"Chichibio e la gru"      

Spettacolo teatrale  realizzato dalla II^C-Scuola Media Cardarelli

 Il 20 dicembre 2002 la classe II^C della scuola media Cardarelli ha interpretato un'allegra recita dal titolo "Chichibio e la gru", ambientata nella Firenze del '300, che ha come personaggi principali un simpatico cuoco veneziano, un nobile banchiere fiorentino, un'astuta popolana ed una gru un po' sfortunata ,che ha preso parte allo spettacolo in modo indiretto, come principale "piatto" di un abbondante banchetto di corte. Lo spettacolo è stato particolarmente gradito ed acclamato dagli spettatori ma, nonostante ciò,la sua realizzazione è stata lunga ed impegnativa. Noi alunni, interpreti della rappresentazione,vi abbiamo messo tutto il nostro talento e la nostra forza di volontà, cercando di trasformare quello che inzialmente era un semplice racconto, tratto da una delle tante novelle del Decamerone,in uno spettacolo a tutti gli effetti.

 Tutto è iniziato da una piovosa giornata di metà ottobre, quando, leggendo uno dei tanti brani presenti nel nostro libro di antologia,c'è capitata sotto gli occhi una simpatica novella a lieto fine, ideata dal famoso poeta fiorentino Boccaccio. Ad un primo impatto la lettura c'è sembrata inadatta per essere rappresentata su di un palcoscenico,anche perchè scritta in volgare fiorentino, ma poi, riflettendoci sopra e considerando le nostre capacità, abbiamo iniziato a formulare una serie di ipotesi su cosa sarebbe accaduto se realmente, con le dovute modifiche,avessimo interpretato una storia del genere. Il risultato ci è sembrato positivo, e allora abbiamo iniziato i preparativi per lo spettacolo.Il lavoro è stato parecchio, anche perchè nel brano del nostro libro i personaggi erano solo tre, mentre nella nostra classe ci sono ben venticinque alunni! Come risolvere tale problema?Come far sì che ogni alunno avesse un personaggio da interpretare?La soluzione è stata semplice ma impegnativa:sotto l'occhio vigile della professoressa di lettere, ognuno di noi ha tirato fuori il talento che ha in sé, cercando di inserire nel testo originale personaggi nuovi e aggiungendo una miriade di battute scritte in un dialetto a noi poco noto, come era, appunto, quello fiorentino.

 Dopo settimane di duro lavoro, abbiamo ottenuto un ottimo copione suddiviso in quattro scene e assegnato personaggi e battute a ciascun membro della classe.Alternavamo i giorni di prove sul palcoscenico a quelli in cui ognuno di noi metteva alla prova il proprio talento artistico, realizzando, in modo semplice ma preciso,scenari e oggetti di scena, sotto la guida di alcuni dei professori della nostra classe.L'ultimo passo è stato quello di procurare o, in alcuni casi, creare con le nostre stesse mani, i costumi adatti alla nostra recita. Abiti lunghi, fazzoletti e grembiuli, pezzi di stoffa sistemati a mo' di indumenti maschili, cinte e accessori vari, tutto poteva andar bene indosso ad un cittadino della Firenze del '300. Più di una volta abbiamo modificato le battute del copione, cercando di rendere lo spettacolo più discorsivo e, in alcuni casi, anche più divertente. Ci furono numerosi inteventi da parte di altri professori: l'insegnante di francese, dopo essersi accordata con quella di lettere, ha deciso di inserire alcune battute in lingua in una delle scene dello spettacolo, rendendolo così ancora più completo. Quindi, durante la scena del banchetto, ci fu l'inserimento di un nuovo personaggio,questa volta francese, che dialogava con uno dei tanti invitati presenti. Ma non solo: durante una delle ultime prove ci è venuta l'idea di aggiungere allo spettacolo, sempre in questa scena, un momento musicale in cui alcuni di noi avrebbero suonato con flauto delle melodie dell'epoca,mentre altri avrebbero...ballato con alcune "gentili dame".

 E così, passo dopo passo, con impegno e fatica, abbiamo messo in piedi un simpatico spettacolo a lieto fine, una rappresentazione con tanto di discorso iniziale ed introduzione ad ogni scena, una recita in cui abbiamo messo l'anima e in cui ognuno di noi ha fatto emergere il piccolo artista che ha dentro di sé.

Gli alunni della II^C

   
 

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