegetazione, l’uso dell’aeratore non è necessario almeno di giorno. La notte, periodo in cui le piante producono anidride carbonica, può invece risultare utile (ma non indispensabile) per disperdere l’eccesso di gas disciolto.

Anche per gli acquari privi di vegetazione (Malawi e Tanganica) l’uso dell’aeratore può rivelarsi utile, anche in considerazione del fatto che in questi allestimenti non si ha la necessità di mantenere il ph entro valori acidi.

Assolutamente inutile risulta, invece, aerare in presenza di un impianto di CO2 perché gli effetti delle due reazioni si annullerebbero a vicenda.

Suggerisco comunque di predisporre sempre un impianto di aerazione con relativa pietra porosa in fase di allestimento di un acquario, prevenire, si sa, è meglio che…


inizio pagina


Scegli l'articolo che ti interessa